C’è un prima e un dopo 11 settembre 2001 nella storia degli Stati Uniti d’America, e in tutto il resto del mondo. Dopo le prime ore di vicinanza ai ‘cugini d’Oltreoceano’, l’Unione europea ha subito avvertito l’esigenza di intervenire per contrastare il terrorismo, che con l’attentato alle Torri Gemelle sconvolse la percezione di sicurezza nella vita quotidiana di milioni di persone, europei inclusi.
L’Ue, all’epoca guidata da Romano Prodi come presidente della Commissione, è stata profondamente coinvolta nelle risposte politiche, legislative e di sicurezza che seguirono. L’11 settembre di ventitré anni fa ha palesato che la sicurezza (interna ed esterna) dell’Europa necessita della cooperazione internazionale.
11 settembre 2001, la reazione europea
In occasione del ventesimo anniversario dell’11 settembre, Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha ricordato: “Il terrorismo rimane una minaccia reale per l’Europa e per il mondo intero. L’11 settembre ci ha insegnato che la nostra risposta deve essere globale, multilaterale e coordinata”. Questo richiamo all’azione multilaterale continua a essere il cuore della politica europea contro il terrorismo.
Dalla definizione alle regole sui voli
Uno dei primi passi concreti intrapresi dall’Unione Europea fu l’adozione di la Decisione quadro del Consiglio sulla lotta contro il terrorismo del 13 giugno 2002, che stabiliva i principi chiave della materia, chiarendo che “per ‘organizzazione terroristica’ s’intende l’associazione strutturata di più di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere dei reati terroristici. Il termine ‘associazione strutturata’ designa un’associazione che non si è costituita fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata”. Nelle considerazioni iniziali, il Consiglio anticipò il tenore delle misure: “Le vittime di reati terroristici sono vulnerabili e sono pertanto necessarie misure specifiche che le riguardino”.
Pur trattandosi di una Decisione quadro, questo passaggio è stato fondamentale per armonizzare le risposte giudiziarie e per facilitare l’estradizione rapida dei sospetti.
Successivamente, l’EU Counter-Terrorism Strategy del 2005 ha istituito quattro pilastri: prevenire, proteggere, perseguire e rispondere. Tra le azioni intraprese, ci sono state la cooperazione per ridurre la radicalizzazione e il reclutamento di terroristi, il miglioramento della sicurezza dei trasporti e delle infrastrutture e il rafforzamento della capacità degli Stati membri di rispondere in modo efficace agli attacchi.
Un’altra importante evoluzione è stata l’introduzione del Mandato d’Arresto Europeo (2004), che ha facilitato l’estradizione dei sospetti terroristi tra i Paesi membri, riducendo le barriere legali e burocratiche. Poi, a seguito degli attacchi del 2015 a Parigi, nel 2016 l’Ue ha rafforzato il sistema PNR (Passenger Name Record), che richiede alle compagnie aeree di fornire informazioni sui passeggeri per identificare potenziali sospetti di terrorismo.
La Direttiva del 2017
Negli anni successivi, le misure anti-terrorismo si sono evolute. La più importante è la Direttiva (Ue) 2017/541, che ha sostituito la precedente decisione quadro del 2002 e ha aggiornato la legislazione per far fronte a nuove forme di terrorismo, tra cui la radicalizzazione online, i foreign fighters e il finanziamento del terrorismo. Il provvedimento arrivava dopo una decisa intensificazione degli atti terroristici al fine di garantire “Un’ulteriore armonizzazione dei reati di terrorismo, dei reati riconducibili a un gruppo terroristico e dei reati connessi ad attività terroristiche”.
Il provvedimento del 2017 ha rafforzato la prevenzione e ha introdotto l’obbligo per gli Stati membri di criminalizzare anche la preparazione e l’incitamento ad atti terroristici. Oggi, strumenti come Europol e Frontex svolgono un ruolo cruciale nella condivisione delle informazioni e nel monitoraggio dei confini esterni dell’Unione.
La lotta contro la radicalizzazione e il terrorismo online
Uno degli sviluppi più recenti nelle politiche dell’Unione Europea riguarda la lotta contro il terrorismo online, riconosciuta come una delle nuove frontiere di diffusione dell’estremismo. Nel 2021 è entrato in vigore il regolamento Regolamento (Ue) 2021/784 che obbliga le piattaforme digitali a rimuovere contenuti terroristici entro un’ora dalla segnalazione da parte delle autorità nazionali. Questa misura rappresenta una delle risposte più forti al crescente utilizzo di Internet per diffondere propaganda terroristica e per radicalizzare individui, come avvenuto anche in alcuni attacchi in Europa tra il 2015 e il 2017.
In merito a questa misura, l’allora commissaria europea per gli Affari Interni, Ylva Johansson, ha dichiarato: “Il terrorismo non conosce confini. Gli attacchi possono essere pianificati e ispirati da migliaia di chilometri di distanza, ed è per questo che dobbiamo agire con urgenza quando troviamo contenuti terroristici online. L’Europa ha il dovere di proteggere i suoi cittadini”.
La Commissione europea ha presentato una relazione al Parlamento e al Consiglio sull’attuazione di questo regolamento nel febbraio 2024. Nel documento si evidenzia che nel 2023 sono stati emessi 349 ordini di rimozione di contenuti terroristici da parte di sei Stati membri.
Le attuali tensioni geopolitiche in Ucraina e soprattutto in Medio Oriente alzano l’asticella del pericolo. Parlando con il Corriere della Sera lo scorso ottobre, Johansson ha messo in guardia i Ventisette: “C’è un rischio enorme di un aumento della minaccia terroristica nell’Unione europea a causa della situazione in Medio Oriente”. La politica svedese si è detta “consapevole” del fatto che “è competenza degli Stati membri effettuare questo tipo di valutazione del rischio e che spetta a loro decidere se ritengono che il livello di minaccia sia più elevato o meno”.
La cooperazione internazionale sul terrorismo e il quadro attuale
Dopo l’attentato dell’11 settembre, l’Ue ha anche rafforzato la cooperazione con partner internazionali, in particolare con gli Stati Uniti. Il Partenariato transatlantico per la lotta al terrorismo è stato riaffermato più volte negli ultimi due decenni, soprattutto nell’ambito del Dialogo Ue-Usa sulla sicurezza, che prevede uno scambio continuo di informazioni tra le agenzie di intelligence.
L’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione, Josep Borrell, ha recentemente sottolineato l’importanza di tale cooperazione: “Siamo uniti nella nostra lotta contro il terrorismo. Non possiamo permettere che il nostro impegno vacilli, perché le minacce sono ancora presenti, e dobbiamo agire insieme, come abbiamo fatto dopo l’11 settembre.”
Nel riflettere sull’anniversario dell’11 settembre, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato: “Gli attacchi dell’11 settembre ci hanno ricordato che la nostra libertà e sicurezza non possono essere date per scontate. L’Europa continuerà a lavorare con i suoi alleati per mantenere la pace e la sicurezza globale”.
Secondo il rapporto 2023 di Europol, nonostante il calo degli attacchi su larga scala, la minaccia del terrorismo rimane elevata in Europa, con le attività jihadiste che continuano a rappresentare il rischio più grande. Nel 2022, 28 attacchi terroristici sono stati segnalati in vari Paesi membri, con un focus particolare su Francia, Germania e Belgio. La prova che la minaccia terroristica rimane una realtà soprattutto alla luce dell’attuale contesto geopolitico.