Scuola, lavoro, talenti: l’Ue punta sull'”Union of skills” per colmare il divario delle competenze

L'Ue lancia la "Union of Skills" per formare giovani, riqualificare lavoratori e attrarre talenti dall'estero
8 ore fa
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L’Europa ha un problema, e non è di poco conto: i suoi studenti e lavoratori non sono abbastanza preparati per affrontare le sfide del futuro. Non si tratta di una questione marginale, ma di un’emergenza che sta scavando un solco profondo nella competitività del continente. Il dato più preoccupante? Ben 18 milioni di studenti europei sono considerati “sotto-producenti”. In altre parole, le loro competenze non sono all’altezza degli standard richiesti dal mondo del lavoro e dalla società moderna. Ma c’è di più: un quindicenne su tre non riesce ad applicare la matematica nella vita quotidiana, e il 40% dei giovani non possiede competenze digitali di base. Numeri impietosi, che fanno capire come l’Europa rischi di restare indietro in un’era in cui la conoscenza e la tecnologia sono le chiavi del progresso.

E se a questo si aggiunge un altro fattore critico, l’invecchiamento della popolazione, il quadro diventa ancora più complesso. Entro il 2030, il numero di persone in età lavorativa sarà inferiore di 7 milioni rispetto a oggi. Meno lavoratori qualificati, meno innovazione, meno crescita: un circolo vizioso che può mettere a rischio la stabilità economica e sociale del continente. E allora, cosa fare? La Commissione europea ha deciso di rispondere con una strategia ambiziosa: nasce la “Union of Skills”, l’Unione delle Competenze.

“Union of Skills”: la ricetta della Commissione per un’Europa più preparata

Annunciata da Roxana Mînzatu, vicepresidente esecutiva per i diritti sociali e le competenze, l’Unione delle Competenze è la nuova strategia con cui Bruxelles intende affrontare il problema alla radice. Il piano si articola su diversi livelli, con l’obiettivo di formare i giovani, riqualificare i lavoratori e attrarre talenti dall’estero. Tra le misure più significative, spicca il “Basic Skill Support Scheme”, un programma pensato per aiutare gli studenti ad acquisire le competenze di base di cui hanno bisogno per affrontare il mondo del lavoro. E poi c’è la “Skills Guarantee”, una garanzia di aggiornamento continuo per quei lavoratori che rischiano di perdere il posto a causa della transizione tecnologica o delle ristrutturazioni aziendali.

Ma la Commissione sa bene che non basta migliorare le competenze interne: servono anche nuovi talenti, da tutto il mondo. Per questo, ha lanciato “Choose Europe”, un programma pilota con un budget di 22,5 milioni di euro pensato per attrarre studenti, ricercatori e professionisti extra-Ue. E per rendere il continente ancora più accogliente per chi ha le competenze giuste, Bruxelles punta su una nuova strategia per i visti e su un'”Eu Talent Pool”, una piattaforma per il reclutamento di lavoratori altamente qualificati. Insomma, la Commissione sembra avere le idee chiare. Ma basterà?

Obiettivi ambiziosi, ma realizzabili?

La roadmap dell’Unione delle Competenze prevede traguardi ben definiti entro il 2030. Il primo è ridurre la quota di studenti con scarsi risultati in alfabetizzazione, matematica, scienze e competenze digitali al di sotto del 15%. Allo stesso tempo, almeno il 15% degli studenti dovrà eccellere in queste discipline. Un obiettivo che suona ambizioso, considerando che oggi i dati sono ben più preoccupanti.

Particolare attenzione sarà riservata alle discipline Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), viste come il motore della crescita futura. Il piano della Commissione punta a far sì che almeno il 45% degli studenti dell’istruzione professionale media scelga percorsi Stem, con un’attenzione particolare all’inclusione femminile: almeno uno studente su quattro dovrà essere donna. Obiettivi simili riguardano anche l’università e i dottorati in ICT, con quote precise per incentivare una maggiore partecipazione delle donne in settori tradizionalmente dominati dagli uomini.

Tutto questo, però, richiederà un impegno coordinato da parte degli Stati membri, che dovranno attuare le politiche a livello nazionale e garantire il finanziamento dei programmi. A tal proposito, Bruxelles ha istituito un Osservatorio europeo per le competenze e un Board ad hoc per monitorare l’andamento delle misure adottate. La sfida principale, però, resta la frammentazione dei finanziamenti e delle strategie educative tra i vari Paesi. Ed è proprio su questo punto che si giocherà la partita decisiva.

La sfida dell’attrazione dei talenti

Se migliorare le competenze interne è una priorità, attirare talenti dall’estero è un’esigenza altrettanto cruciale. La Commissione lo sa bene e, con “Choose Europe”, vuole rendere il continente più appetibile per studenti e professionisti di alto livello. Ma in un mondo sempre più competitivo, l’Europa riesce davvero a essere attrattiva?

Negli ultimi anni, Paesi come Stati Uniti, Canada e Australia hanno potenziato le loro politiche di immigrazione qualificata, offrendo visti agevolati e incentivi economici a chi ha competenze richieste dal mercato. La Ue, invece, ha spesso faticato a rendere il proprio sistema abbastanza snello e competitivo. La nuova strategia sui visti e la creazione di una “Ee Talent Pool” potrebbero rappresentare un cambio di passo, ma tutto dipenderà dalla rapidità e dall’efficacia con cui queste misure verranno implementate. L’Europa può ancora giocare un ruolo di primo piano, ma deve dimostrare di essere capace di attrarre, formare e trattenere i migliori talenti. Il futuro della sua competitività dipenderà anche da questo.