Belgio (di nuovo) in stallo: De Wever si ritira, governo ancora lontano

Niente di fatto per la coalizione di governo a cinque partiti soprannominata 'Arizona': partiti spaccati sulla riforma fiscale
4 settimane fa
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Bart De Wever e il re del Belgio Filippo
Da sinistra, Bart De Wever e il re del Belgio Filippo a colloquio (Foto Nicolas Maeterlinck/IPA/Fotogramma )

Che fosse complesso riuscire a mettere in piedi una coalizione di governo a cinque partiti si sapeva. E ora, dopo due mesi e mezzo di tentativi, Bart De Wever, il negoziatore nazionalista fiammingo che guidava i colloqui per la formazione di un nuovo governo federale belga, ha abbandonato ufficialmente l’incarico.

De Wever, sindaco di Anversa e aspirante premier (sarebbe il primo separatista fiammingo nella storia del Belgio), giovedì sera ha consegnato le sue dimissioni al re Filippo.

Il Belgio è in cerca di governo dal 9 giugno, data delle elezioni per il rinnovo dei Parlamenti regionali fiammingo e vallone e di quello federale, elezioni che si sono tenute contemporaneamente al voto europeo.

Perché la coalizione ‘Arizona’ è naufragata

Le urne hanno consegnato la vittoria alla Nieuw-Vlaamse Alliantie (N-VA), partito indipendentista fiammingo di destra che fa capo a De Wever, seguito dagli indipendentisti fiamminghi di destra radicale del Vlaams belang (Vb) e dai liberali valloni francofoni di centro-destra del Mouvement réformateur (MR).

Sono andati male invece i liberaldemocratici fiamminghi che fanno capo al premier uscente Alexander De Croo (Open-Vld) e gli ambientalisti: Ecolo (francofoni) e Groen (fiamminghi).

I colloqui portati avanti da De Wever in queste settimane puntavano a mettere in piedi una coalizione di governo soprannominata ‘Arizona’, che tenesse insieme N-VA, CD&V (Cristiano-democratici Fiamminghi), Les Engagés (partito vallone degli Impegnati, centristi), MR e Vooruit (formazione  socialista fiamminga).

Ma  le trattative sono naufragate ieri mattina sulla proposta di De Wever di stabilire un’imposta sulle plusvalenze per colmare l’enorme deficit di bilancio del Belgio, che per questo motivo rischia una procedura di infrazione da parte dell’Unione europea. Il Paese deve recuperare 25 miliardi di euro e l’idea avanzata dal formatore incaricato mirava proprio a reperire risorse. Tuttavia, se da un lato la proposta strizzava l’occhio all’unico partito di centro-sinistra della coalizione ‘Arizona’, Vooruit, favorevole a una maggiore tassazione per i più abbienti, dall’altro era inaccettabile per MR, che ieri mattina ha respinto la versione finale del memorandum De Wever, decretando la morte delle trattative.

Instabilità ricorrente

Il Belgio è abituato a non avere governo per lunghi periodi, segnando in tal senso record su record. Nel 2011 il Paese ne aveva già stabilito uno, con 541 giorni senza guida, ma si è superato con gli oltre 650 giorni accumulati tra la crisi del 2018 e la formazione del governo De Croo nel 2020 con una coalizione ‘Vivaldi’ a 4 partiti (liberali, socialisti, ambientalisti – sia francofoni sia di lingua fiamminga – e democristiani fiamminghi).

Questa frequente instabilità è resa possibile anche dalla complessa struttura istituzionale del Paese, strutturata su sei livelli e facente capo a tre governi regionalivallone (francofono), fiammingo (di lingua olandese) e l’area di Bruxelles (ufficialmente bilingue ma sostanzialmente francofona)  -, che avendo competenza in molte materie consentono al sistema di amministrarsi per lunghi periodi ‘ad interim’.

A complicare le cose, il fatto che i governi debbano essere composti da coalizioni tra partiti fiamminghi e valloni, per evitare di favorire una regione a scapito delle altre.

Si tratta insomma di equilibri difficili che si reggono su accordi molto complessi da trovare e su compromessi tra istanze e necessità molto diverse.

La scadenze a breve per il Belgio

Ma ora il Belgio non ha tantissimo tempo ‘da perdere’, avendo davanti a sé a brevissimo delle scadenze alquanto importanti a cui fare fronte. La prima è la nomina, entro il 30 agosto, del commissario da proporre a Ursula von der Leyen, che sta mettendo in piedi la sua seconda Commissione europea.

Poi, come accennato, c’è il problema della riforma fiscale per rientrare dall’elevato debito pubblico: entro il 20 settembre il Paese deve presentare all’Europa un piano per rientrare dal deficit eccessivo.

La palla ora è in mano al re, tornato da una vacanza in Francia appositamente per parlare con De Wever. Vista la situazione, Filippo potrebbe promuovere comunque un accordo all’interno della coalizione ‘Arizona’ oppure avviare consultazioni ad ampio raggio con altri leader di partito. In passato, vista l’esperienza del Belgio in questo tipo di stallo, il re nominava uno ‘scout’ o un ‘esploratore’ per far ripartire i colloqui.

Secondo i media locali, la prima ipotesi rimane al momento la più probabile, ma occorre capire su quali basi, visto che si ripartirebbe da un fallimento di accordo.