Balneari, la proroga al 30 settembre 2027 diventa legge tra le proteste dei gestori (e non solo)

Gli operatori contestano il calcolo dell’indennizzo e l’esclusione dei circoli sportivi dalla Direttiva Bolkestein
1 mese fa
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Balneari Italia
Stabilimento balneare in Italia_canva

Il Senato ha approvato la riforma delle concessioni per i balneari dando il via libera definitivo al decreto salva-infrazioni con 100 voti favorevoli, 63 contrari e 2 astenuti. Il provvedimento, approvato con voto di fiducia, viene convertito in legge e punta a chiudere quindici procedure di infrazione aperte dall’Unione europea contro l’Italia, anche se le norme sulle concessioni balneari hanno generato forti critiche sia da parte delle opposizioni che da parte dei balneari.

Tra proroghe, indennizzi contestati e l’esclusione dei circoli sportivi dalla Direttiva Bolkestein, ecco cosa prevede salva-infrazioni.

Proroga delle concessioni balneari fino al 2027

Uno dei punti chiave del decreto riguarda la proroga delle concessioni demaniali per le attività turistiche e ricreative su mare, lago e fiume fino al 30 settembre 2027. La gestione delle gare ricadrà sui comuni, che, entro il 30 giugno dello stesso anno, dovranno avviare le gare pubbliche per l’assegnazione delle concessioni, con la possibilità di estendere le concessioni al 2028 in presenza di contenziosi o altre difficoltà procedurali. Prima del Salva infrazioni, la scadenza delle concessioni aveva subito un altro rinvio con il decreto Milleproroghe del febbraio 2023, quando il Governo aveva dato la possibilità ai Comuni di estendere le concessioni balneari attualmente in vigore fino al 2024.

La norma introduce un sistema di indennizzo per i concessionari uscenti, i cui costi saranno a carico dei nuovi concessionari. Gli indennizzi includeranno il valore degli investimenti non ancora ammortizzati e un’equa remunerazione sugli investimenti realizzati negli ultimi cinque anni.

Tuttavia, la categoria balneare ha criticato duramente questi indennizzi, considerandoli irrisori. “Gli ultimi cinque anni”, fanno notare i sindacati, “sono stati segnati da difficoltà economiche e dall’incertezza della durata delle concessioni, senza contare l’impatto della pandemia”.

Circoli sportivi esclusi dalla Direttiva Bolkestein

Una delle misure più discusse riguarda l’esclusione dalla Direttiva Bolkestein dei circoli sportivi che operano su aree demaniali per finalità sociali e non economiche. La norma riguarda circa 1.500 circoli sportivi su sponde di mari, fiumi e laghi, gestiti da associazioni e società sportive dilettantistiche che perseguono scopi sociali e di benessere psicofisico. Questi circoli potranno continuare le loro attività senza passare attraverso gare pubbliche, purché l’uso del demanio sia destinato esclusivamente all’attività sportiva.

L’esclusione dei circoli sportivi ha ottenuto il via libera della Commissione europea, ma ha suscitato l’indignazione dei rappresentanti dei balneari, che chiedono un trattamento simile anche per chi, grazie alle concessioni, sostiene economicamente la propria famiglia. “Sconcerta l’esclusione solo dei circoli sportivi, non anche dei lavoratori balneari che ricavano dalla concessione l’unico reddito per il proprio nucleo familiare”, denunciano i sindacati, che accusano il governo di aver escluso dalla discussione non solo la categoria ma anche regioni e comuni.

Critiche all’iter e all’entità degli indennizzi

L’approvazione del decreto con voto di fiducia ha impedito un confronto parlamentare più ampio sulle concessioni balneari. Le opposizioni hanno criticato il governo per non aver consentito una discussione approfondita su temi “così importanti”, mentre i rappresentanti dei balneari ribadiscono che il testo non affronta il tema della scarsità della risorsa spiaggia, presupposto fondamentale per l’applicazione della Direttiva Bolkestein.

Le associazioni balneari lamentano inoltre che il calcolo dell’indennizzo sia inadeguato. La maggioranza ha dovuto rinunciare a proposte che puntavano a includere nel calcolo anche il valore aziendale dell’impresa, comprese le immobilizzazioni materiali e immateriali, una modifica che avrebbe aumentato l’indennizzo previsto per i concessionari uscenti.

Una trattativa delicata tra Roma e Bruxelles

Il testo finale del decreto è frutto di una complessa trattativa tra il governo italiano e la Commissione europea, che ha espresso il proprio assenso soltanto per l’esclusione dalla Direttiva Bolkestein dei circoli sportivi ma ha invitato Roma a rivedere le proprie proposte sugli indennizzi ai balneari. Nel testo del decreto restano le norme che consente ai gestori di lasciare installate sulla spiaggia le strutture mobili utilizzate per le attività lavorative anche fuori stagione e fino all’assegnazione della nuova gara.

Il vantaggio diventa una nota dolente per i balneari se si tratta di opere non amovibili costruite sulle spiagge che, per la legge italiana, vengono acquisite a titolo gratuito dallo Stato al termine della concessione. Con la sentenza relativa alla Società Italiana Imprese Balneari emanata a luglio scorso, la Corte di Giustizia Ue ha stabilito che questa norma non costituisce un trattamento discriminatorio né una indebita restrizione della libertà di stabilimento garantita dagli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

Per Lussemburgo questa misura è giustificata dalla necessità di tutelare la proprietà pubblica e le finanze dello Stato. La Cgue sottolinea inoltre che le opere costruite sulle spiagge italiane fanno parte del demanio pubblico, che è inalienabile e deve essere gestito in modo da garantire l’interesse collettivo.

Le critiche al provvedimento

Critiche al provvedimento arrivano da Altroconsumo, secondo cui la proroga di tre anni è sinonimo di immobilismo e incertezza: “Anziché avviare una riforma risolutiva, si continua a rinviare, prolungando l’incertezza per i soggetti coinvolti e rinunciando a un’opportunità concreta di sviluppo. La scelta di prorogare rappresenta, infatti, un’occasione mancata per promuovere trasparenza e competitività in un settore strategico per l’economia italiana”, – dichiara Federico Cavallo, responsabile Relazioni Esterne di Altroconsumo secondo cui “una riforma delle concessioni balneari sarebbe potuta essere un passo decisivo per rafforzare il turismo italiano, favorendo servizi di migliore qualità e stimolando la crescita dell’intero Paese. Con questa decisione – conclude Cavallo – l’Italia perde ancora una volta l’opportunità di affrontare un problema radicato, mantenendo una posizione di immobilismo, restando ostaggio degli interessi conservativi di alcune minoranze che finiscono per prevalere su quelli della collettività”.

L’opposizione critica la scarsa trasparenza dell’iter legislativo, mentre i balneari si dicono pronti a una mobilitazione per difendere i loro diritti, denunciando l’assenza di un tavolo tecnico che mappi la reale disponibilità delle concessioni. Il settore balneare italiano continua a restare in bilico tra regole nazionali e normative europee, mentre si avvicina una scadenza che potrebbe trasformare radicalmente la gestione delle nostre coste.