Bruxelles ha svelato un Multiannual Financial Framework (Mff) da quasi 2mila miliardi di euro, pari all’1,26% del reddito nazionale lordo Ue. Il Quadro Finanziario Pluriennale, presentato ieri, 16 luglio, prevede di spostare fondi da agricoltura e coesione verso competitività, difesa e resilienza climatica. La proposta inaugura una stagione negoziale che si annuncia tesa: Berlino l’ha già bollata come “inaccettabile” per dimensioni e nuove tasse, preludio alle resistenze del fronte “frugale”.
Che cos’è il Mff e perché questa volta conta di più
Il Multiannual Financial Framework fissa per sette anni i tetti di spesa Ue, traducendo le linee politiche in numeri. Stavolta, però, il budget nasce con tre compiti inediti:
- coprire gli interessi del debito NextGenerationEU che iniziano a scadere dal 2028;
- finanziare un European Competitiveness Fund da 410 mld per tecnologie pulite, digitale e difesa;
- garantire 100 mld a Kiev per la ricostruzione e il processo di adesione graduale.
Il bilancio si articola in tre pilastri:
Il riequilibrio pesa soprattutto su agricoltura e fondi strutturali, che insieme scendono sotto il 50% del totale (erano oltre il 60%). La Commissione promette “stesse risorse nominali per le regioni meno sviluppate”, ma Germania, Paesi Bassi e altri net contributor denunciano “un salto di spesa che i bilanci nazionali non reggono“. Più nel dettaglio, l’Ue prevede “un importo minimo obbligatorio per le regioni meno sviluppate, nonché una salvaguardia che garantirà a queste di ricevere complessivamente almeno lo stesso finanziamento dell’attuale dotazione di coesione“.
Nuove entrate: cinque imposte Ue per frenare i contributi nazionali
Per finanziare il maxi-bilancio e rimborsare il debito, Bruxelles propone cinque “own resources” – tra cui la tassa sui rifiuti elettronici (previste entrate per 15 miliardi di euro all’anno) e un contributo forfettario sulle multinazionali sopra i 100 mln di fatturato (6,8 miliardi di euro all’anno). Giova ricordare che ogni nuova imposta richiede l’unanimità e le ratifiche parlamentari nazionali, terreno sul quale Berlino ha già annunciato il veto iniziale.
Le conseguenze per gli Stati membri
- Paesi con una forte componente agricola (Francia, Spagna, Italia): vedranno confermati i pagamenti diretti ai coltivatori ma con condizionalità green più stringenti che il comparto ha già dimostrato di non condividere;
- Regioni dell’Est: manterranno la quota minima di coesione, ma i cofinanziamenti nazionali dovranno crescere per attrarre i fondi competitività;
- Paesi “frugali” del Nord Europa: maggiori oneri netti; potrebbero chiedere rebates (rimborsi sulla spesa) o tetti di spesa più bassi, riaprendo il braccio di ferro visto nel 2020;
- Germania e Olanda: guidano il blocco che chiede un budget “più snello” e senza nuove tasse Ue; Berlino teme inoltre un precedente per ulteriore debito comune.
- Italia: come secondo beneficiario di Next Generation EU, dovrà co-finanziare meno progetti di coesione ma potrà sfruttare il Competitiveness Fund per filiere green e spazio-difesa.
La necessità di trovare un accordo entro il 2027
La Commissione difende la nuova architettura come “più flessibile”, con riserve da attivare in crisi ed extra-tetti per i costi del debito, ma il maggior peso dato alle linee “fuori pilastro” rischia di svuotare il controllo parlamentare e alimentare lo scontro istituzionale: “Un aumento così vasto del bilancio Ue è inaccettabile mentre gli Stati tagliano la spesa interna”, ha dichiarato il portavoce del governo tedesco poche ore dopo la presentazione del Mff.
L’approvazione definitiva richiede l’unanimità in Consiglio e l’ok dell’Europarlamento (che non può emendare, ma solo approvare o respingere) entro il 2027 (il nuovo Mff entrerà in vigore dal 1° gennaio 2028). I negoziati sotto presidenza danese e successivamente polacca potrebbero diluire ambizioni e dimensioni, come già accaduto al precedente Multiannual Financial Framework.
L’Mff presentato ieri da Bruxelles è un atto di fiducia nella capacità dell’Europa di finanziare difesa, innovazione e resilienza ambientale senza sacrificare coesione sociale. Ma è anche un test politico: se i Ventisette troveranno un compromesso, Bruxelles avrà il budget necessario per competere in un mondo più competitivo e multipolare; in caso contrario, il rischio è tornare a un puzzle di proroghe annuali già note all’Ue.