Israele e Ucraina, l’Ue divisa sulle proposte di Borrell

Al Consiglio affari esteri, Borrell: “Sanzionare ministri Israele e più armi all’Ucraina”. L’Ungheria e Italia contrarie: ecco perché
3 mesi fa
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Josep Borrell (Lenoir/EUC/ROPI/Fg)
Josep Borrell (Lenoir/EUC/ROPI/Fg)

Bruxelles si spacca su Israele e Ucraina e mostra tutta la sua instabilità al Consiglio Affari Esteri. È l’Alto rappresentante uscente Josep Borrell che ha acceso il dibattito sui due temi trovando l’opposizione di alcuni Stati membri. Ma alla fine del suo mandato, Borrell non ha dubbi sulla linea che dovrebbe perseguire l’Unione europea nei prossimi mesi: “Nessuna restrizione alle armi per l’Ucraina e sanzionare ministri d’Israele con idee radicali”.

L’ultima parola spetta ai singoli Paesi e l’Ungheria e l’Italia hanno già scosso la testa alle parole di Borrell.

Da Israele all’Ucraina, la direzione di Borrell

“Dobbiamo rimuovere le restrizioni sull’utilizzo delle armi contro obiettivi militari russi“. Queste le parole dell’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Ue, Josep Borrell, nel corso di un door step congiunto con il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba.

“Le armi che abbiamo dato all’Ucraina devono essere pienamente utilizzabili e le restrizioni devono essere rimosse per permettere agli ucraini di prendere di mira i luoghi da cui partono gli attacchi russi. Altrimenti le armi sono inutili”, ha chiarito bbb

Riunione, però, alimentata da un contesto di incertezza e instabilità politica. Il Consiglio Affari Esteri dell’Unione europea, inizialmente programmato per tenersi a Budapest, è stato spostato a Bruxelles il 29 e 30 agosto. Già questo cambiamento rifletteva le tensioni interne, aggravate dalle posizioni del governo ungherese, attualmente di turno alla presidenza del Consiglio UE. La scelta di Bruxelles, più neutrale rispetto a Budapest, si è rivelata necessaria per garantire un contesto più adatto a discussioni delicate, in particolare riguardo alle controversie su Ucraina e Medio Oriente. Ma rispetto alle intenzioni, la situazione ha preso una direzione diversa.

Borrell e la sfida a Israele

Durante il Consiglio, Josep Borrell ha avanzato una proposta inedita e controversa: includere i ministri israeliani Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich nella lista delle sanzioni europee.

“Certamente ho avviato le procedure per chiedere agli Stati membri se considerano appropriato includere nella lista delle sanzioni alcuni ministri israeliani che lanciano messaggi d’odio inaccettabili contro i palestinesi e proposte che vanno chiaramente contro la legge internazionale e incitano a commettere crimini di guerra”, ha detto Josep Borrell chiarendo che “spetta agli Stati membri decidere“.

Questa mossa, motivata dalle posizioni estremiste e dalle azioni ritenute inaccettabili dell’attuale governo israeliano, è stata un chiaro segnale dell’intenzione europea di rivedere il proprio sostegno incondizionato a Israele. Nonostante le difficoltà di ottenere l’unanimità necessaria per l’approvazione della proposta, Borrell ha insistito sull’importanza di inviare un messaggio forte a Tel Aviv.

Armi all’Ucraina: le resistenze degli Stati membri

L’altro nodo da sciogliere riguarda gli aiuti UE sul fronte della guerra in Ucraina. Borrell ha esortato gli Stati membri a velocizzare le consegne di armi e a rimuovere le restrizioni sull’uso di armi occidentali in territorio russo. Questa proposta, però, ha incontrato una forte opposizione, con Paesi come l’Ungheria e l’Italia che hanno espresso riserve significative.

Borrell ha sottolineato come i ritardi nelle consegne possano avere conseguenze devastanti, misurabili in vite umane, ma ha dovuto riconoscere che la decisione finale resta nelle mani dei singoli Stati membri.

Bruxelles, Josep Borrell  (Lenoir/EUC/ROPI/Fotogramma)
Bruxelles, Josep Borrell (Lenoir/EUC/ROPI/Fotogramma)

Le posizioni di Orbán: fermezza contro Borrell

L’Ungheria che sta creando sempre più tensioni a Bruxelles si è dimostrata in prima linea contro le proposte di Josep Borrell. Il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, ha definito “folli” le iniziative dell’Alto Rappresentante, sia in merito alla crisi ucraina che al Medio Oriente. L’Ungheria si è fermamente opposta all’invio di ulteriori armi in Ucraina e ha criticato l’idea di sanzionare i ministri israeliani.

Questo atteggiamento riflette la volontà di Orbán di mantenere una linea di politica estera autonoma e in disaccordo con l’approccio prevalente nell’UE.

Tajani: l’Italia e la cautela sull’uso delle armi

Anche l’Italia ha espresso una posizione prudente riguardo alla proposta di Borrell di rimuovere le restrizioni sull’uso delle armi fornite a Kiev.

“Ogni Paese è libero di decidere come è giusto utilizzare le armi inviate all’Ucraina. Noi abbiamo inviato soprattutto armi difensive: adesso stiamo per inviare la nuova batteria Samp-T che è difensiva e non può essere utilizzata in territorio russo. Ribadiamo che noi non siamo in guerra con la Russia, la Nato non è in guerra con la Russia; quindi, per l’Italia rimane la posizione di utilizzare le nostre armi all’interno del territorio ucraino”, ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

Tajani ha poi spiegato l’opposizione all’altra proposta di Borrell, quella di sanzionare i ministri israeliani che hanno usato parole ‘di odio’ verso i palestinesi. “Credo sia un grave errore. Una cosa è sanzionare i coloni che hanno compiuto violenze, altra i ministri di un governo in carica. Vorrebbe dire rompere le relazioni diplomatiche con Israele. A chi gioverebbe? Si rischierebbe solo un inasprimento del conflitto e l’impossibilità di far parte dei mediatori” ha detto.

“Si deve dire quando la reazione è sproporzionata, condannarla – ha continuato – Ma le sanzioni avrebbero solo un effetto di rottura. Così come, al contrario, riconoscere unilateralmente lo Stato di Palestina di concreto purtroppo non porta a nulla. La tensione è alta, la situazione è delicatissima. Serve diplomazia. Noi ci siamo messi a disposizione, con l’operazione “Food for Gaza”, abbiamo insistito per avere la tregua umanitaria per vaccinare i bambini, confermiamo la nostra disponibilità a una operazione Onu per la costruzione dello Stato di Palestina, perché siamo per due popoli due Stati. Ma senza slogan o azioni unilaterali e controproducenti. Se c’è un Paese che ha una linea chiara in politica estera, quello è l’Italia“.

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