Garantire l’approvvigionamento, ridurre le dipendenze dall’estero e aumentare la competitività: questi gli obiettivi del piano d’azione RESourceEU dedicato alle materie prime critiche, presentato ieri dalla Commissione europea e rivolto verso tre direttici: accelerazione degli investimenti, protezione dell’industria dalla volatilità dei mercati globali, diversificazione delle forniture extra-europee. Ma anche verso un’ulteriore erosione delle norme ambientali dell’Unione.
Caccia alle materie prime critiche
Di fatto, è caccia alle materie prime essenziali. Col deteriorarsi delle relazioni internazionali, garantirsi approvvigionamenti stabili e sicuri di terre rare, cobalto o litio – tra gli altri – è balzato tra le priorità dell’Unione europea (e non solo). Questi materiali infatti sono essenziali per i settori dell’energia pulita, del digitale e della difesa, considerati altamente strategici. Il problema è che l’Ue è fortemente dipendente dalle importazioni, con l’aggravante che un unico Paese ha praticamente il monopolio mondiale dell’estrazione e della lavorazione di tali risorse: la Cina. Per avere un’idea, oggi oltre il 90% dei magneti in terre rare del blocco viene da Pechino.
Una situazione che espone al rischio di vedersi chiudere il rubinetto, come dimostrano le restrizioni all’esportazione di materie prime di riferimento come grafite, gallio, germanio e terre rare, nonché di batterie e tecnologie di elaborazione chiave, annunciate da Pechino in ritorsione alla politica dei dazi inaugurata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump la scorsa primavera.
Per recuperare autonomia, RESourceEU punta a passare dalla teoria all’azione, dando attuazione al Critical Raw Materials Act, la legge europea sulle materie prime critiche. Quest’ultima fissa alcuni obiettivi per il 2030: estrarre nel territorio europeo almeno il 10% del consumo annuo di materie prime strategiche, lavorarne il 40%, riciclarne il 25% e non dipendere per più del 65% da un singolo fornitore.
“La recente militarizzazione delle materie prime critiche da parte degli operatori di mercato dominanti ha evidenziato la necessità di accelerare gli sforzi in atto per migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento”, ha spiegato l’esecutivo europeo in una nota.
Ma cosa prevede nel concreto RESourceEU?
Restrizioni all’esportazioni di rifiuti utili
Una novità chiave introdotta da ResourceEU è la gestione dei rifiuti utili, con l’idea di sfruttare meglio le materie prime essenziali contenute nei prodotti venduti in Europa. Oggi meno dell’1% degli elementi delle terre rare viene riciclato nell’Unione, mentre la raccolta dei prodotti a fine vita si ferma al 40%. La Commissione vuole invertire questa tendenza e trattenere più materiali nel mercato europeo: il riciclo potrebbe infatti coprire il 20% dell’attuale domanda di magneti permanenti. Il piano dunque introduce:
• restrizioni all’esportazione di rottami e rifiuti di magneti permanenti e, con approccio mirato, dei rottami di alluminio (con possibile estensione al rame);
• nuove regole di etichettatura per recuperare materiali pre-consumo per i magneti permanenti, ovvero i materiali sprecati durante la produzione, come scarti, ritagli e prodotti difettosi (modifica mirata al CRMA);
• aggiornamento della direttiva RAEE, previsto per l’autunno 2026, per aumentare la raccolta delle apparecchiature elettriche ed elettroniche a fine vita.
Un passaggio fondamentale è la futura definizione, entro il 2031, di quote obbligatorie di materiali recuperati (tra cui neodimio, disprosio, praseodimio, terbio, boro, samario, nichel e cobalto) da incorporare nella produzione di magneti permanenti. Mentre una strategia specifica sarà poi dedicata ai minerali critici contenuti nei fertilizzanti.
“Tutte le materie prime che entrano nell’Ue non dovrebbero uscire dall’Unione“, ha affermato il commissario per l’Industria Stéphane Séjourné ieri presentando il piano.
Autorizzazioni più celeri per i progetti CRM
Uno dei principali ostacoli allo sviluppo del settore è la lentezza delle autorizzazioni. RESourceEU prevede perciò procedure accelerate, strumenti di riduzione del rischio finanziario e il sostegno a progetti con impatto immediato sulla diversificazione. L’Ue mobiliterà fino a 3 miliardi di euro nei prossimi 12 mesi per iniziative capaci di offrire forniture alternative a breve termine. DAlla Commissione e dalla Banca Europea per gli investimenti sono già stati attivati supporti per progetti come:
• l’estrazione del litio di Vulcan in Germania, destinato alle batterie;
• il molibdeno di Malmbjerg (Greenland Resources), rilevante per il settore della difesa.
Diversificare le catene di fornitura
Accanto allo sviluppo interno, Bruxelles punta su accordi bilaterali e cooperazioni strutturate per diversificare l’approvvigionamento. Ad oggi sono stati firmati 15 partenariati strategici, l’ultimo con il Sudafrica, e sono in arrivo negoziati con il Brasile. L’Ue lavora inoltre a:
• quadri di investimento dedicati con Ucraina, Balcani occidentali e vicinato meridionale (Mediterraneo);
• investimenti win-win attraverso il Global Gateway;
• iniziative nel G7 (Alleanza per la produzione di minerali critici) e nel G20 Quadro per i minerali critici) per promuovere standard comuni e maggiore diversificazione.
Un Centro europeo per le materie prime critiche
All’inizio del 2026, la Commissione istituirà un Centro europeo per le materie prime critiche che dovrà fornire informazioni di mercato, orientare e finanziare progetti strategici e fungere da gestore di portafoglio per catene di approvvigionamento diversificate, anche attraverso acquisti e stoccaggi congiunti.
A questo si affiancherà una Piattaforma per le Materie Prime essenziali per facilitare acquisti coordinati tra aziende e, sempre nel 2026, un progetto pilota di stoccaggio CRM per migliorare la capacità di risposta dell’industria in caso di crisi.
Il piano introduce anche un sistema di monitoraggio, meccanismi di coordinamento e misure di difesa contro interferenze esterne ostili.
Un colpo all’ambiente?
Il piano desta qualche preoccupazione per la protezione futura dell’ambiente, in un momento in cui diverse normative nate nell’ambito del Green Deal stanno cedendo di fronte all’imperativo sempre più forte e condiviso della semplificazione. “L’Ue dovrebbe sfruttare maggiormente le sue risorse naturali”, ha affermato ieri la commissaria per l’Ambiente Jessika Roswall. Ma sfruttare meglio le risorse interne implica anche rivedere parte delle norme ambientali.
La Commissione, ha fatto sapere Roswall, presenterà nel 2026 linee guida sull’acqua e lavorerà su modifiche al quadro normativo per facilitare l’apertura di nuove miniere, sebbene l’esecutivo ribadisca che resterà garantita la massima tutela per lavoratori, salute e ambiente. Tuttavia, è prevista anche una revisione delle procedure per l’uso di sostanze chimiche nelle attività estrattive, nell’ambito del regolamento REACH.
Séjourné: “Se non funziona, rimane il bazooka”
“RESourceEU è un motore della nostra sovranità industriale. Un pilastro della sicurezza economica dell’Europa”, ha commentato Séjourné in una nota. Il commissario, in un’intervista esclusiva a Euractiv, ha precisato ancora meglio che il piano “è il braccio armato per puntare sull’indipendenza”.
E se non dovesse funzionare? Rimane il bazooka, ha risposto Séjourné: “Se fra uno o due anni ci ritroviamo con catene del valore che si fermano per mancanza di approvvigionamento cinese – perché non ci siamo diversificati abbastanza rapidamente e siamo ancora troppo dipendenti – probabilmente dovremo usare lo strumento anti-coercizione”.
