In questi giorni, l’Appeals Centre Europe (Ace) inizierà a ricevere domande di gestione e risoluzione delle controversie da parte degli utenti di Facebook, TikTok e YouTube su problematiche relative a contenuti rimossi o lasciati in sospeso sulle medesime piattaforme. Eurofocus ha chiesto un commento a Giuseppe Vaciago, partner di 42 Law firm, e Claudia Caluori, counsel di Polimeni.Legal.
“L’Appeal Centre Europe (Ace)”, esordisce Vaciago, “è un organismo privato indipendente istituito in Irlanda per fornire agli utenti dell’Unione Europea un meccanismo imparziale di ricorso contro le decisioni di moderazione dei contenuti operate dalle piattaforme. Il centro nasce ai sensi del Digital Services Act (Dsa), il recente regolamento dell’Unione Europea che stabilisce obblighi ancora più rigorosi per le piattaforme digitali in tema di trasparenza e responsabilità. L’Ace, così come tutti gli organismi di risoluzione extra giudiziale delle controversie che si certificheranno nei diversi Paesi europei, è una prima risposta alla crescente esigenza di tutela dei diritti degli utenti nell’ecosistema digitale, in cui le piattaforme esercitano un potere significativo nella gestione di ciò che accade nei loro spazi virtuali”.
“Le controversie da sottoporre all’Ace”, prosegue Caluori, “riguardano al momento solo i contenuti, ma il DSA prevede anche la gestione di controversie relative alla violazione delle policy, aka termini e condizioni delle piattaforme, che riguardano ad esempio restrizioni dell’account, sospensioni delle campagne adv e violazione della proprietà intellettuale. Infatti, il Regolamento richiede alle piattaforme di fornire motivazioni chiare per le loro decisioni di moderazione e di offrire meccanismi efficaci di ricorso per gli utenti. I meccanismi Adr (per la risoluzione delle controversie alternativa al giudizio) rappresentano da questo punto di vista una nuova frontiera nel garantire il bilanciamento di diritti quali trasparenza, equità e responsabilità, promuovendo il diritto alla libertà di espressione e all’accesso all’informazione. Al contempo, organismi come l’Ace possono contribuire all’implementazione di standard comuni per le piattaforme, cercando di soppesare anche le necessità di regolamentazione con il rispetto della libertà di iniziativa economica, diritto fondamentale tutelato anche dalla nostra Costituzione”.
Secondo Vaciago, “gli organismi si pongono come enti complementari sia a tutela degli utenti che a supporto delle piattaforme le quali, fino ad oggi, non hanno gestito in maniera efficace il sistema di reclami e di controversie pur imposto da altri regolamenti europei, uno fra tutti il Regolamento Platform-2-business. L’obiettivo del Dsa è creare un ambiente digitale più sicuro e trasparente, in cui le decisioni di moderazione siano giustificate, comprensibili e, quando necessario, contestabili. Gli organismi Adr offrono una revisione esterna indipendente, oltre ai reclami interni che rimangono validi e il ricorso all’autorità giudiziaria”.
Aggiunge Caluori che “un elemento centrale nell’analisi del ruolo degli organismi Adr è il loro potere decisionale, che attualmente non è vincolante. Le decisioni sulle controversie hanno infatti carattere di raccomandazione, assimilabili -con le dovute differenze- alla proposta del mediatore nell’ambito di un procedimento di mediazione civile e commerciale. Le piattaforme non sono legalmente obbligate a conformarsi alle raccomandazioni, né gli utenti hanno l’obbligo di accettare l’esito della procedura. Questo aspetto può essere considerato un limite e, tuttavia, non è privo di risvolti pratici. Per espressa previsione del Dsa, gli organismi Adr riferiscono annualmente alle autorità di coordinamento nazionali sull’attività svolta indicando, nel rispetto della privacy, il numero di controversie ricevute, gli esiti, i tempi medi di risoluzione, e soprattutto le carenze e difficoltà riscontrate”.
Pertanto, nel medio-lungo termine le decisioni degli organismi esercitano un potere di moral suasion. In che modo? Spiega Caluori: “Possono contribuire, da un lato, a creare una pressione reputazionale sulle piattaforme, spingendole ad adottare standard più elevati di trasparenza per evitare critiche pubbliche (e sanzioni!). Dall’altro, questo esercizio condiviso tra piattaforme e organismi porterà anche a sviluppare una base di conoscenze partecipate sulle migliori pratiche di moderazione e intepretazione delle condizioni contrattuali. Anche se non vincolanti, le raccomandazioni dell’Ace e degli altri organimsmi possono diventare punti di riferimento per utenti, istituzioni e le stesse aziende”.
Conclude Vaciago: “L’istituzione dell’Ace segna un passo significativo verso un maggiore equilibrio tra le piattaforme digitali e gli utenti. In Italia siamo in attesa che i primi organismi siano certificati dall’Agcom e rendano disponibile il servizio, magari anche ampliando la portata per includere un numero maggiore di piattaforme, social media e marketplace, e tipologie di controversie. In un panorama digitale sempre più interconnesso, standard condivisi sono fondamentali per affrontare sfide a livello globale come la disinformazione e l’abuso online, favorendo un ambiente online più responsabile e sicuro”.