“Il ventunesimo secolo sarà il secolo dello spazio, il secolo delle nuove frontiere. Siamo all’inizio di una rivoluzione spaziale”. Con queste parole Andrius Kubilius, commissario europeo per la difesa e lo spazio, ha presentato ieri la nuova proposta di legge sullo Spazio della Commissione, lo Eu Space Act. Un pacchetto con molti obiettivi: favorire la crescita della Space Economy, aumentare la competitività europea, rafforzare la sicurezza, ridurre l’inquinamento e non da ultimo gestire il problema dei detriti spaziali (debris).
“Molto presto lo spazio diventerà immenso, con un enorme potenziale economico”, ha proseguito Kubilius. Per questo, per la Commissione il settore è una priorità, sulla scia anche del Rapporto Draghi sulla Competitività, del Rapporto Letta sul mercato unico e della Bussola sulla Competitività.
L’attuale frammentazione delle regole spaziali europee, che riflettono i molteplici approcci nazionali, frenano l’innovazione, riducono la quota di mercato europea e creano costi aggiuntivi, spiega l’esecutivo Ue. Da qui, la necessità di armonizzare le normative in modo da avere un mercato unico più efficiente e sicuro.
Sicurezza, Resilienza e Sostenibilità: i tre pilastri dell’EU Space Act
La proposta di legge sullo Spazio si basa su tre pilastri: Sicurezza, Resilienza e Sostenibilità.
Sicurezza
Per quanto riguarda la Sicurezza: lo spazio sta diventando sempre più congestionato, con 11mila satelliti attualmente in orbita e altri 50mila previsti per il prossimo decennio, e con oltre 128 milioni di detriti in circolazione. Una situazione che aumenta enormemente il rischio di collisioni e di scontri a cascata che potrebbero danneggiare i satelliti, interrompere le comunicazioni, la navigazione e altri servizi vitali.
Lo EU Space Act introduce dunque misure per migliorare il tracciamento degli oggetti spaziali e limitare i nuovi detriti, oltre a requisiti per lo smaltimento sicuro dei satelliti al termine della loro vita operativa. “I satelliti devono deorbitare dopo 25 anni, un anno se si trovano in un’orbita terrestre molto bassa”, ha precisato Kubiulis a tal proposito.
La proposta prevede poi procedure di autorizzazione e registrazione per gli operatori spaziali, con annesso database, regole per evitare collisioni e norme per il traffico orbitale e il rientro. Le mega e giga costellazioni, ovvero le reti composte rispettivamente da almeno 100 e 1.000 veicoli spaziali, devono rispettare ulteriori indicazioni per coordinare il traffico orbitale.
Resilienza
Ma la sicurezza si declina anche in termini di difesa perché, come ha detto il commissario a gennaio durante la 17ma European Space Conference, “non può esserci difesa senza lo spazio”.
Il secondo pilastro perciò è la Resilienza: lo spazio infatti sta diventando sempre più conteso, con le infrastrutture spaziali che affrontano minacce crescenti, dai cyberattacchi alle interferenze elettroniche, che prendono di mira satelliti, stazioni terrestri e collegamenti di comunicazione.
Lo Space Act richiederà pertanto a tutti gli operatori spaziali di condurre valutazioni approfondite dei rischi durante l’intero ciclo di vita di un satellite, applicando norme sulla sicurezza informatica, sulla gestione del rischio delle missioni spaziali e sulla segnalazione degli incidenti.
Sostenibilità
Il terzo pilastro riguarda invece la Sostenibilità: con la crescita delle attività spaziali, diventa vitale gestire risorse, emissioni di CO2 e detriti attraverso regole comuni, anche attraverso il loro monitoraggio. La normativa propone “un metodo per calcolare l’impatto ambientale delle attività spaziali e un database condiviso per le valutazioni degli impatti”.
A chi si applicheranno le nuove norme e da quando
Il pacchetto prevede sanzioni che arrivano al doppio dei profitti conseguiti o delle perdite evitate a seguito della violazione oppure, se tali importi non possono essere determinati, fino al 2% del fatturato annuo totale mondiale.
La proposta ora passerà al Consiglio dell’Ue e al Parlamento europeo. Una volta approvata, entrerà in vigore dal 2030. A quel punto, le nuove regole si applicheranno sia agli asset spaziali dell’Ue e degli Stati membri, sia agli operatori non europei che offrono servizi in Europa. Saranno esclusi dalla legge i satelliti utilizzati esclusivamente per la difesa o la sicurezza nazionale.
La Visione per l’economia spaziale europea
Insieme allo Space Act, la Commissione ha presentato anche una Visione per l’economia spaziale europea, “volta a far sì che l’Ue diventi un leader mondiale nell’economia spaziale entro il 2050“. Oltre 40 le azioni previste, tra cui la creazione di strumenti di finanziamento per startup e crescita, una piattaforma di approvvigionamento per opportunità non europee e una metodologia dedicata per monitorare la competitività dell’Ue nello spazio a partire dal 2025.
La corsa allo Spazio
L’orbita terrestre bassa (LEO) è sempre più contesa, perché è quella da dove è possibile stabilire connessioni di telecomunicazione più potenti. A prezzo però di disporre di un maggior numero di satelliti. Di conseguenza, Amazon e altre aziende in tutto il mondo stanno pianificando costellazioni che vanno da 3mila a 13mila satelliti, mentre la rete Starlink di Elon Musk può già contare su 7.578 satelliti e punta a piazzarne 30mila entro tre anni.
“Nei prossimi dieci anni verranno lanciati circa 50mila nuovi satelliti. Avremo quindi cinque volte più satelliti attivi di quelli attuali. Lo Spazio sta diventando sovraffollato. Lo stesso vale per i detriti spaziali: ci sono 140 milioni di detriti spaziali”, ha avvisato Kubilius, spiegando che dunque “è giunto il momento di stabilire regole stradali e di sicurezza nello spazio. Come 100 anni fa è stato fatto con il traffico sulle strade terrestri”.
I debris: un problema ambientale, economico e geopolitico
I detriti orbitali non sono solo un problema ingegneristico, ma costituiscono allo stesso tempo un rischio ambientale, economico e geopolitico. Attualmente, circa 40mila oggetti tracciati orbitano attorno alla Terra, mentre l’Esa (Agenzia Spaziale Europea) stima che siano più di 1,2 milioni i pezzi più grandi di 1 cm. Solo nel 2024 almeno 3mila nuovi frammenti di detriti sono stati creati da frantumazioni. Senza contare i debris non tracciati, secondo le stime oltre 128 milioni.
“Lassù sta iniziando a sembrare una giungla“, ha detto ai giornalisti l’europarlamentare liberale francese Christophe Grudler.
Il risultato è che il rischio collisione è altissimo, tanto che la stessa SpaceX ha dichiarato che in sei mesi sono state necessarie oltre 55mila operazioni anticollisione.
“Anche un pezzo delle dimensioni di una pallina da ping pong può causare una distruzione massiccia”, ha evidenziato Kubiulius, avvisando che si potrebbe anche verificare “uno scenario apocalittico: una cascata di collisioni chiamata ‘effetto Kessler’, una sorta di valanga spaziale”.
C’è poi un problema di inquinamento: secondo i dati dell’associazione scientifica non profit Agu, nel 2022 sono state rilasciate nell’atmosfera dai satelliti in caduta, in fiamme, 17 tonnellate metriche (18,7 tonnellate USA) di nanoparticelle di ossido di alluminio. E le mega costellazioni potrebbero far impennare a dismisura questo tipo di inquinamento. Come se non bastasse, l’allumina prodotta potrebbe aumentare il riscaldamento globale e ritardare il recupero del buco dell’ozono previsto dal Protocollo di Montreal.
Senza veri concorrenti: SpaceX di Elon Musk
Lo spazio, come altri dossier, è diventato urgente per l’Europa, che si trova molto indietro rispetto ai suoi competitor e a un privato: il già citato Musk, proprietario di Starlink, l’unico ad avere una rete di satelliti in orbita bassa che possa garantire comunicazioni capillari e affidabili. Un ritardo, quello europeo, che sfocia in un problema di sicurezza: mettere le proprie comunicazioni in mano a terzi, e in particolare a un privato, significa essere alla loro mercé. Se poi il privato ha anche una propria agenda politica, il rischio è insostenibile. Lo ha dimostrato proprio il miliardario sudafricano lo scorso inverno, minacciando l’Ucraina di spegnere i satelliti, cosa che di fatto avrebbe impedito di portare avanti la guerra contro la Russia.
Al momento però la ‘lotta’ sembra impari: l’Unione prevede di inviare 290 satelliti entro il 2030, mentre Starlink, come abbiamo visto, ne ha già oltre 7500 e punta ai 30mila. Senza contare che Musk gode di una vantaggiosissima rendita di posizione: ovvero i suoi satelliti sono già su, mentre quelli europei faticheranno a trovare posto.
Inoltre, per “restare nel gioco delle grandi potenze internazionali”, come ha detto il presidente francese Emmanuel Macron, occorre investire. Alcuni europarlamentari hanno chiesto di destinare al settore “un bilancio chiaramente vincolato di almeno 60 miliardi di euro“. Il governo d’oltralpe, la scorsa settimana, ha stanziato 1,35 miliardi di euro per Eutelsat, azienda franco-britannica unica vera rivale europea di Starlink, diventandone il principale azionista con quasi il 30% delle quote.
Intanto lo ‘Space Act’ italiano è legge
Intanto, proprio ieri, terminati i 15 gg di pubblicità in Gazzetta Ufficiale dopo l’approvazione in Parlamento, lo Space Act italiano è entrato in vigore, battendo sul tempo l’Unione europea.
In sintesi, la nuova normativa promuove gli investimenti nella Space Economy da parte di privati, prevede l’obbligo di ottenere l’autorizzazione ad operare da Palazzo Chigi o dal Ministero delle imprese e del made in Italy tramite l’Asi (Agenzia Spaziale Italiana), e di stipulare un’assicurazione per eventuali danni. Inoltre istituisce un registro apposito per immatricolare gli oggetti spaziali lanciati in Italia.
Proprio l’eventuale contrasto con le norme europee, che si sapevano essere in cantiere, è una delle critiche che ha accompagnato la gestazione della legge italiana, accusata anche di aprire le braccia, e soprattutto i cieli, a Musk e alla sua poca affidabilità.
Kubilius dal canto suo ha garantito che “non ci saranno nuove formalità burocratiche”, e che “come in precedenza, saranno gli Stati membri ad autorizzare e approvare le attività spaziali”. Quello che cambia, ha evidenziato, è che “le autorizzazioni rilasciate da uno Stato membro saranno riconosciute in tutta l’Unione Europea”.