Il momento tanto atteso è finalmente arrivato: la Bce ha tagliato i tassi di interesse di un quarto di punto percentuale, portando il tasso sui depositi dal 4% al 3,75%, quello di riferimento dal 4,5% al 4,25% e quello sui prestiti marginali dal 4,75% al 4,50%.
Nelle ultime settimane, però, l’inflazione è aumentata rendendo il futuro. Proviamo a leggerlo tra le parole della presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde.
Cosa ha detto Lagarde dopo il taglio dei tassi
Nella conferenza stampa in cui ha annunciato l’atteso taglio, la presidente della Bce ha spiegato che le prossime decisioni saranno prese “meeting dopo meeting”. Da una parte l’esigenza di non togliere ulteriore linfa al tessuto produttivo, dall’altra quella di tenere sotto controllo l’inflazione. In mezzo un delicato equilibrio che sarà valutato trimestre per trimestre delineando quello che la stessa Lagarde definisce un “percorso accidentato”.
Nessuna indicazione precisa da Francoforte, ma il comunicato precisa che “le pressioni restano forti, dal momento che la crescita dei salari resta elevata e l’inflazione resterà verosimilmente a livelli più alti del target per gran parte del 2025”.
Le previsioni sull’inflazione
Dunque, come è stato per circa un anno e mezzo ma in direzione opposta, il futuro dei tassi dipende dall’andamento dell’inflazione. Le proiezioni di giugno prevedono un’inflazione media del 2,5% quest’anno (2,3% a marzo), del 2,2% il prossimo (2%) e dell’1,9% nel 2026 (invariato).
Secondo le proiezioni di Francoforte, l’attività economica dovrebbe intanto salire dallo 0,9% del 2024 (0,6% a marzo), all’1,4% del 2025 (1,5% a marzo) e all’1,6% nel 2026 (invariato).
Non manca lo scetticismo di chi si chiede perché la Banca centrale abbia scelto di tagliare i tassi nonostante l’inattesa ripresa dell’inflazione. A giustificazione della sua decisione, la Bce ha ricordato nel comunicato pubblicato al termine della riunione che l’inflazione è calata di 2,5 punti percentuale da settembre 2023, da quando i tassi hanno raggiunto il loro livello “terminale”. Questa situazione ha fatto sì che le pressioni sui prezzi si siano indebolite e le aspettative si siano calmate “su tutti gli orizzonti temporali”.
Il contesto europeo
Per circa un anno e mezzo milioni di cittadini, pensando all’Unione europea, hanno immaginato prima di tutto la Banca centrale europea. È stato come se i dieci rialzi consecutivi dei tassi abbiano mandato un messaggio chiaro: le decisioni dell’Ue incidono direttamente sulle vite di tutti noi. Se a Francoforte alzano i tassi, aumentano i tassi delle banche nazionali. Mutui più alti per i privati, finanziamenti più alti per gli imprenditori con inevitabili ripercussioni sui consumatori.
Si trattava però di una scelta inevitabile per difendere quasi mezzo milione di persone da una minaccia ancora più grande: l’inflazione. Il caro prezzi generalizzato andava contenuto con la forza, una politica monetaria aggressiva era l’unica strada, come più volte ribadito da Christine Lagarde. D’altronde, Oltreoceano è avvenuta la stessa cosa, sempre qualche settimana prima di Francoforte con la Bce che replicava gli aumenti della Fed seppure con tassi diversi.
Ora, dopo molte anticipazioni, il taglio della Bce è arrivato, ma l’equilibrio resta fragile. Ancora di più se si considera che “l’inflazione dell’Eurozona è in gran parte da attribuire a termini di scambio negativi piuttosto che a un eccesso di domanda”, come osservato da S&P a margine del taglio dei tassi della Bce.
Le previsioni di S&P
Per Standard and Poor’s “Sembra improbabile che la Bce effettui più di due tagli dei tassi in solitaria prima che la Fed inizi quest’anno. Inoltre, si prevede che le riduzioni dei tassi della Fed si protrarranno fino al 2026, ben oltre il completamento dei tagli da parte della Bce”, spiega l’agenzia di rating.
“Supponendo che l’inflazione si allinei ai target e che la crescita raggiunga il potenziale entro la metà del prossimo anno, come previsto, è probabile che la Bce limiti i tagli dei tassi a non più di uno per trimestre fino al terzo trimestre del 2025, con un tasso di deposito al minimo al 2,5%”, conclude l’agenzia di rating