Cosa accadrebbe se la produzione Made in China destinata agli Stati Uniti finisse nell’Unione europea? Parliamo di uno scenario che sembra sempre più preoccupare i mercati europei, colpa dei dazi imposti dal presidente americano Donald Trump pari al 145% nei confronti della Cina.
Nelle scorse settimane, era stato il ministro italiano del Made in Italy Adolfo Urso ad accendere l’allarme: “Quella sovrapproduzione arriverà come un’invasione, come un maremoto provocato da un sisma, come un’ondata nel mercato europeo spazzando via la nostra impresa”. Dunque va scongiurata. Perché il danno per le produzioni Ue sarebbe grande.
Un rischio che del resto le stesse imprese vedono alle porte: già con i dazi del 2018 “c’è stata una diversione dei flussi verso l’Europa: si sono ridotte le esportazioni cinesi negli Usa e sono moderatamente aumentate verso l’Ue. Ora i dazi sono molto superiori, nell’ipotesi in cui questa guerra commerciale vada avanti in questi termini, dobbiamo prepararci ad assorbire una quantità superiore di prodotti cinesi”, aveva aggiunto il direttore dell’Ufficio studi di Confcommercio, Mariano Bella.
Passando dal chimico, al meccanico, per il settore tessile e dell’abbigliamento così come quello degli elettrodomestici, si prevede un aumento dell’export cinese destinato agli Stati membri.
A dover pagare il conto non saranno solo gli Stati membri, ma anche i gruppi produttivi stranieri che si potrebbero trovare a dover scontare i dazi sia cinesi che statunitensi, così come quelle europee o la stessa capacità di produzione nazionale potrebbero ritrovarsi affaticate da un esubero di prodotti Made in China. Capiamo perché.
Quali conseguenze sull’Unione europea
Una delle preoccupazioni maggiori è la concorrenza sleale. Grazie ad una serie di incentivi e al costo ridotto della manodopera, il Dragone produce prodotti a costi inferiori rispetto a quelli dell’Europa, creando una concorrenza sleale che metterebbe in difficoltà le imprese degli Stati membri.
Alcuni settori strategici nei quali la Cina ha acquisito maggior potere potrebbero ridurre la capacità degli Stati Ue di affrontare una competitività duratura. Così come, la sovrapproduzione cinese solleva anche interrogativi sulla dipendenza dell’Europa dalla Cina per la produzione di alcuni beni, con conseguenze potenzialmente negative in caso di crisi.
Gruppi stranieri pagano doppio?
La guerra commerciale colpisce anche i gruppi stranieri in Cina con tariffe di fatto raddoppiate. Secondo quanto rileva il Financial Times, le aziende internazionali e joint venture – che rappresentano quasi un terzo del commercio totale cinese – stanno pagando dazi del 125% per importare componenti e del 145% per esportare negli Stati Uniti.
Apple e Tesla ad esempio importano dagli Stati Uniti materie prime o componenti da assemblare in prodotti che poi vengono esportati. “Questo, secondo gli economisti, le espone alla possibilità di pagare sia i dazi statunitensi che quelli cinesi sulle stesse merci“, scrive il quotidiano economico inglese.
“Le imprese straniere sono davvero schiacciate sul mercato cinese”, ha osservato Heiwai Tang, direttore dell’Asia global institute dell’Università di Hong Kong. “Se importano, pagano le tariffe cinesi. Quando esportano negli Stati Uniti, pagano le tariffe statunitensi. Vengono colpiti due volte”, ha chiarito.
Le conseguenze sugli Stati Uniti
Ma la guerra commerciale tra Usa e Cina sta iniziando a ripercuotersi anche sull’economia statunitense in generale. Secondo il Financial Times, i gruppi di logistica hanno comunicato un drastico calo delle prenotazioni di container in arrivo negli Stati Uniti dopo l’introduzione di tariffe del 145% sulle importazioni cinesi.
Il porto di Los Angeles, principale via d’ingresso per le merci cinesi, prevede che gli arrivi programmati nella settimana che inizia il 4 maggio saranno inferiori di un terzo rispetto all’anno precedente. Stesso calo è atteso anche nel trasporto aereo.
Secondo gli ultimi dati disponibili del servizio di tracciamento dei container Vizion, a metà aprile le prenotazioni di container standard dalla Cina agli Stati Uniti erano inferiori del 45% rispetto all’anno precedente. Secondo John Denton, segretario generale della Camera di commercio internazionale, lo sconvolgimento dei flussi commerciali tra Cina e Stati Uniti riflette il fatto che i commercianti “prendono decisioni a tavolino” in attesa di un accordo tra Washington e Pechino.
Intanto un sondaggio della Camera di commercio internazionale in più di 60 Paesi dopo l’annuncio delle tariffe ha mostrato l’aspettativa di un impatto permanente sul commercio, a prescindere dall’esito dei prossimi negoziati. Il costo di accesso al mercato statunitense sarebbe il più alto dagli anni ’30, spiega Denton, aggiungendo che “si è quasi accettato che il 10% sarà il costo minimo per accedere al mercato statunitense, a prescindere da altre incertezze”.