Cittadini europei divisi sull’ingresso di nuovi membri tra i 27: i dati Eurobarometro

Giovani favorevoli, italiani freddi, Serbia ostile.
11 ore fa
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Bandiera Europa Canva

L’Europa si prepara a discutere un nuovo allargamento e l’opinione pubblica sembra muoversi su due binari paralleli: apertura e sospetto. Secondo l’ultimo Eurobarometro, il 56% dei cittadini dell’Unione è favorevole all’ingresso di nuovi membri, ma solo a condizione che rispettino pienamente le regole comuni. A trainare il consenso sono i giovani: due su tre tra i 15 e i 39 anni considerano l’allargamento un passo giusto, convinti che più Stati nell’Ue significhi più opportunità di lavoro, mobilità e influenza globale.

Dietro l’apparente compattezza del dato si nasconde però un equilibrio fragile. L’allargamento viene visto come un moltiplicatore di potere economico e politico: il 37% degli europei cita l’aumento del peso internazionale come beneficio principale, un altro 37% la possibilità di un mercato più grande per le imprese, il 31% l’apertura di nuovi posti di lavoro e il 30% una maggiore solidarietà tra Paesi. Ma insieme all’ottimismo si affaccia un catalogo di paure. In cima, la migrazione incontrollata (40% delle citazioni), seguita da corruzione e criminalità (39%) e dal costo per i contribuenti (37%).

Il commissario per l’Allargamento Marta Kos ha letto i numeri come un mandato, ma anche come un avvertimento: “I cittadini, e soprattutto i giovani, sostengono l’allargamento. Ma chiedono un processo credibile, basato sui valori e guidato da riforme reali”. Insomma, il sostegno c’è, ma non è incondizionato. Per durare, l’allargamento dovrà dimostrare di non essere un atto politico calato dall’alto, bensì un percorso in grado di generare vantaggi concreti e tangibili.

In Italia consenso debole e ansia da immigrazione

In Italia, il quadro è ancora più sfumato. Solo il 53% degli intervistati si dice favorevole all’ingresso di nuovi membri, al di sotto delle medie di entusiasmo registrate in altri Paesi. Il dettaglio delle risposte racconta una società divisa: il 50% si dichiara “abbastanza favorevole”, appena il 3% “molto favorevole”, contro un 33% “poco favorevole” e un 10% “per nulla favorevole”. Non è rifiuto, ma neppure slancio. È piuttosto un consenso tiepido, fragile, pronto a incrinarsi di fronte a nuovi shock politici o economici.

Le aspettative italiane coincidono con quelle europee, ma con numeri leggermente diversi. Tra i principali benefici percepiti dell’allargamento spiccano un mercato più ampio per le imprese (36%), maggiore influenza geopolitica dell’Ue (35%), più opportunità di lavoro qualificato (30%) e più solidarietà tra Paesi (29%). Ma sul versante delle paure i dati diventano più marcati: il 47% cita l’immigrazione incontrollata come prima fonte di preoccupazione, il 41% teme corruzione e criminalità organizzata, il 38% i costi a carico dei contribuenti. Altri timori toccano la vulnerabilità a nuove sfide di sicurezza (29%) e l’erosione dei valori europei (24%).

Il nodo principale resta però la scarsa informazione. Solo il 2% degli italiani si considera “molto informato” sull’allargamento, il 26% “abbastanza informato”, mentre la stragrande maggioranza ammette di saperne poco (53%) o nulla (18%). Quanto ai temi di interesse, gli italiani vorrebbero soprattutto capire meglio i costi e benefici (49%), l’impatto sulla qualità della vita (51%), sugli equilibri di pace e stabilità (37%) e informazioni puntuali sui Paesi candidati (38%).

Entusiasmo diffuso nei Paesi candidati, Serbia esclusa

Mentre nell’Ue prevale un consenso prudente, nei Paesi candidati e potenziali candidati l’adesione continua a essere percepita come un traguardo cruciale. In Albania, il sostegno raggiunge il 91% e l’immagine positiva dell’Ue tocca l’82%. Simile l’entusiasmo in Macedonia del Nord (69%), Georgia (74%) e Ucraina (68%), dove l’ingresso viene visto come garanzia di stabilità, crescita e sicurezza in aree segnate da conflitti o tensioni geopolitiche.

La Serbia fa eccezione: solo il 33% dei cittadini sostiene l’adesione e appena il 38% ha un’opinione positiva dell’Ue. Qui prevale una narrativa nazionale in cui Bruxelles è spesso dipinta come vincolo piuttosto che come opportunità. Questa diffidenza rischia di rallentare l’intero percorso dei Balcani occidentali, dove il resto della regione mostra invece aspettative elevate.

Nel vicinato orientale le percezioni restano più fragili. In Moldova il 55% ha un’immagine positiva dell’Ue, in Georgia solo il 43%. Pur con livelli di sostegno più bassi rispetto ai Balcani, l’Unione resta percepita come un fattore esterno di modernizzazione, capace di imporre standard su stato di diritto, diritti fondamentali e governance economica.

In Turchia i numeri rivelano una polarizzazione: il 49,9% sostiene l’adesione, il 50,7% ha un’opinione positiva dell’Ue, ma solo il 40,6% si considera informato sul tema. Le barriere percepite rimandano a deficit nello stato di diritto, corruzione e mancanza di volontà politica.

Informare o perdere consenso: la sfida dell’Ue

Se c’è un dato che emerge con chiarezza da tutte le indagini è il deficit informativo. Il 67% degli europei ammette di non sentirsi ben informato sull’allargamento. In Italia la percentuale è ancora più marcata: solo il 28% dice di avere conoscenze sufficienti. Nei Paesi candidati la situazione non migliora: in Ucraina appena il 23% si sente ben informato, in Serbia il 20%.

La Commissione europea ha annunciato campagne di comunicazione più capillari e strumenti informativi più accessibili. Ma il problema non è solo di quantità di informazione, bensì di qualità. I cittadini chiedono soprattutto certezze: che i Paesi candidati rispettino lo stato di diritto, combattano la corruzione e tutelino i diritti fondamentali.

Il rischio principale è che il dibattito sull’allargamento venga assorbito da quello sull’immigrazione, tema che occupa la parte alta delle preoccupazioni in Italia e in diversi altri Paesi. Senza un discorso pubblico chiaro, la percezione rischia di ridursi a una questione di frontiere aperte o chiuse, oscurando gli aspetti economici e istituzionali che sono il cuore del processo.

Per Bruxelles la sfida è duplice: informare e convincere.

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