Asset russi congelati, la doppia strategia della Commissione europea mette le capitali di fronte a una dura scelta

L'esecutivo presenta le sue proposte per usare i beni immobilizzati con garanzie multilivello. Obiettivo: assicurare liquidità e proteggere gli Stati membri, ai quali spetta la decisione finale
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Commissione europea

Un prestito europeo basato sul bilancio dell’Unione europea o un prestito di riparazione garantito dagli asset finanziari della Banca centrale russa congelati in Europa dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca. Girano intorno allo stesso dilemma delle ultime settimane, le soluzioni proposte oggi dalla Commissione per sostenere le esigenze finanziarie dell’Ucraina nel 2026-2027. Tra pochi mesi Kiev, che sta affrontando un crescente buco di bilancio, si troverà infatti in grosse difficoltà e avrà bisogno di sostegno, considerando che gli Usa si sono ormai sfilati.

Asset russi congelati, patata bollente o opportunità?

Il tema sta infuocando il dibattito soprattutto negli ultimi tempi, da quando l’esecutivo comunitario ha proposto di usare i beni russi immobilizzati per garantire un prestito di riparazione a Kiev, che dovrebbe essere ripagato a Mosca solo se questa rifonderà i danni di guerra (ipotesi ai limiti dell’impossibile). In questo schema, le risorse rimarrebbero di proprietà della Banca russa e verrebbero restituite con la fine delle sanzioni.

L’idea è stata accolta con favore da alcune capitali, con prudenza da altre – timorose di violare il diritto internazionale e di aprire a ripercussioni imprevedibili sui mercati finanziari europei -, e con ferma contrarietà dal Belgio. Quest’ultimo infatti detiene la grandissima maggior parte degli asset in questione presso l’istituto Euroclear con sede a Bruxelles e teme di dover ripagare alla Russia i 140 mld di euro in ballo, se Mosca farà causa (più che un’ipotesi, una certezza). Il premier belga Bart de Wever in questi giorni è arrivato a chiedere sostanzialmente delle garanzie in bianco da parte degli altri Paesi. A questo quadro si aggiunge l’opposizione di Ungheria e Slovacchia, filorussi e ormai spina nel fianco dell’Unione.

Con queste premesse, il Consiglio europeo del 23 ottobre non è riuscito a prendere una decisione, rimandando tutto al prossimo incontro del 18-19 dicembre e chiedendo alla Commissione di presentare delle opzioni concrete. Da qui, le proposte odierne di Palazzo Berlaymont, dettagliate per la prima volta in cinque proposte legislative.

Le due soluzioni proposte dalla Commissione

Come già anticipato, la Commissione propone due vie: raccogliere i fondi necessari dai mercati dei capitali usando il bilancio del blocco come garanzia, oppure fornire all’Ucraina un prestito di riparazione garantito dagli asset russi congelati.

Attenzione: a differenza della seconda ipotesi, che tecnicamente richiede una maggioranza qualificata di Paesi per essere decisa, la prima richiede l’unanimità degli Stati membri, il che porta dritti filati all’opposizione certa dell’Ungheria, filorussa e contraria a sovvenzionare Kiev. La Commissione sta vagliando se attivare una ‘clausola di solidarietà di emergenza’ prevista dal trattato Ue nell’art. 122, che consente reagire rapidamente a crisi soprattutto economiche senza ricorrere alle procedure legislative ordinarie, bypassando dunque la necessità che tutti siano d’accordo. Ma si tratta comunque di una via molto stretta e controversa.

Le ipotesi presentate oggi dalla Commissione puntano invece a sfruttare gli asset congelati ma in modo da rispondere ai timori del Belgio e delle capitali più prudenti, assicurando “il rispetto del diritto europeo e internazionale, l’integrità del mercato finanziario dell’Unione e lo status dell’euro come valuta globale”.

Le proposte istituiscono una serie di garanzie per proteggere gli Stati membri e le istituzioni finanziarie da possibili misure di ritorsione all’interno della Russia e da espropriazioni illegittime al di fuori della Russia, in particolare nelle giurisdizioni amiche della Russia.

Il pacchetto include un ‘meccanismo di liquidità’ sostenuto da garanzie nazionali bilaterali (irrevocabili e proporzionali al loro reddito nazionale lordo) o dal bilancio dell’Ue per assicurare che, nel caso occorra restituire rapidamente gli asset a Mosca, la liquidità necessaria sia sempre disponibile. Ultimo livello di sicurezza, l’emissione di titoli di debito europei per rimborsare i soggetti coinvolti.

La proposta servirà ora da base per negoziati tecnici immediati, in vista del decisivo Consiglio europeo fra due settimane.

Un prestito da165 mld

Nel concreto, il prestito di riparazione proposto, da 165 miliardi di euro, fa parte di un pacchetto finanziario più ampio del valore di 210 miliardi di euro, destinato “alle mutevoli esigenze finanziarie dell’Ucraina, indipendentemente dalla situazione sul campo, che il Paese sia in guerra o in pace”.

Il prestito si compone di 140 miliardi di euro di asset russi congelati detenuti presso Euroclear e di 25 miliardi di euro, sempre di beni russi immobilizzati, in conti bancari privati in tutta l’Unione. Di questa cifra, 115 miliardi di euro andrebbero all’industria della difesa ucraina, 50 miliardi di euro al bilancio del Paese e 45 miliardi di euro a rimborsare un prestito del G7 all’Ucraina a partire dal 2024.

“Proponiamo di creare un prestito di riparazione, utilizzando i saldi di cassa derivanti dagli asset russi immobilizzati nell’UE, con solide garanzie per i nostri Stati membri. Stiamo aumentando il costo della guerra di aggressione russa. E questo dovrebbe rappresentare un ulteriore incentivo per la Russia a partecipare al tavolo dei negoziati“, ha commentato Ursula von der Leyen presidente della Commissione.

L’opposizione del Belgio

Nonostante le ultime settimane di colloqui e pressioni, il principale ostacolo all’uso degli asset russi rimane il Belgio, che anche stamattina ha bocciato le proposte. “Il testo che la Commissione presenterà oggi non risponde in modo soddisfacente alle nostre preoccupazioni“, ha dichiarato ai giornalisti il ministro degli Esteri belga Maxime Prévot aggiungendo che il suo governo reputa di “non essere stato ascoltato”.

Per De Wever il piano è “fondamentalmente sbagliato”. In una lettera di quattro pagine indirizzata a von der Leyen, il premier belga ha affermato che “non sarebbe giusto né equo aspettarsi che, mentre i vantaggi di tale schema sono per tutti, i costi e i rischi ricadano sul Belgio”. Come alternativa, ha proposto che la Commissione emetta 45 miliardi di euro di debito congiunto, ma l’idea è impopolare perché comporta l’utilizzo di denaro dei contribuenti.

De Wever ha anche sostenuto che il piano ostacolerebbe gli sforzi di pace attualmente in corso e che per la prima volta sembra possano concludersi con un accordo di pace, una possibilità confermata ieri dallo stesso leader ucraino Volodymyr Zelensky.

I piani degli Usa per gli asset russi congelati

L’idea che l’uso degli asset russi immobilizzati complichi i negoziati per porre fine al conflitto si salda a quella analoga degli Usa, che però hanno delle mire ben precise sulle risorse in questione. Il piano di pace proposto all’improvviso da Washington due settimane fa, ampiamente criticato per essere troppo a favore di Mosca (come sembrano confermare gli audio trapelati di due telefonate di altissimi livello tra russi ed americani), conteneva molto chiaramente cosa vogliono ricavare gli Stati Uniti dal post-guerra: affari.

Il progetto prevedeva infatti che 100 miliardi di dollari degli asset russi venissero investiti in “sforzi di ricostruzione e investimento in Ucraina” guidati dagli americani, che ne avrebbero tratto il 50% dei profitti. Il resto sarebbe stato destinato a un “fondo separato tra Stati Uniti e Russia”.

Dopo le proteste da parte ucraina ed europea, si è arrivati a un piano meno sbilanciato, di cui però non è ancora chiaro il contenuto, nemmeno per quanto riguarda gli asset.

La Bce non fornirà garanzie

Ultimo tassello del complicato puzzle sul tavolo: ieri la Banca Centrale Europea ha fatto sapere che non fornirà garanzie al ‘prestito di riparazione’ in caso di restituzione rapida dei fondi russi, perché “la proposta della Commissione europea viola il suo mandato” in quanto equivarrebbe a fornire finanziamenti diretti ai governi.

La portavoce-capo della Commissione, Paula Pinho, nel briefing quotidiano con la stampa ha precisato che l’esecutivo è “in contatto non solo con gli Stati membri, ma anche con le istituzioni finanziarie e in particolare con la Bce”, discutendo delle “soluzioni fattibili“. “Per quanto riguarda il come garantire la liquidità necessaria per eventuali obblighi di restituzione degli asset, in questo caso alla Banca centrale russa, sappiamo che questa è una parte assolutamente essenziale delle discussioni”, ha assicurato.

Un’ipotesi è che la Commissione fornisca un finanziamento ‘ponte’, probabilmente attraverso il debito dell’Ue, per coprire i primi mesi dell’anno e arrivare poi a quello di riparazione.

Le opzioni ci sono, quello che manca sono le decisioni, e il tempo per farlo non è molto. “I destini dell’Europa e dell’Ucraina sono legati. Siamo giunti a un momento di resa dei conti“, ha affermato Valdis Dombrovskis, commissario per l’Economia e la Produttività, Attuazione e Semplificazione.