Le auto cinesi entrano in Ue dalla Turchia per aggirare i dazi, la denuncia che scuote Bruxelles

Federmotorizzazione denuncia una pratica che recherebbe un ingente danno economico all’Ue e incrinerebbe i rapporti con Ankara
4 settimane fa
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Presidente Turchia Recep Tayyip Erdoğan
Il presidente turco Recep Erdogan

Pechino ha già trovato il modo per aggirare i dazi dell’Unione europea sulle sue auto elettriche. Ne è convinta Federmotorizzazione, Federazione Nazionale Commercianti della Motorizzazione, che accusa: “Per evitare i dazi dell’Unione Europea le auto cinesi passano in massa dalla Turchia”.

Se dovessero passare i nuovi dazi sulle auto elettriche cinesi, questa pratica potrebbe diffondersi notevolmente e incrinare i rapporti tra Bruxelles e Ankara, tra le quali vige un accordo di unione doganale. “In un contesto dove i dazi sulle importazioni dirette di auto dalla Cina sono stati rafforzati per contrastare pratiche commerciali non corrette, l’accordo con la Turchia rappresenta una via per aggirare le sanzioni, permettendo ai produttori cinesi di continuare a vendere in Europa senza ostacoli”, scrive Federmotorizzazione in una nota.

Se la Turchia aiuta la Cina e non l’Ue

Lo scenario sarebbe paradossale: l’Ue vuole applicare i dazi doganali per punire la concorrenza sleale cinese, Pechino risponde con altra concorrenza sleale. Se questa pratica venisse verificata, inoltre, la Turchia di Erdogan uscirebbe dal limbo diventando un Paese che appoggia i piani di Xi Jinping e ostacola quelli di Bruxelles.
Carlo Fidanza, capo delegazione ECR Group e membro della Commissione TRAN ha presentato un’interrogazione alla Commissione europea sottolineando che l’accordo doganale potrebbe essere sfruttato in modo improprio dai produttori cinesi

“Se le auto cinesi continuano a entrare in Europa tramite la Turchia senza pagare dazi, la concorrenza diventa sleale”, si legge nella nota dove viene fatto notare che “Se i produttori cinesi utilizzano la Turchia come ponte per aggirare i dazi imposti dall’Ue, l’Europa rischia di subire un danno economico considerevole”.

Il diritto europeo prevede un dazio generico del 10% su tutti i prodotti importati dalla Cina nel Vecchio Continente. A questo si aggiungerebbero i nuovi dazi con cui Bruxelles vuole riequilibrare gli effetti della “pratica commerciale sleale” di Pechino, rea di finanziare pesantemente i ‘suoi’ costruttori e ‘drogare’ il mercato europeo. I nuovi dazi, calmierati rispetto alle ipotesi iniziali, vanno dal 7,8% al 35,3%, a seconda del marchio e del suo livello di collaborazione con l’indagine, e vanno ad aggiungersi al dazio generico del 10%. BYD, Geely e SAIC sono tra i produttori che rischiano le maggiori stangate più elevate.

La Cina investe in Turchia

Mentre in Europa le auto elettriche stanno vivendo una profonda crisi, nel 2023, sono stati prodotti 1,4 milioni di veicoli in Turchia. Il numero è destinato a crescere soprattutto grazie alla spinta degli investimenti cinesi che vedono nel settore automobilistico turco condizioni particolarmente vantaggiose. L’ultima scelta in questa direzione arriva dalla Byd, uno dei principali produttori di auto elettriche cinesi, che costruirà in Turchia uno stabilimento da 150 mila vetture all’anno dal valore di 1 miliardo di dollari che dovrebbe entrare in funzione nel 2026.

L’iter dei dazi

Intanto, lo scorso 4 ottobre l’Unione Europea ha votato per imporre dazi fino al 45% sui veicoli elettrici provenienti dalla Cina, ma non tutti sono d’accordo. Nel comitato Ue difesa commerciale riunito per decidere in merito alla conferma dei dazi sull’importazione di auto elettriche cinesi non è stata raggiunta una maggioranza qualificata né a favore né contro la proposta della Commissione europea. 10 stati membri si sono pronunciati a favore, 5 contro, 12 si sono astenuti.

L’Italia ha votato a favore dell’introduzione mentre Francia e Germania sono divise: favorevole Parigi, contraria Berlino. Tra gli astenuti c’è la Spagna di Pedro Sànchez che ha chiesto pubblicamente alla Commissione e agli Stati membri di “riconsiderare” le tariffe proposte sulle auto elettriche cinesi dopo aver raggiunto Xi Jinping a Pechino.

“Dobbiamo riconsiderare tutti, non solo gli Stati membri ma anche la Commissione, la nostra posizione nei confronti di questo movimento”, ha dichiarato Sánchez a Shanghai, ultima tappa della sua visita ufficiale di quattro giorni in Cina. “Come ho detto prima – ha proseguito il leader socialista – non abbiamo bisogno di un’altra guerra, in questo caso una guerra commerciale. Dobbiamo costruire ponti tra l’Unione europea e la Cina”.

Il rischio da evitare è che questi ponti passino, di nascosto, dalla Turchia.