“Biglietto gratis per Bruxelles”, l’Ungheria pagherà il viaggio ai migranti?

Così il ministro Gergely Gulyas, capo di gabinetto del governo ungherese di Viktor Orbán, ha provocato l’Ue
3 mesi fa
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Viktor Orban (Jacob King/IPA/Fotogramma)
Viktor Orban (Jacob King/IPA/Fotogramma)

Se Bruxelles vuole i migranti li avrà”. Così il ministro Gergely Gulyas, capo di gabinetto del governo ungherese di Viktor Orbán, ha minacciato l’Unione europea. La provocazione fa riferimento alla sentenza della Corte di giustizia europea che ha multato di 200 milioni di euro il Paese per la gestione dei migranti irregolari. E un ulteriore milione al giorno per ogni ritardo al pagamento della multa sarà aggiunto come punizione coercitiva.

Ma l’Ungheria non ne vuole più sapere e minaccia di fare i “biglietti gratis” a chi arriva nel Paese per spedirlo dritto nel cuore dell’Ue.

La sentenza della Corte di giustizia europea

La sentenza del 2020 riguardava una legge adottata dal governo ungherese nel 2015 per tutelare i confini statali dall’arrivo di migliaia di migranti in fuga dal conflitto in Siria. Cercarono di arrivare in Europa occidentale percorrendo la “rotta balcanica”, così il governo ungherese istituì delle “zone di transito” al confine con la Serbia in cui ospitare i migranti. Lì valutava le richieste di asilo e effettuava eventuali respingimenti verso la Serbia.

La Corte, a giugno 2020, constatò il numero ridotti di coloro che riuscirono ad ottenere asilo e denunciò i centri costruiti nelle “zone di transito” perché simili a prigioni. La sommarietà con cui l’Ungheria rifiutava i migranti è una circostanza esplicitamente vietata dai trattati europei.

“L’Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto dell’Unione in materia di procedure di riconoscimento della protezione internazionale e di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – si legge nella sentenza -. In particolare, costituiscono violazioni del diritto dell’Unione: la limitazione dell’accesso alla procedura di protezione internazionale, il trattenimento irregolare dei richiedenti tale protezione in zone di transito nonché la riconduzione in una zona frontaliera di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, senza rispettare le garanzie che circondano una procedura di rimpatrio”.

Il conto è arrivato salatissimo e il comportamento dell’Ungheria è stato ampiamente criticato dagli Stati membri dell’Ue e in tutto il mondo.

La minaccia dal Governo

In una conferenza stampa tenutasi il 22 agosto, Gergely Gulyas non le ha mandate a dire a Bruxelles e con tono deciso e provocatorio ha proposto di pagare i biglietti ai migranti, “tanto desiderati dall’Ue”.

La minaccia fa eco a comportamenti politici già visti in passato e altrove. Solo due anni fa, attirò l’attenzione internazionale il comportamento dei repubblicani americani che trasportavano in autobus o in aereo gli immigrati privi di documenti, a New York, Los Angeles e Chicago. La protesta era rivolta alle procedure federali di richiesta d’asilo e il governo ungherese sembra voler fare lo stesso.

L’Unione europea contesta questa rigidità. Dal canto suo, invece, Orbán ha promesso che l’Ungheria non avrebbe cambiato le sue politiche di migrazione e di asilo a prescindere da eventuali sentenze della Corte di giustizia europea.

Le posizioni politiche del leader ungherese sono note: rifiuta l’immigrazione di massa, considera i richiedenti asilo musulmani un pericolo per i valori cristiani dell’Europa, ha costruito barriere fisiche con filo spinato ai confini meridionali per tutelare il Paese e nel 2018, il leader ungherese ha approvato una serie di leggi conosciute come “Stop Soros”, che mirano a criminalizzare anche le attività delle ONG che aiutano i migranti e i richiedenti asilo.

Non vogliamo che il nostro colore venga mescolato con altri” è solo una delle tante affermazioni che ha fatto rizzare i peli ai rappresentati politici europei e ha più volte chiarito che si sarebbe opposto in ogni modo a chi avrebbe tentato di “invadere” l’Ungheria con una cultura e valori diversi da quelli che storicamente la contraddistinguono.

Il visto ai russi e bielorussi

E mentre si parla di trasportare migranti a Bruxelles, Budapest non fa neanche marcia indietro sulla diatriba riguardante le semplificazioni dei visti a cittadini russi e bielorussi. Anche in quel caso è intervenuta la Commissione europea che ha chiesto, entro il 19 agosto, di fornire spiegazioni sulla scelta ungherese di cambiare il programma di ingresso nel Paese.

Visto il conflitto in corso tra la Russia e l’Ucraina, Paese candidato all’ingresso nell’Ue, la possibilità che possano accedere con più facilità anche spie russe è elevata. L’area Schengen va difesa, e su questo sono d’accordo sia l’Ungheria e che le istituzioni europee, ma ognuno col proprio punto di vista. Alle spiegazioni richieste, Orbán non ha minimamente risposto: e allora, come oggi, tutto tace.

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