Arriva la stablecoin europea, sfida a Trump e al dominio Usa sulle cripto

Nove banche, tra cui le italiane UniCredit e Banca Sella, lanciano la stablecoin ancorata all'euro, alternativa al dominio Usa sulle criptovalute e tassello dell'autonomia finanziaria europea
15 ore fa
5 minuti di lettura
Euro moneta digitale

Arriva la stablecoin europea, una risposta all’intenzione di Trump di fa diventare gli Usa “la capitale mondiale delle criptovalute” e alla necessità di assicurarsi un’autonomia strategica (anche) nel campo dei pagamenti. Nove grandi banche europee, fra cui le italiane UniCredit e Banca Sella (attualmente l’Italia è il Paese più rappresentato), oltre a ING (Paesi Bassi), Kbc (Belgio), Danske Bank (Danimarca), DekaBank (Germania), Seb (Svezia), CaixaBank (Spagna) e Raiffeisen Bank International (Austria), si sono unite per lanciare una stablecoin denominata in euro. Il progetto sarà operativo nella seconda metà del 2026.

Il consorzio delle nove banche, aperto all’adesione di altri istituti – un decimo si aggiungerà in questi giorni -, ha costituito una società nei Paesi Bassi, sotto la supervisione della Banca centrale olandese, con l’obiettivo di ottenere la licenza come istituto di moneta elettronica. È prevista a breve la nomina di un ceo.

In parallelo, procede il progetto dell’eurozona dell’euro digitale: le due iniziative non sono la stessa cosa. Anzi, la coesistenza tra stablecoin private e Cbdc (Central Bank Digital Currency, ovvero moneta emessa da una banca centrale) è uno dei temi più delicati del prossimo futuro.

Cosa si potrà fare con la stablecoin europea

L’obiettivo della nuova stablecoin, basata sulla tecnologia blockchain, è diventare uno standard europeo di pagamento affidabile nell’ecosistema digitale. Consentirà, soprattutto alle imprese che lavorano con l’estero, di effettuare pagamenti e regolamenti quasi istantanei, programmabili e a basso costo, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, portando a miglioramenti nella gestione della supply chain e nella regolazione degli asset digitali. Le banche potranno anche fornire servizi come wallet di stablecoin e soluzioni di custodia per stablecoin.

La stablecoin europea sarà conforme e verrà disciplinata dal MiCAR (Markets in Crypto-Assets Regulation, Regolamento sui mercati delle cripto-attività), che disciplina il settore degli asset digitali e che sarà applicabile dall’1 luglio 2026, alla scadenza del regime transitorio – che era stato prorogato per concedere più tempo agli operatori.

Il progetto, sottolinea Fiona Melrose, responsabile Group Strategy & ESG di UniCredit, contribuisce a “soddisfare l’esigenza di una soluzione affidabile e regolamentata per i pagamenti e i regolamenti on-chain, aprendo la strada a un nuovo standard nel settore delle risorse digitali che sosterrà la crescita e la sovranità finanziaria dell’Europa”.

Sulla stessa linea Andrea Tessera, chief innovation officer di Sella, secondo cui “il nostro obiettivo è offrire soluzioni innovative che rendano più semplici ed efficienti le transazioni finanziarie, sia nel mercato europeo sia su scala”.

Cos’è una stablecoin

Una stablecoin è una criptovaluta il cui valore è ancorato (‘pegged’) a un altro asset di riferimento, come una valuta fiat (ad esempio l’euro oppure, nella quasi totalità dei casi, il dollaro), una merce (oro) o un paniere di asset. L’obiettivo è ridurre la volatilità tipica delle criptovalute come Bitcoin o Ethereum, rendendola più stabile e dunque adatta a usi come pagamento o riserva di valore. La sua funzione, perciò, può essere assimilata a quella di una ‘valuta digitale privata’.

Non mancano i rischi: intanto l’aggancio tra stablecoin e asset sottostante può venire meno, portando a perdite e instabilità per gli utenti. Poi ci sono problemi legati alla trasparenza delle riserve a copertura dei token emessi, perché non è sempre chiarissimo se esista una riserva o quale sia la sua natura. Vanno considerati anche i rischi di tipo informatico, legati sia all’operatività tecnica sia ad eventuali cyberattacchi. infine, la mancanza di un quadro giuridico certo e chiaro, uniforme e valido a livello europeo e internazionale crea problemi e incertezze.

In tal senso il MiCa è stato un importante passo avanti, ma a inizio settembre Christine Lagarde, presidente della Bance Centrale Europea del Comitato europeo per il rischio sistemico (Cers), nel suo intervento di apertura alla nona conferenza annuale del Cers a Francoforte ha chiarito che ci sono ancora delle lacune nella regolamentazione e rischi di liquidità.

Lagarde ha dunque invitato a “non aspettare che (le stablecoin, ndr) maturino per rendersi conto che stanno reintroducendo vecchi rischi dalla porta di servizio”. “Conosciamo i pericoli. E non abbiamo bisogno di aspettare una crisi per prevenirli”, ha esortato.

Il Genius Act di Trump

Gli Stati Uniti si stanno muovendo. Lo scorso luglio Trump ha firmato il Genius Act (Guiding and Establishing National Innovation for U.S. Stablecoins) con il preciso fine di regolamentare come le stablecoin possano operare legalmente negli Usa, di rinforzare la fiducia dei consumatori, di salvaguardare la stabilità finanziaria, e di consolidare il primato del dollaro come moneta di riserva globale nell’ecosistema digitale.

A proposito di quest’ultimo aspetto, il provvedimento impone che le riserve siano in dollari o titoli Usa, rafforzando così il ruolo del dollaro.

Non si tratta di una questione di poco conto: il mercato delle stablecoin, in forte crescita, ha raggiunto una capitalizzazione di oltre 290 mld di dollari, ed è dominato dagli Stati Uniti. François Villeroy de Galhau, governatore della Banca di Francia e membro del Consiglio direttivo della Bce, proprio pochi giorni fa ha avvisato dei rischi che corre la sovranità europea restando indietro nello sviluppo delle stablecoin.

Nel mutevole panorama delle criptovalute, infatti, le cose si muovono velocemente, e non solo da parte americana: Japan Post Bank, una delle principali banche giapponesi, sta lanciando una stablecoin legata allo yen, la DCJPY, che sarà utilizzabile anche per il trading di asset digitali e altri servizi finanziari.

Insomma, serve un’alternativa europea a un mercato delle stablecoin in mano agli Stati Uniti e l’iniziativa del consorzio punta a realizzare questa alternativa, creando un’infrastruttura digitale di pagamento unificata e nativa in euro.

Tether in crescita

E questo ci porta a Tether, la più grande stablecoin al mondo. Messa a punto da due italiani, Giancarlo Devasini (che si candida a diventare il quinto uomo più ricco del mondo) e Paolo Ardoino, Tether è per l’appunto ancorata al dollaro. E ha appena ha avviato un progetto di aumento di capitale da 15-20 miliardi che porterebbe il valore della società, che ha sede a El Salvador, a 500 miliardi di dollari, alzando l’asticella della concorrenza per le altre stablecoin.

Deutsche Börse distribuirà Eurc e Usdc

C’è un’altra questione: oggi 30 settembre il gruppo Deutsche Börse ha firmato un accordo con Circle, emittente statunitense di stablecoin, per distribuirne i prodotti, tra cui Eurc – agganciata all’euro – e Usdc – agganciata al dollaro -, tramite la propria infrastruttura del mercato finanziario. L’iniziativa, la prima in Europa come segnala un comunicato di Deutsche Börse, servirà a “fornire nuove soluzioni per gli operatori di mercato” e “promuovere l’adozione regolamentata delle stablecoin nei mercati europei“.

Ma rischia di consolidare il predominio degli Stati Uniti nel settore.

L’euro digitale

Intanto, come accennato, l’Europa sta portando avanti il suo progetto per un euro digitale, ovvero una moneta digitale emessa dalla Banca centrale europea – pertanto diversa della moneta elettronica emessa da istituti privati -, che potrebbe arrivare nel 2029.

L’obiettivo è offrire ai cittadini un’alternativa di pagamento sicura e garantita dallo Stato rispetto alle stablecoin private e allo stesso tempo preservare la sovranità monetaria europea, a rischio se dilagassero strumenti digitali emessi da soggetti ‘esterni’ rispetto all’eurozona.

La coesistenza tra questi tipi di moneta sarà delicata e complessa, divisa tra la rapida innovazione da una parte e la ricerca di stabilità e garanzie pubbliche dall’altra. Ma quello che è certo è che, come ha sottolineato recentemente Piero Cipollone, membro del board della Bce, “la digitalizzazione è un’onda che non possiamo più contrastare”.