“Il Digital Markests Act danneggia i consumatori, va ritirato”: la richiesta di Apple

Per Cupertino, la normativa sulla concorrenza starebbe peggiorando l’esperienza degli utenti europei senza portare vantaggi. L'Ue: "Non la abrogheremo"
13 ore fa
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Apple Usa Trump Ipa Fotogramma
(Ipa/Fotogramma)

Il Digital Markests Act danneggia i consumatori: va ritirato”. La richiesta è arrivata ieri da Apple durante una conferenza stampa, ed è stata ribadita in un documento ufficiale inviato alla Commissione europea. Al centro, la normativa comunitaria sulla concorrenza. L’azienda di Cupertino chiede che il Dma venga “ritirato, mentre viene sviluppato uno strumento legislativo più adeguato“, oppure quanto meno che l’Unione europea riveda a fondo molti degli obblighi previsti dal regolamento. Una posizione non presa a cuor leggero, spiega la Big Tech, ma ponderata dopo tre anni di esperienza.

Il Dma, entrato in vigore nel 2022 e applicato da un anno e mezzo, secondo Cupertino starebbe peggiorando l’esperienza degli utenti europei in termini di sicurezza, privacy e tempi di rilascio delle innovazioni, senza offrire i benefici promessi.

Funzioni bloccate e innovazione rallentata

Apple ha citato casi concreti di funzionalità annunciate ma mai arrivate in Europa:

  • traduzione in tempo reale con AirPods, bloccata perché l’obbligo di apertura a terzi esporrebbe dati sensibili;
  • iPhone Mirroring su Mac, sospeso per i rischi di sicurezza derivanti dall’interoperabilità con computer non Apple;
  • nuove funzioni di Mappe come “Luoghi visitati (Visited Places) e “Percorsi preferiti (Preferred Routes), rinviate per la difficoltà di condividere cronologie di posizione senza compromettere la riservatezza degli utenti (“Finora, i nostri team non hanno trovato un modo per condividere queste funzionalità con altri sviluppatori senza esporre le posizioni dei nostri utenti, cosa che non siamo disposti a fare”, afferma il comunicato di Cupertino).

Inoltre, secondo l’azienda guidata da Tim Cook, gli obblighi di interoperabilità finiscono per ridurre la differenziazione tra iOS e Android, intaccando la qualità dell’ecosistema Apple e rendendo più complesso il rilascio di nuove soluzioni. Ma anche la continua evoluzione dell’interpretazione delle regole complica l’adeguamento da parte delle aziende, mentre sanzioni giudicate arbitrarie, disomogenee e sproporzionate rischiano di penalizzare l’innovazione.

L’App Store e i rischi per la sicurezza

Il punto più critico riguarda l’apertura dell’App Store: il Dma impone di consentire store alternativi, sideloading (installazione di un’applicazione da una fonte diversa dagli store ufficiali del sistema operativo) e sistemi di pagamento esterni. Per Cupertino, ciò aumenta i rischi di malware, truffe e overcharging, oltre a introdurre contenuti che finora erano vietati, come app pornografiche o di gioco d’azzardo. Apple denuncia inoltre le pressioni di aziende terze per ottenere accesso a dati sensibili come notifiche, email o cronologia delle reti Wi-Fi, che potrebbero rivelare abitudini personali degli utenti.

Bruxelles non arretra

La risposta della Commissione europea è stata molto chiara, e difende il Dma come strumento per aumentare la scelta facendo coesistere apertura e sicurezza. “Non c’è assolutamente alcuna intenzione da parte della Commissione di abrogare il Digital Markets Act“, ha affermato il portavoce Thomas Regnier, aggiungendo che “non siamo sorpresi dalle obiezioni di Apple, che da sempre contesta ogni aspetto della normativa. Ma il punto è dare ai consumatori più scelta e garantire mercati equi“. La richiesta di Apple perciò “mina la narrativa dell’azienda di voler essere pienamente cooperativa con la Commissione”, ha concluso Regnier.

Il nodo del “walled garden”

Al centro dello scontro con Apple di fatto c’è il cosiddetto “walled garden”, l’ecosistema chiuso che l’azienda ha costruito integrando hardware, software e servizi. Per la Commissione questo modello limita la concorrenza, mentre Apple lo difende come garanzia di qualità e protezione.

La multa da 500 milioni ad Apple

Il contrasto si è già tradotto in un contenzioso concreto, e altre indagini sono in corso: Apple e Meta sono state le prime a ricevere, lo scorso aprile, una multa rispettivamente di 500 e 200 milioni di euro per violazioni legate al Dma (nel caso di Cupertino per aver ostacolato la distribuzione di app al di fuori del proprio store). L’azienda guidata da Tim Cook ha presentato ricorso, perché la decisione e la multa “vanno ben oltre quanto richiesto dalla legge”.

Perché la richiesta di Apple arriva ora

I contrasti tra le Big Tech e l’Ue circa i servizi digitali e la concorrenza non sono certo una novità. Perché dunque la richiesta di Apple arriva ora? Per due motivi. Intanto, Bruxelles ha appena avviato la prima revisione formale del regolamento, un’occasione favorevole per ‘esercitare pressioni’. Inoltre, col ritorno di Trump alla Casa bianca le aziende tecnologiche si sentono spalleggiate: il presidente Usa si è più volte scagliato contro la legislazione europea e ha inserito nella partita dei dazi anche le normative digitali comunitarie – oltre al Dma il Dsa, il Digital Services Act (che regola le piattaforme online con l’obiettivo di rendere internet più sicuro, combattendo disinformazione, hate speech e prodotti illegali).

Le Big Tech, insieme a Trump, accusano l’Ue di soffocare l’innovazione e la libertà d’espressione, e di limitare l’accesso all’informazione. Ieri Google ha riaperto le porte di YouTube agli ultimi complottisti radicali, esclusi durante la presidenza Biden. L’Unione continua invece a difendere gli obiettivi e le misure che si è data.

Cosa prevede il Digital Markets Act

Il Dma, entrato in vigore nel 2022 e applicato 18 mesi fa, punta a regolamentare i grandi colossi digitali – quelli che l’Ue chiama “gatekeeper” (come Google, Apple, Amazon, Meta, Microsoft, TikTok) – cioè le aziende che hanno un potere enorme nel mercato digitale e che possono decidere chi vede cosa, quali app funzionano e come circolano i dati.

Immaginando internet come una piazza digitale, i gatekeeper sono i proprietari delle porte principali. In sostanza, il Dma stabilisce che non possono chiudere le porte a piacimento o fare regole che favoriscono solo se stessi. Tra gli obblighi previsti dal Dma:

niente monopoli nelle app store: e dunque Apple deve permettere l’uso di app store alternativi all’App Store;
interoperabilità: servizi di messaggistica come WhatsApp devono potersi collegare con altri (come Signal o Telegram);
stop all’auto-preferenza: Google non può mettere i propri servizi sempre al primo posto nei risultati di ricerca;
maggiore libertà per gli utenti: poter disinstallare app preinstallate, scegliere liberamente browser e motore di ricerca;
trasparenza pubblicitaria: le piattaforme devono spiegare perché mostrano certi annunci e con quali dati.

L’obiettivo, come ribadito dalla Commissione, è rendere il mercato più aperto, equo e competitivo, in modo che anche aziende più piccole possano trovare spazio e gli utenti abbiano più scelta e più tutele.