Stop allo sfruttamento dei rider, ok alla direttiva sui lavoratori delle piattaforme digitali

Storico accordo raggiunto al Consiglio Ue Ambiente di Lussemburgo: per rider e affini ci sarà la presunzione legale di occupazione
1 mese fa
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Rider
Un rider mentre lavora_Canva

Nuove norme per i rider dopo un lungo tira e molla e qualche compromesso. I Paesi Ue hanno dato il via libera alla direttiva sui diritti dei lavoratori delle piattaforme digitali, lavoratori dipendenti di fatto, ma non di diritto. Almeno finora.

Il Consiglio Ue Ambiente di Lussemburgo ha confermato l’accordo raggiunto con gli Stati membri l’11 marzo 2024 sulle nuove norme per migliorare le condizioni delle persone che lavorano per le piattaforme online, intervenendo sull’uso dei sistemi di algoritmi sul posto di lavoro. Tutti favorevoli, nessun contrario, astenuta solo la Germania.

Cosa cambia ora per i rider

La più grande novità consiste nel fatto che nessun lavoratore potrà essere licenziato da un sistema automatico perché le decisioni più importanti elaborate da queste piattaforme dovranno essere controllate da un essere umano.

Ora non funziona così. Nella quasi totalità dei casi, le società proprietarie delle app considerano questi lavoratori come autonomi a partita Iva, ma con paghe bassissime: rider e affini non hanno diritto alle ferie, alla malattia, alla maternità e non sono tutelati in caso di licenziamento ingiusto. Da qui, la proposta di direttiva è presentata dalla Commissione europea a dicembre del 2021.

Le nuove norme europee adottate oggi dal Consiglio Ue mirano a migliorare le condizioni di lavoro per gli oltre 28 milioni di persone che lavorano nelle piattaforme di lavoro digitali in tutta l’Europa. Il Consiglio scrive che la direttiva sul lavoro tramite piattaforma renderà “più trasparente l’uso di algoritmi nella gestione delle risorse umane”, garantendo che i sistemi automatizzati siano monitorati da personale qualificato e che i lavoratori abbiano il diritto di contestare le decisioni automatizzate. La direttiva permetterà di inquadrare correttamente lo stato occupazionale delle persone che lavorano per le piattaforme, aprendo la strada di quei diritti fono ad oggi preclusi.

A tal fine, gli Stati membri stabiliranno una presunzione legale di occupazione nei loro sistemi giuridici che verrà attivata quando verranno riscontrati determinati fatti che indicano controllo e direzione. In pratica, in caso di controversia, sarà la società titolare della piattaforma a dover provare l’inesistenza del rapporto di subordinazione.

Le motivazioni dell’Ue

Nel testo della direttiva, Parlamento e Consiglio Ue dimostrano quanto fosse urgente il cambio di rotta.

“Il principio n. 5 del pilastro europeo dei diritti sociali (“pilastro”), proclamato a Göteborg il 17 novembre 2017, stabilisce che, indipendentemente dal tipo e dalla durata del rapporto di lavoro, i lavoratori hanno diritto a un trattamento equo e paritario per quanto riguarda le condizioni di lavoro e l’accesso alla protezione sociale e alla formazione […] e che devono essere prevenuti i rapporti di lavoro che portano a condizioni di lavoro precarie, anche vietando l’abuso dei contratti atipici”, come quelli applicati ai rider.

Nello specifico, ricorda la direttiva, “il principio n. 7 del pilastro stabilisce che i lavoratori hanno il diritto di essere informati per iscritto all’inizio del rapporto di lavoro dei diritti e degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro, che, prima del licenziamento, i lavoratori hanno il diritto di essere informati delle motivazioni e a ricevere un ragionevole periodo di preavviso e il diritto di accedere a una risoluzione delle controversie efficace e imparziale e, in caso di licenziamento ingiustificato, il diritto di ricorso, compresa una compensazione adeguata. Il principio n. 10 del pilastro stabilisce che i lavoratori hanno, tra l’altro, diritto a un elevato livello di tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro e diritto alla protezione dei propri dati personali nell’ambito del rapporto di lavoro”.

Le nuove regole per il lavoro dei rider derivano anche dalla spinta degli Stati membri. Infatti, sebbene le piattaforme di lavoro digitali spesso classifichino i rider e affini come lavoratori autonomi o contraenti indipendenti, molti organi giurisdizionali statali hanno rilevato che le piattaforme digitali esercitano di fatto direzione e controllo su tali persone, spesso integrandole nelle loro principali attività imprenditoriali. Requisiti che integrano a pieno la fattispecie della subordinazione tanto che gli organi giurisdizionali interessati hanno riclassificato i presunti lavoratori autonomi come lavoratori subordinati delle piattaforme digitali.

Cosa devono fare gli Stati membri

Ora l’Unione europea chiede agli Stati membri di adottare delle procedure adeguate ed efficaci per verificare e garantire la determinazione della corretta situazione occupazionale delle persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali. L’obiettivo è accertare l’esistenza di un rapporto di lavoro quale definito dal diritto, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore negli Stati membri, anche tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia e applicando la presunzione legale di rapporto di lavoro.

Gli Stati membri dovranno inoltre accertarsi che la presunzione legale non abbia l’effetto di aggravare gli obblighi a carico dei lavoratori o dei loro rappresentanti nei procedimenti per determinare la loro corretta situazione occupazionale.

Per garantire la corretta esecuzione della direttiva, gli Stati membri dovranno prevedere controlli e ispezioni efficaci effettuati dalle autorità nazionali competenti e, se del caso, controlli e ispezioni su specifiche piattaforme di lavoro digitali, “garantendo nel contempo che tali controlli e ispezioni siano proporzionati e non discriminatori”.

Le aziende dovranno dotarsi di personale sufficiente per effettuare “regolarmente, e in ogni caso ogni due anni, una valutazione dell’impatto delle decisioni individuali prese o sostenute dai sistemi di monitoraggio automatizzati e dai sistemi decisionali automatizzati sulle persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali, incluso, laddove applicabile, sulle loro condizioni di lavoro e sulla parità di trattamento sul lavoro”.

Prossimi passi

In una nota il Consiglio ricorda che la direttiva sarà ora firmata dal Consiglio e dal Parlamento europeo ed entrerà in vigore dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Ue. Da allora, gli Stati membri avranno due anni di tempo per adeguare il diritto interno alle nuove norme comunitarie.