Preservare i fondamentali del quadro normativo europeo sulla finanza sostenibile. Lo chiedono 198 organizzazioni, tra cui oltre 150 aziende e investitori, attraverso una dichiarazione congiunta rivolta ai decisori politici dell’Ue. L’esortazione, coordinata dal Forum europeo per gli investimenti sostenibili (Eurosif) e da altre sigle (Iigcc, Pri, Clg Europe, Gri, E3G), vede tra i firmatari anche Allianz, la società madre di Ikea, Ingka Group, la compagnia energetica francese Edf, la multinazionale olandese Signify e il gigante finlandese delle telecomunicazioni Nokia, nonché Vattenfall, Nordea, La Banque Postale Asset Management e Triodos Bank.
Mantenere gli elementi centrali delle due direttive ‘verdi’ Csrd e Csddd
L’appello nasce in risposta alle possibili modifiche alla Direttiva sui rapporti di sostenibilità aziendale (Corporate Sustainability Reporting Directive, Csrd) e alla Direttiva sulla due diligence di sostenibilità aziendale (Corporate Sustainability Due Diligence Directive, Csddd), attualmente allo studio di Europarlamento e Consiglio. Le correzioni infatti andrebbero nella direzione di indebolire ulteriormente le regole di rendicontazione ‘verde’ rispetto alla prima proposta di semplificazione normativa (Omnibus I) presentata a febbraio dalla Commissione.
La necessità di ‘sburocratizzare’ le normative europee è diventata sempre più impellente e condivisa negli ultimi mesi – vedi anche i rapporti Draghi e Letta -. Ma in questo caso, secondo i firmatari della dichiarazione congiunta, è essenziale mantenere gli elementi centrali delle due direttive ‘verdi’, se si vuole riorientare i flussi di capitale verso tecnologie e settori del futuro, in linea con gli obiettivi del Clean Industrial Deal.
Cosa chiedono le aziende firmatarie
Nello specifico, le modifiche di cui si discute prevedono di limitare il requisito Csrd per i rapporti di sostenibilità alle aziende con più di 1.000 dipendenti e 450 milioni di euro di fatturato netto, cosa che ridurrebbe il numero delle aziende europee coinvolte a solo 11.700 rispetto alle iniziali 43mila. Inoltre l’Eurocamera sta considerando di alzare la soglia alle aziende con oltre 3mila dipendenti, il che lascerebbe solo 3mila aziende nell’ambito di applicazione delle norme. Infine, il Consiglio intende riservare l’onere di condurre due diligence per abusi ambientali e diritti umani solo alle aziende sopra i 5.000 dipendenti e 1,5 miliardi di fatturato, anche qui andando a restringere notevolmente il campo.
La dichiarazione congiunta chiede invece di salvaguardare elementi chiave, tra i quali la rendicontazione della doppia materialità su tutti i temi ambientali, sociali e di governance, un raggio di applicazione della Csrd che copra le aziende con oltre 500 dipendenti, flessibilità nello scambio di informazioni della catena del valore, il requisito di adottare e implementare piani di transizione climatica credibili e la due diligence basata sul rischio sotto la Csddd.
“Queste regole favoriscono competitività e crescita”
“Promuovendo trasparenza e condotta aziendale responsabile, queste regole favoriscono competitività e crescita, oltre alla creazione di valore a lungo termine e ai conseguenti rendimenti per gli investitori. Le aziende che implementano le regole di sostenibilità dell’Ue hanno maggiori probabilità di essere più resilienti e più capaci di comunicare questi fattori agli investitori e ad altri stakeholder finanziari”, evidenzia la dichiarazione, avvertendo che aziende e investitori “hanno bisogno di un ambiente politico chiaro e stabile per contribuire agli obiettivi dell’Ue per un’economia competitiva e sostenibile”.
Il think tank Ceps: “C’è troppa rendicontazione legata alla sostenibilità”
Ma se tutti sono d’accordo sul fatto che occorra una semplificazione mirata che garantisca efficienza ed efficacia delle regole Ue, non tutti la pensano allo stesso modo per quanto riguarda la competitività. Ad esempio, un’analisi del think tank Ceps, svolta per l’Europarlamento, è decisa nell’affermare che c’è troppa rendicontazione legata alla sostenibilità, e che dunque la normativa in materia “deve essere ricalibrata con urgenza”. Il problema riguarda le lungaggini e i costi che vengono messi in capo alle aziende, soprattutto quelle più piccole: un tema sul cui altare si è consumato già il ritiro della direttiva Green Claims la scorsa settimana, con potenziali conseguenze anche sulla tenuta della Commissione von der Leyen.
Anche il pacchetto Omnibus I, che punta proprio alla semplificazione delle norme europee in materia di obblighi Esg, non sarebbe all’altezza del compito, secondo Ceps, perché si concentra troppo sulla riduzione del numero di società coinvolte o sulla frequenza delle rendicontazioni, “trascurando la sfida più profonda, vale a dire la natura cumulativa e interdipendente degli obblighi che (le normative, ndr) impongono nella pratica”.
Un unico sistema di due diligence per soddisfare tutti e tre i quadri
Il pacchetto Omnibus, spiega il think tank, vorrebbe eliminare sovrapposizioni tra Csrd, Csddd e Tassonomia, ma in realtà le tre normative si occupano di cose diverse: il primo degli obblighi informativi, il secondo di quelli comportamentali e il terzo dei criteri di classificazione. Perciò, sottolinea Ceps, la questione diventa piuttosto quella della convergenza operativa delle richieste: le aziende spesso sfruttano gli stessi dati, processi e sistemi per ottemperare a più normative. Ma questo aspetto non è adeguatamente trattato nell’Omnibus, col rischio di ignorare i costi-opportunità del medio e lungo periodo e di mandare all’aria i vantaggi di una migliore integrazione dei quadri normativi esistenti. Basti pensare che molte aziende, sottolinea l’analisi Ceps citando un recente sondaggio di PwC, vedono Csrd come un catalizzatore per la trasformazione aziendale, non solo un onere di conformità.
Dunque, conclude il centro studi, la Commissione dovrebbe rimettere mano urgentemente al pacchetto Omnibus, nell’ottica di un migliore coordinamento tra Csrd, Csddd e tassonomia, in modo che le imprese siano in grado di utilizzare un unico sistema di due diligence per soddisfare tutti e tre i quadri.
Infine, l’Ue dovrebbe sviluppare un’agenda di semplificazione a più lungo termine: una normativa di sostenibilità unificata, basata sulla coerenza e la chiarezza, servirà a prendere due piccioni con una fava: transizione verde e competitività.