Il cambiamento di genere dovrà essere riconosciuto tra i Paesi membri. Ad affermarlo è un parere dell’Avvocatura generale della Corte di Giustizia Ue. Secondo l’avvocato Richard de la Tour, il rifiuto di uno Stato membro di riconoscere i cambiamenti di prenome e di genere acquisiti in un altro Stato membro è “contrario ai diritti dei cittadini dell’Unione”. Scopriamo insieme perché.
La storia
Il parere dell’avvocatura generale della Corte Ue arriva in seguito ad un caso di un cittadino rumeno registrato alla nascita in Romania come “di sesso femminile”. Dopo essersi trasferito nel Regno Unito, il cittadino ha acquisito la cittadinanza britannica pur mantenendo anche quella rumena. È lì che, nel 2017, ha cambiato il suo nome e titolo civile da femminile a maschile e, nel 2020, ha ottenuto il riconoscimento legale della sua identità di genere maschile in Inghilterra.
Nel maggio 2021, sulla base di due documenti ottenuti nel Regno Unito che attestavano i cambiamenti, il protagonista della vicenda ha chiesto alle autorità amministrative rumene di iscrivere nel suo atto di nascita le indicazioni relative al suo cambiamento di prenome, di sesso e di codice numerico personale, in modo da farlo corrispondere al sesso maschile. Inoltre, l’uomo ha loro chiesto di rilasciargli un nuovo certificato di nascita contenente le nuove indicazioni. “Tuttavia – si legge nel parere della Corte Ue -, le autorità rumene hanno respinto le sue richieste, invitandolo a seguire una nuova procedura giudiziaria in Romania, volta a ottenere direttamente l’approvazione del cambiamento di sesso. Fondandosi sul suo diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio dell’Unione, il cittadino in questione ha chiesto a un tribunale di Bucarest di ordinare l’adeguamento del suo atto di nascita al suo nuovo prenome e alla sua identità di genere riconosciuta in via definitiva nel Regno Unito. Tale tribunale ha chiesto alla Corte di giustizia se la normativa nazionale su cui si basava la decisione di diniego delle autorità rumene sia conforme al diritto dell’Unione e se la Brexit abbia un impatto su tale causa”. Ecco cos’è emerso.
“Riconoscere il cambio di genere nei Paesi Ue”
Qui arriva il parere dell’avvocato generale Jean Richard de la Tour, secondo il quale, i fatti all’origine alla controversia di cui è investito il giudice rumeno si sono verificati prima della Brexit o durante il periodo di transizione ad essa successivo: “I documenti emessi nel Regno Unito devono quindi essere considerati come quelli di uno Stato membro dell’Unione ai fini della valutazione della domanda del tribunale”.
Ciò che è stato in sintesi confermato è che il diritto alla libera circolazione dei cittadini nell’Ue e il diritto al rispetto della loro vita privata entrano in ostacolo con il rifiuto di uno Stato membro, come accaduto in Romania, di riconoscere formalmente il cambiamento di genere. Infine, l’avvocato generale ha sottolineato che gli Stati membri restano competenti a prevedere, nel loro diritto nazionale, gli effetti di tale riconoscimento e di tale iscrizione in altri atti di stato civile nonché in materia di matrimonio e di filiazione.
Le conclusioni dell’avvocatura generale non vincolano però la Corte di giustizia. “Il compito dell’avvocato generale consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa per la quale è stato designato. I giudici della Corte cominciano adesso a deliberare in questa causa. La sentenza sarà pronunciata in una data successiva”, si legge nei documenti ufficiali del parere dell’avvocatura generale.
Cosa accadrà? La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetterà al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione, però, sarà vincolante anche agli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile. Si è così creato un precedente tale, sul quale si decideranno le sorti del cambiamento di genere per i cittadini membri dell’Unione europea.