Dopo gli agricoltori, gli allevatori. Ieri si sono scatenate le proteste dei produttori di latte davanti alle istituzioni dell’Unione europea, a Bruxelles. Un centinaio di persone hanno sfilato tra la sede dell’Europarlamento e quella della Commissione con tanto di mucche finte dipinte con i colori delle bandiere dei Paesi europei. “Il latte onesto” si legge su una finta mucca tricolore.
I produttori chiedono una legge sui prezzi dei prodotti caseari che vieti la vendita dei prodotti caseari a prezzi inferiori rispetto ai costi di produzione su tutto il territorio europeo.
Sembra una richiesta ovvia, ma i numeri certificano che non è così.
Quanto costa produrre un litro di latte
Oggi in media nei Paesi europei un litro di latte viene pagato in media 40 centesimi, ma ne costa 50 a chi lo munge, come spiega a Euronews Kjartan Poulsen, presidente dell’European Milk Board, un’associazione che raggruppa le organizzazioni nazionali del settore.
Ma quanto ci perdono i produttori italiani?
I costi di produzione variano di Paese in Paese e in Italia il divario tra costi di produzione e prezzo di vendita è persino maggiore della media europea. Lo spiega Roberto Cavaliere, rappresentante del settore lattiero-caseario del sindacato Copagri, e presidente dell’associazione dei produttori di latte della Pianura Padana: in media, un’azienda italiana spende 60-65 centesimi per produrre un litro di latte, ma lo rivende a 50 centesimi.
Una crisi che Cavaliere sintetizza con dei numeri eloquenti: “Nel 1997 c’erano 110mila produttori di latte in Italia, nel 2023 18mila. Hanno chiuso quasi 90mila aziende”.
Per il sindacalista, le uniche aziende del settore che riescono a sopravvivere sono quelle che utilizzano la manodopera familiare, che tagliano sui costi di produzione. Si tratta comunque di una sopravvivenza fittizia, dato che per restare a galla le aziende non pagano i collaboratori.
Produttori e agricoltori
I produttori di latte hanno affermato di avere un dialogo aperto con il commissario europeo all’Agricoltura Janusz Wojciechowski e vogliono aumentare la pressione in vista delle elezioni europee di giugno.
L’obiettivo è ottenere degli aggiustamenti della normativa, come avvenuto per gli agricoltori con la Pac (ne abbiamo parlato con il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio).
“Chiediamo un prezzo giusto, perché i prezzi riconosciuti ai produttori negli ultimi venticinque anni non hanno mai coperto i costi di produzione”, dice Cavaliere spiegando le proteste dei produttori di latte a Bruxelles.
“Il nostro modello – riferisce Poulsen – è una legge spagnola sulle pratiche commerciali sleali, secondo cui è vietato vendere prodotti sottocosto in tutte le fasi della catena di acquisto. Quindi, per quanto riguarda il di latte, nel passaggio dall’allevatore al caseificio e dal caseificio alla vendita al dettaglio”.
La posizione dei produttori di latte
Rispetto alle proteste degli agricoltori, i produttori di latte non hanno nel mirino il Green Deal tout court. C’è però un aspetto in comune con le proteste degli agricoltori: analogamente a quanto richiesto dalla protesta dei trattori per il grano, anche gli allevatori chiedono all’Ue di inserire delle clausole per assicurare che il latte importato in Unione rispetti i requisiti ambientali pretesi dai produttori locali.
Cavaliere comunque chiede di cancellare il programma “Farm to Fork”, la branca del Green Deal dedicata al settore agricolo. “Le misure per la salvaguardia dell’ambiente sono vecchie: cioè sono state create su dati e concetti di vent’anni fa, che oggi non sono più attuabili”.
Un’obsolescenza dimostrata, per il sindacalista, dalla “direttiva nitrati” che impone di proteggere le acque dall’inquinamento causato dai nitrati di origine agricola, contenuti nei fertilizzanti e nelle feci degli animali: “Cinque anni fa è stato dimostrato che non erano i concimi organici nei terreni a incidere sull’inquinamento delle falde, ma il fatto che l’80% dei Comuni italiani non aveva la gestione delle acque reflue”, conclude Cavaliere.
Negli occhi degli italiani sono ancora nitide le immagini dei pastori sardi che, nel febbraio 2019, gettavano litri e litri di latte per le strade denunciando lo scarso valore riconosciuto al prodotto. In ventisei finirono a giudizio per aver bloccato nel 2019 la strada statale 131 Dcn nel Nuorese, ma a marzo il tribunale ha riconosciuto che la presenza di bidoni del latte non era finalizzata a bloccare i veicoli. Recentemente, altri sei pastori sono stati assolti per le proteste del latte a Porto Torres, mentre per diciassette è scattato il rinvio a giudizio.
A distanza di cinque anni, le proteste dei produttori di latte arrivano a Bruxelles, forti delle (parziali) conquiste ottenute dagli agricoltori sulla Politica agricola comune. Si troverà un accordo o vedremo di nuovo bidoni di latte versati in strada?