“Andiamo piano senza un piano”? L’Europa e la sfida dell’Intelligenza Artificiale spiegate dall’esperta

I problemi sono tanti, come ha spiegato Emanuela Girardi di Pop AI durante l'AI Fest di Milano. Ma l'esperta non è pessimista: "Stiamo vivendo uno dei momenti migliori per la tecnologia"
16 ore fa
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Emanuela Girardi, fondatrice e presidente di Pop AI
Emanuela Girardi, fondatrice e presidente di Pop AI (Adnkronos)

Andiamo piano senza un piano”. Questa un po’ la sintesi della situazione in Europa per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, spiegata da Emanuela Girardi, fondatrice e presidente di Pop AI, un’associazione no-profit che rende l’intelligenza artificiale accessibile e comprensibile a tutti, durante il talk “L’AI dopo il vertice di Parigi” che si è svolto nella cornice dell’AI Fest a Milano il 26 e 27 febbraio.

L’esperta non è pessimista: “Stiamo vivendo uno dei momenti migliori in assoluto per la tecnologia, ci sono possibilità in tutti i campi”. Ma ci sono diversi punti critici, o se vogliamo possiamo considerarli ‘margini di miglioramento’, su cui l’Europa può e deve lavorare.

Quanti soldi?

Il primo di cui Girardi ha parlato è quello economico: mentre finora l’Ue metteva in campo “investimenti medi sui 2-3-5 milioni di euro, Anthropic ragiona sull’ordine dei miliardi”, così come la Bank of China che ha annunciato fondi per 130 mld. Insomma, ha sottolineato l’esperta: “Non possiamo fare confronti”.

Va detto che se prima di Trump gli investimenti in AI previsti dall’Europa dovevano essere 20-30 miliardi, indubbiamente l’approccio aggressivo del nuovo presidente Usa ha dato una scossa al blocco. La Commissione dunque ha presentato un piano da 200 mld, “di cui 50 dalla Commissione stessa (sembra vengano da Digital Horizon, quindi non nuovi, quelli nuovi dovrebbero essere 20 mld per le 4 gigafactory da 100 CPU) e 150 in partnership pubblico-privato, non si sa entro quando”.

Due giorni prima, la Francia aveva annunciato che mobiliterà 109 mld di euro, “50 da un fondo privato ma tutto il resto ci sarà”.

E se ora i fondi sono quanto meno previsti, è “la fase di esecuzione che ci frega sempre: c’è incapacità di metterci a sistema e fare progetti davvero europei”, ha sottolineato Girardi.

Troppa regolamentazione

Un secondo problema è la regolamentazione, sempre più criticata da più parti perché eccessiva e considerata un freno all’innovazione. Girardi ha portato ad esempio la normativa di punta dell’Unione europea in materia, l’AI Act, dove inizialmente non erano stati inseriti gli LLM, all’epoca ancora non esplosi. Gli LLM sono stati quindi inseriti in fase di finalizzazione, come un quinto livello di rischio sistemico.

Intanto la Commissione aveva dato mandato per definire un Code of Practice, ovvero un insieme di regole pratiche che le aziende dovrebbero seguire per essere conformi all’AI Act. A causa del poco tempo a disposizione, nei gruppi di lavoro tuttavia erano predominanti persone a favore di politiche restrittive. Il risultato, è che “i requisiti spesso vanno oltre quelli chiesti dall’AI Act” stesso.

In sostanza, ha sottolineato l’esperta, siamo ancora in “una fase primordiale di sviluppo di queste regole”.

Dopo Parigi, sono successe alcune cose: un terzo draft per il Code of Practice su cui si sta lavorando dovrebbe essere aggiustato, è stata ritirata la normativa sulla liability, e Henna Virkkunen, vice commissaria responsabile per la sovranità, la sicurezza e la democrazia nel settore tecnologico, ha detto che l’approccio deve essere nuovo e passare per un mercato europeo digitale.

La situazione attuale infatti è complessa: “Una start up sul mercato europeo si trova davanti 27 legislazioni”. Girardi è favorevole a quanto proposto dal Enrico Letta, che nel suo Rapporto sulla competitività aveva parlato della necessità di realizzare un ‘ventottesimo Stato’, quindi una normativa comune in modo che chi entra nel mercato europeo sappia cosa aspettarsi e a cosa fare riferimento.

Insomma, a volte una cattiva legge può essere meglio di nessuna, ha affermato Girardi.

Alla ricerca di una visione

I problemi per l’Unione europea non finiscono qua. “Manca una visione”, ha continuato l’esperta. “Di grandi progetti per AI non ce ne sono molti, le aziende europee usano i modelli Usa”. E questo è un problema, sia di dipendenza sia perché gli Stati Uniti “non rispettano nessuno dei criteri che l’Ue ha messo per l’AI”.

Invece per l’AI generativa l’Europa dovrebbe puntare maggiormente sul francese Mistral o sul finlandese Silo AI, che oltretutto “sono addestrati su dati europei e sono conformi all’AI Act”. Inoltre, nascono multilingue e multiculturali nell’ambito europeo.

L’italiano Vitruvian

E l’Italia? Da noi (ma non sui giornali esteri, ha precisato Girardi) si parlato molto ultimamente di Vitruvian, che secondo l’esperta “non deve essere comparato con i grandi modelli” e che “potrebbe essere una via specialmente per le applicazioni industriali”, un ambito dove siamo indietro.

AI e democrazia

Ultimo capitolo, anch’esso attualissimo: AI e democrazia. L’Intelligenza artificiale può giocare a favore dei dittatori, ha evidenziato Girardi, ma anche contro. L’esperta ha citato un talk dell’AI Summit di Parigi, durante il quale Audrey Tang, ministra digitale di Taiwan, ha spiegato come a Taipei da “15 anni sviluppino programmi per contrastare polarizzazione e deepfake”. In sostanza, “hanno un programma che inizia all’asilo per insegnare come usare i sistemi in modo consapevole: danno un metodo per creare una coscienza critica”. Sullo stesso solco, in Francia la ministra dell’educazione ha annunciato da settembre l’insegnamento dell’AI a scuola.

Al talk di Parigi citato da Girardi ha partecipato anche Svetlana Tikhanovskaja, leader dell’opposizione al dittatore bielororusso Lukashenko, che ha riportato l’esperienza del suo Paese, dove l’AI è stata impiegata per sviluppare “candidati virtuali per eliminare il rischio di essere messi in prigione. Inoltre dato che erano addestrati sui programmi e i cittadini potevano fare domande (senza timori di ritorsioni) e dunque erano molto utili per fare campagna elettorale”.

Infine, ha concluso Girardi, l’Europa sta lavorando a un ‘Democratic Shield’, uno ‘Scudo per la democrazia’, con l’obiettivo di proteggere le elezioni europee. Verrà presentato in autunno.

Insomma, ci sono problemi ma ci sono anche le soluzioni, e l’AI, e questo è un po’ uno dei messaggi emersi dall’AI Fest, può essere gli uni ma anche le altre.