Negli ultimi anni, il settore delle concessioni balneari in Italia è diventato un terreno di scontro tra le necessità di un’economia turistica in crescita e le normative europee che richiedono maggiore competitività e trasparenza. Il governo italiano si trova ora a dover affrontare un intricato nodo legislativo, con l’Unione Europea che esercita pressioni per l’adeguamento alle normative vigenti, in particolare alla direttiva Bolkestein.
Nella sua ricerca di una soluzione, l’esecutivo sta considerando una proroga delle concessioni balneari fino al 31 dicembre 2025, una strategia che potrebbe servire a guadagnare tempo nel difficile dialogo con Bruxelles. Tuttavia, questo sarebbe solo uno dei molti possibili scenari in un contesto normativo che, già a partire dalla fine di agosto, prevede l’adozione di un decreto salva-infrazioni, sull’onda di provvedimenti già attuati nel passato.
Il nodo delle concessioni balneari, tra proroghe e regole europee
La scadenza del 31 dicembre 2023, stabilita dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato come termine per le proroghe delle concessioni balneari, rappresenta un punto cruciale. La Commissione Europea ha recentemente inviato un parere motivato all’Italia, il che significa che il Paese ha un termine fissato entro il quale deve conformarsi al diritto dell’Unione. Se non dovesse rispettare questa scadenza, l’Italia potrebbe trovarsi a dover affrontare un deferimento presso la Corte di giustizia dell’Unione europea, una possibilità che aumenterebbe la pressione sul governo per trovare una soluzione valida e condivisa.
Nel contesto di queste sfide, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha riaffermato l’importanza di un sistema di assegnazione competitivo per le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali. Secondo l’Antitrust, le amministrazioni locali che hanno optato per proroghe fino alla fine del 2024 hanno ignorato le indicazioni europee, che impongono procedure di gara aperte e non discriminanti. Queste misure non solo favorirebbero la concorrenza, ma contribuirebbero anche a una gestione più equa delle risorse, considerate le attuali disparità nell’assegnazione delle concessioni e le elevate percentuali di occupazione delle coste.
La pressione dell’Antitrust e le prospettive di riforma
L’Antitrust ha chiarito che la questione della scarsità delle risorse deve essere interpretata in termini relativi, tenendo conto sia della quantità disponibile sia della domanda di concessioni. Nonostante l’attuale saturazione del mercato, esistono aree demaniali che potrebbero essere rese disponibili per nuovi operatori, a patto che le procedure di gara vengano attuate in tempi rapidi e con regole chiare. Questo richiamo all’azione è particolarmente urgente, visto il clima di incertezze e di illegittimità che circonda le attuali concessioni, con un incremento del numero degli stabilimenti balneari, cresciuto del 26% dal 2011 a oggi, che ha portato il business a generare annualmente circa 10 miliardi di euro.
La questione ha suscitato anche reazioni da parte delle associazioni dei consumatori, come il Codacons, che ha espresso preoccupazione per il continuo rinvio della questione, definendo la situazione un caos che influisce negativamente sui cittadini. L’associazione ha sollecitato il governo a prendere una decisione chiara e definitiva, rispettando le disposizioni comunitarie e le sentenze del Consiglio di Stato. Il Codacons ha anche evidenziato come la crescita degli stabilimenti balneari e i costanti rincari dei servizi offerti abbiano creato un business da 10 miliardi di euro annui, con i cittadini che continuano a subire le conseguenze delle violazioni della concorrenza e dei rinnovi automatici.
La questione delle concessioni balneari è diventata così un simbolo di una crisi più ampia nel sistema italiano, dove il governo si trova a dover fare i conti con le normative europee e le pressioni interne, mentre i cittadini e le imprese attendono una soluzione che possa garantire equità e trasparenza nel settore. Il tempo stringe e la pressione aumenta: sarà cruciale per l’esecutivo trovare un equilibrio tra le esigenze di conformità europea e la necessità di stabilità e chiarezza per tutti gli attori coinvolti.