“Calpesta il brillante ingegno americano”: Trump minaccia nuovi dazi all’Ue per la multa a Google

La sanzione da 2,95 miliardi di euro decisa dalla Commissione scatena l'ira del presidente Usa, che parla di discriminazione verso le Big Tech
14 ore fa
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Donald Trump
Donald Trump (Carlos Barria/Afp)

Che Trump usi i dazi non tanto, o non solo, come strumento economico, lo dimostra la minaccia di imporre nuove tariffe all’Unione europea dopo la multa da 2,95 miliardi di euro decisa venerdì scorso dalla Commissione nei confronti di Google. “Ingiusta” e “discriminatoria”, l’ha definita il presidente Usa, che ha assicurato che non rimarrà a guardare mentre viene calpestato il “brillante e senza precedenti ingegno americano”.

La multa, pesante ma non un record, è stata decisa per violazione delle regole antitrust, dunque ai sensi del Digital Markets Act (Dma) per aver manipolato il funzionamento del mercato pubblicitario digitale favorendo i propri strumenti a scapito di quelli altrui (dei concorrenti ma anche degli inserzionisti online e degli editori) e dunque non consentendo una effettiva concorrenza. Si tratta della quarta sanzione al colosso tech in un decennio da parte europea.

Trump: “Non permetterò che queste azioni discriminatorie continuino”

Per Trump è praticamente una lesa maestà, un attacco all’“ingegno americano”. Dunque, da punire con una ritorsione: la sua amministrazione, ha scritto sul suo social Truth, “non permetterà che queste azioni discriminatorie continuino“. Il presidente perciò sarà “costretto ad avviare una procedura di Section 301 per annullare le sanzioni ingiuste che vengono addebitate a queste aziende americane che pagano le tasse”.

Il riferimento è a una sezione, la 301 appunto, del Trade Act del 1974, in base alla quale gli Usa possono reagire a pratiche commerciali estere considerate ingiuste, discriminatorie o che danneggiano il commercio nazionale. Tra le misure possibili, l’imposizione di dazi aggiuntivi, la sospensione di concessioni commerciali, le restrizioni all’export o altre barriere.

“L’Europa ha ‘colpito’ un’altra grande azienda americana, Google, con una multa di 3,5 miliardi di dollari, sottraendo di fatto denaro che altrimenti sarebbe andato a investimenti e posti di lavoro americani” ha scritto Trump su Truth, citando anche una sanzione ad Apple, “costretta a pagare 17 miliardi di dollari di multa che, a mio parere, non avrebbe dovuto essere inflitta. Dovrebbero riavere indietro i loro soldi!” Non è chiaro a cosa alluda il titolare della Casa Bianca, dato che l’Ue ha sanzionato la mela due volte, una per 1,8 miliardi di euro per abuso posizione dominante relativamente alla musica in streaming e una per 500 milioni di euro relativamente a pratiche anti-steering sull’App Store.

In ogni caso, Trump ha poi fatto sapere i giornalisti che intende “parlare con l’Ue”.

La commissaria alla concorrenza: “Servirebbe vendita di una parte di Adtech”

Il caso che ha originato la sanzione nasceva dalla denuncia del Consiglio europeo degli editori, che peraltro ha chiesto misure ancora più severe contro Google, perché le multe in passato non hanno sortito veri effetti ma portato solo a una diversa organizzazione da parte dell’azienda. “In questa fase, sembra che l’unico modo per Google di porre fine al suo conflitto di interessi sia un rimedio strutturale, come la vendita di una parte della sua attività Adtech“, ha dichiarato il commissario europeo per la concorrenza Teresa Ribera. Ma una decisione del genere aprirebbe con Washington una frattura ancora più profonda. Il gigante tech comunque ha già annunciato che presenterà ricorso.

I guai di Google anche in casa

Nel frattempo, Google sta affrontando problemi su più fronti: la scorsa settimana la Francia l’ha multata, insieme a Shein, per violazione dei cookie e per aver inserito pubblicità indesiderate in Gmail.

Ma anche in casa ci sono problemi. Sempre la scorsa settimana un giudice federale statunitense ha stabilito e riconosciuto che il gigante tech detiene un monopolio illegale nella ricerca online e ha ordinato alcune nuove regole. Google infatti non potrà stipulare accordi di distribuzione esclusivi e avrà l’obbligo di condividere alcuni dati con le aziende concorrenti, ad esempio sulle interazioni degli utenti.

Il colosso ha però evitato il peggio, dato che il giudice ha respinto la parte più rilevante in discussione, quella che era la richiesta più dura avanzata dal governo Usa, ovvero di imporre la vendita di Chrome.

Ma non finisce qui: il 3 settembre il tribunale federale di San Francisco ha comminato a Google una multa da circa 365 milioni di euro per aver violato la privacy di 98 milioni di utenti statunitensi, continuando a raccogliere informazioni e dati personali nonostante fosse stato rifiutato il consenso al tracciamento in servizi come Chrome, Google Maps e Google News. Anche qui l’azienda ha già annunciato ricorso.

Gli incubi di Maroš Šefčovič

Tornando a Trump, le sue nuove minacce concretizzano l’incubo del commissario al Commercio Maroš Šefčovič, che nei giorni scorsi avrebbe fatto pressione sulla Commissione per rimandare la decisione riguardante Google, inizialmente prevista per lo scorso lunedì e poi arrivata venerdì. Šefčovič infatti temeva che la multa potesse far cadesse rovinosamente come un castello di carte l’accordo sui dazi faticosamente messo in piedi con gli Usa.

D’altronde Trump più in generale è già tornato più volte anche sulla sua minaccia di imporre dazi “abbastanza consistenti” sulle importazioni di semiconduttori per computer da parte di aziende che non trasferiscono la produzione negli Stati Uniti. Risparmierà invece le aziende che investiranno negli Usa, come Apple.

Insomma, l’Ue si trova di fronte a un dilemma: cedere alle pressioni e alle richieste di Trump, cosa che sarebbe già successa – secondo molti feroci critici – proprio con l’accordo sui dazi, oppure riaffermare se stessa e mantenersi salda rispetto ai propri valori e le proprie norme, accettando le conseguenze. In entrambe le opzioni, di gratis non c’è nulla.

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