Rendere l’Italia autonoma e indipendente nel settore cibernetico sarà strategico per garantire la sicurezza del nostro Paese e dell’Unione europea nel nuovo panorama geopolitico internazionale. A ribadirlo con forza è Bruno Frattasi, direttore generale dell’Agenzia per la Cybersicurezza nazionale (Acn) che spiega a Eurofocus Adnkronos come raggiungere questo traguardo, nell’ambito della terza edizione del Forum Cyber 4.0, una due giorni all’Università degli Studi Roma Tre dedicata al tema.
“La Cybersicurezza è un fattore abilitante – spiega il direttore Frattasi -. Ogni altra dimensione della sicurezza finisce per dipendere dalla qualità della stessa che riusciamo a garantire a vantaggio e a beneficio delle nostre infrastrutture, delle nostre reti e dei nostri sistemi che governano il Paese, in settori strategici: dalle comunicazioni alle banche, ai trasporti e all’energia”.
“Il suo futuro – ha aggiunto Frattasi – è legato allo sviluppo e alla capacità dell’Italia e dell’Ue di raggiungere autonomia e indipendenza, in maniera che la postura della sicurezza cibernetica, anche in Italia, venga sempre meno a dipendere da fattori di dipendenza esterna. Questi fattori di dipendenza li abbiamo visti in epoca pandemica: le catene di approvvigionamento, che avevano portato ad una certa delocalizzazione delle produzioni, avevano finito con il rappresentare una forte criticità. Se ciò lo trasportiamo anche nell’ambito cyber si ottiene un esempio di come possano essere critiche, in determinati frangenti e momenti storici, le catene di approvvigionamento e di supply chain”.
Cosa fare? “Dobbiamo lavorare per rendere sempre più autonoma l’Europa e l’Italia nel sistema di sovranismo digitale. Centrale è il tema dello sviluppo delle tecnologie innovative che deve vedere una sensibile capacità di porsi in Italia e in Europa con un’altrettanta postura dialogante, ma che allo stesso tempo che sappia anche affrontare il confronto a testa alta con le grandi potenze mondiali, in particolare con Stati Uniti e Cina“, ha continuato il direttore dell’Acn.
In questo senso, sono l’Ai Act e il disegno di legge che il governo sta approvando sulla scia del regolamento europeo che “vanno in questa direzione – ha concluso Frattasi -: cercare di dare voce all’Europa e in questo caso all’Italia, in un settore che oggi è eponimo di quello delle tecnologie, come quello dell’Intelligenza artificiale è essenziale”.
Acn: “Necessario produrre forza lavoro competente”
A spiegare il ruolo e il lavoro attualmente in corso svolto dall’Agenzia per la Cybersicurezza nazionale è Luca Nicoletti, direttore del Servizio programmi industriali, tecnologici di ricerca e formazione, che si è detto preoccupato per i risultati ottenuti dal questionario d’autovalutazione che da tre anni “portiamo avanti con Confindustria e che è rivolto alle piccole e medie imprese italiane”. “In questi primi anni non vediamo segnali di cambiamento – ha spiegato Nicoletti -. Più piccole sono le aziende meno sono consapevoli della necessità di dotarsi di sistemi di cybersicurezza. Sono oltre 4 milioni le imprese italiane, ma non altrettanti i tecnici e gli esperti di settore. Bisogna chiedersi, a questo punto, se vogliamo essere autonomi o usare servizi statunitensi: questo ci espone a dipendenza tecnologica e ne vedremo le conseguenze con i dazi imposti dagli Usa”.
Per Nicoletti, infatti, “è fondamentale allargare la capacità di produrre forza lavoro specializzata sul campo. Sia tramite le università sia con percorsi meno qualificanti ma che producano competenze in materia. C’è l’esigenza di erogare servizi a queste piccole e medie imprese. Bisogna ragionare in termini di sistemi”.
Agostino Sperandeo, capo divisione Strategia e politiche di Cybersicurezza nazionale dell’Acn ha aggiunto quanto la Strategia realizzata dall’Agenzia si sia configurata negli anni come uno strumento di governo vero e proprio. “La Strategia è riuscita a dare strumenti di governo e di valutazione delle 82 misure di implementazione. Più di un miliardo di euro – tra finanziamenti pubblici e quelli provenienti dal Pnrr – per la pubblica amministrazione negli ultimi tre anni ci fanno ben sperare: oltre il 90% delle misure è stato attuato. I progetti che danno attuazione a queste misure sono di natura diversissima, dalla formazione dei dipendenti della Pubblica amministrazione, fino a borse di studio per l’Università o, ancora, progetti regionali, ad esempio”.
L’importanza della formazione e dei finanziamenti in cybersicurezza
Investire in formazione con i giusti finanziamenti. Questa la sintesi sul cui ruolo si sono espressi Eva Spina, capo Dipartimento per il digitale, la connettività e le nuove tecnologie del ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) e Raffaele Spallone, dirigente Divisione II – Politiche per la digitalizzazione delle imprese, innovazione e analisi dei settori produttivi del Mimit.
“Pubblico e privato devono cooperare nell’ambito degli strumenti che siamo chiamati a sviluppare per far sì che l’Italia possa essere competitiva a livello internazionale – ha sottolineato Spina -. Noi tutti non siamo chiamati solo a rispondere ad obblighi burocratici, ma dobbiamo elevare il livello di sicurezza che garantisca competitività”.
Spallone, inoltre, ha riportato un dato importante derivante dal Rapporto competitività Istat 2024: “L’85% delle nostre piccole e medie imprese non ha adottato soluzioni per proteggersi dagli attacchi cyber. Credo sia un dato allarmante. Le tecnologie abilitanti, quelle di frontiera, come Ai e big data, sono adottate da non più del 5% delle nostre Pmi. Non è un obbligo competere, è una necessità. Per ottenere questo risultato è necessario che diventino più sostenibili e più digitali. Gli investimenti pubblici in questo campo assumono, perciò, ruolo centrale”.
E ha aggiunto: “In un Paese come il nostro, a crescita demografica piatta, l’unica occasione è quella di investire nel capitale umano, per evitare la desertificazione industriale dell’Italia. Parliamo di Pmi con meno di 10 unità e spesso a conduzione familiare. Senza il nostro supporto non potrebbero sopravvivere”.