La Russia ha lanciato un attacco hacker all’Italia dopo aver promesso vendetta per le parole del presidente Sergio Mattarella.
Ieri, domenica 16 febbraio, portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, è tornata ad attaccare il capo di Stato italiano che il 5 febbraio aveva paragonato la Russia di Putin lla Germania del Terzo Reich in un intervento all’Università di Aix-Marsiglia. Lo scorso venerdì, 14 febbraio, Zakharova aveva definito quello fatto dal capo dello Stato italiano un “parallelismo oltraggioso” fatto di “invenzioni blasfeme”, “insulti che offendono l’intera nazione” russa. Tra ieri e oggi, Mosca ha sferrato un altro doppio attacco verso Roma: prima verbale, poi cybercriminale.
Attacco hacker russo all’Italia
In un intervento in tv nella serata di domenica, ripreso dall’agenzia di stampa russa Tass, Maria Zakharova ha detto che le parole pronunciate da Sergio Mattarella “non possono rimanere senza conseguenze“. Questa mattina, lunedì 17 febbraio, a poche ore dall’intervento della portavoce, il gruppo di hacker filorussi NoName ha avviato una nuova serie di attacchi DDoS (distributed denial of service) contro l’Italia: sono stati colpiti i siti web del settori trasporti (aeroporti di Linate e Malpensa, Autorità trasporti, porti di Taranto e Trieste, tra gli altri) e finanziari (Intesa SanPaolo). Secondo quanto riferito dall’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, al momento non risultano impatti effettivi sui servizi erogati. Nella rivendicazione i NoName citano le dichiarazioni del presidente Sergio Mattarella che definiscono “russofobo”.
Ma cosa aveva detto il capo dello Stato?
In occasione della lectio magistralis a Marsiglia, il capo dello Stato aveva dichiarato: “Fenomeni di carattere autoritario presero il sopravvento in alcuni Paesi, attratti dalla favola che regimi dispotici e illiberali fossero più efficaci nella tutela degli interessi nazionali. Il risultato fu l’accentuarsi di un clima di conflitto, pur nella consapevolezza di dover affrontare e risolvere i problemi a una scala più ampia. Ma, anziché cooperazione, a prevalere fu il criterio della dominazione. E furono guerre di conquista. Fu questo il progetto del Terzo Reich in Europa. L’odierna aggressione russa all’Ucraina è di questa natura“.
“Purtroppo l’Italia è stato il Paese dove è nato il fascismo“, ha replicato ieri Zakharova secondo la quale Mattarella è il “presidente di un Paese che storicamente è stato tra quelli che hanno attaccato il nostro Paese”. La tattica della portavoce russa consiste nel ribaltare il ruolo di aggredito e aggressore: “Questo ci viene detto da una persona che non può non sapere quanti soldati italiani hanno ucciso i nostri nonni e bisnonni sul nostro territorio durante la Seconda guerra mondiale sotto bandiere e slogan nazisti”, ha aggiunto ai microfoni del canale Rossija 1 della tv russa, nel corso della trasmissione di un Vladimir Solovyov, giornalista vicino alla propaganda del Cremlino.
Il precedente del 2018
Già nel 2018, il Presidente della Repubblica Italiana si trovò al centro di un’importante operazione di disinformazione sui social media, in particolare su Twitter. Quest’azione, caratterizzata dalla pubblicazione di migliaia di messaggi denigratori nei confronti del Capo dello Stato, si intensificò nella notte tra il 27 e il 28 maggio, in concomitanza con le tensioni politiche generate dal suo rifiuto di nominare Paolo Savona al Ministero dell’Economia per le sue posizioni dichiaratamente euroscettiche. Savona aveva proposto di chiedere finanziamenti alla Russia come alternativa allo scudo antispread della Bce.
Le indagini della polizia postale stabilirono che l’ondata di messaggi proveniva da un’unica fonte, individuata attraverso la creazione di circa 400 nuovi profili Twitter attivati in un breve lasso di tempo. Da questi profili furono diffusi numerosi contenuti che esortavano Mattarella a rassegnare le dimissioni. Nonostante l’individuazione di una fonte comune, non fu possibile collegare direttamente questa attività a una precisa “cabina di regia”, rendendo difficile l’attribuzione dell’attacco.
Tuttavia, i sospetti si concentrarono su possibili operatori esteri, in particolare russi, già noti per attività di disturbo durante la campagna elettorale americana. In questo contesto, emersero collegamenti tra alcuni dei profili coinvolti nell’attacco e l’Internet Research Agency (Ira) di San Pietroburgo, un’organizzazione più volte associata alla diffusione di propaganda a favore di movimenti populisti, sovranisti ed euroscettici in Italia.
Sebbene non sia stato possibile stabilire con certezza un coinvolgimento diretto dei troll russi nella campagna contro Mattarella, almeno una ventina di account coinvolti nell’attacco erano già stati utilizzati per diffondere propaganda proveniente da Mosca. Si ipotizzò che l’obiettivo di queste azioni fosse destabilizzare il governo italiano e favorire l’ascesa di determinate forze politiche, a partire dalla Lega di Matteo Salvini che nel 2015 aveva dichiarato di preferire “mezzo Putin” a “due Mattarella”.
Le indagini sull’attacco a Mattarella furono affidate al pool di magistrati specializzato in antiterrorismo, mentre il Copasir, il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, avviò un’indagine parallela, ascoltando anche il direttore del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (Dis), Alessandro Pansa, per approfondire la natura e la portata dell’attacco.