Così i produttori cinesi aggirano i dazi europei sulle auto: il Dragone si espande nell’Ue

Draghi sull’automotive: “Stiamo consegnando quote di mercato alla Cina con obiettivi di decarbonizzazione irrealizzabili”
2 ore fa
5 minuti di lettura
Veicoli Elettrici Cinesi Canva

La “minaccia cinese” nel settore automobilistico sta prendendo sempre più corpo, con i produttori asiatici che monopolizzano la scena e non rinunciano ad espandersi con investimenti in centri di Ricerca e Sviluppo e hub produttivi nel cuore dell’Europa.

Mentre il mercato nordamericano si è chiuso ai veicoli cinesi, anche a causa dei timori che le auto “intelligenti” possano trasformarsi in strumenti di spionaggio, la Cina punta tutto sull’Europa, consapevole che il mercato interno non potrà espandersi per sempre, specialmente dopo la chiusura dei rubinetti degli incentivi statali. I dazi imposti da Bruxelles spaventano solo fino a un certo punto, grazie a escamotage sempre più fantasiosi per aggirarli. Ecco quali.

Xpeng sbarca in Austria

L’ultimo esempio che incarna questa precisa strategia è l’espansione di Xpeng. Il produttore cinese di veicoli elettrici, Guangzhou Xiaopeng Motors Technology Co., ha lanciato la sua prima linea di produzione nell’Unione europea, collaborando con il produttore austriaco a contratto Magna Steyr. Sfruttando lo stabilimento Magna di Graz, nell’Austria meridionale, Xpeng ha già visto il primo lotto dei suoi Suv G6 e G9 uscire dalla linea di produzione.

Localizzando la produzione, Xpeng è in grado di evitare i dazi sui veicoli elettrici cinesi introdotti dall’Unione europea nel 2024. Questi dazi, che possono arrivare fino al 35,3% per alcuni produttori o a un’imposta aggiuntiva del 20,7% per le case automobilistiche che collaborano, rendono la produzione locale un vantaggio competitivo significativo. Lo stabilimento di Graz, uno dei più noti impianti di produzione su contratto in Europa, è riconosciuto per la sua capacità di gestire complessi assemblaggi multi-modello su linee condivise, permettendo così a case automobilistiche come Xpeng di localizzare la produzione senza dover costruire costosi siti in Ue.

Contemporaneamente, Xpeng ha avviato le attività del suo centro di ricerca e sviluppo a Monaco di Baviera. He Xiaopeng, Ceo dell’azienda, ha dichiarato che il nuovo hub “dimostrerà il nostro impegno per l’Europa, ci permette di rafforzare le relazioni commerciali e spingere l’innovazione a livello locale, oltre che offrire soluzioni di mobilità all’avanguardia agli automobilisti europei”. Questo centro supporterà lo sviluppo di nuovi modelli, come le berline elettriche, che saranno prodotti nello stabilimento Magna e contribuiranno a diversificare la gamma per il mercato europeo. Xpeng destinerà i Suv G6 e G9, la berlina P7+, la monovolume X9 e la Next P7, all’Ue.

L’azienda, entrata nel mercato europeo nel 2021 a partire dalla Norvegia, ha registrato un’impennata nelle vendite, con 271.615 veicoli elettrici consegnati nei primi otto mesi di quest’anno, il triplo rispetto allo stesso periodo del 2024. Solo in Europa, oltre 8 mila veicoli sono stati immatricolati nella prima metà dell’anno, con il G6 che ha rappresentato il 67% delle vendite del marchio nella regione.

Le altre aziende cinesi: non solo Xpeng

La strategia di Xpeng non è isolata. Anche altri giganti cinesi stanno puntando sulla produzione locale per aggirare i dazi europei:

  • Byd, uno dei costruttori più competitivi, mira a diventare uno dei primi tre in Europa entro i prossimi cinque anni. Ha già inaugurato una fabbrica in Ungheria, a Seghedino, dedicata alla produzione della citycar Dolphin Surf. Nonostante si vociferi che Pechino non voglia investire nei Paesi favorevoli ai dazi europei, Byd, in un’intervista al Sole 24 Ore, ha anticipato che il nostro Paese “è nella short list per la seconda fabbrica in Europa”. Fino ad oggi ha consegnato 2,86 milioni di veicoli (elettrici e ibridi plug-in) tra gennaio e agosto di quest’anno, di cui oltre 600 mila fuori dalla Cina (+137%).
  • Hongqi, marchio di lusso sotto il controllo del governo cinese (Faw), ha annunciato al salone dell’auto Iaa Mobility 2025 di Monaco di Baviera che intende lanciare ben 15 modelli elettrici e ibridi in Europa entro il 2028 e aprire 200 concessionarie nel continente.

Queste aziende si espandono a livello globale per cercare margini più elevati e nuovi clienti, compensando una guerra dei prezzi di lunga data e la sovraccapacità produttiva interna.

Lo studio del think tank: Regno Unito, Italia e Spagna mercati chiave

Secondo un’analisi condotta dal think tank Schmidt Automotive Research, i produttori cinesi di apparecchiature in Europa hanno capitalizzato lo scorso anno Paesi quali il Regno Unito che rappresentava circa un terzo di ogni nuovo modello cinese che entrava nella regione di 18 mercati dell’Europa occidentale. Aggiungendo Spagna e Italia all’equazione, questo trio di mercati ha rappresentato i due terzi (68,2%) di tutti i volumi di marchi cinesi consegnati all’inizio del 2024.

Guardando all’ultimo report del think tank pubblicato lo scorso 7 settembre è emersa un’ulteriore spinta dei produttori cinesi nel panorama automobilistico europeo. La quota collettiva di tutte le nuove immatricolazioni di autovetture da parte dei cinesi ha raggiunto il 5,2% nella prima metà dell’anno, traducendosi in poco più di 600 mila nuove unità su un mercato totale di 11,6 milioni di unità, e si prevede che il volume totale del 2024 sarà superato già entro la fine dei primi otto mesi del 2025. Questa crescita pone una seria sfida ai marchi occidentali: ad esempio, Mg di Saic si è avvicinata a sole 6 mila unità da Fiat nella prima metà dell’anno, puntando a superarla per la prima volta.

Parallelamente, Tesla sta registrando perdite di volume con sette cali trimestrali consecutivi, un fenomeno che i marchi cinesi come Byd, Xpeng e Polestar intendono capitalizzare, anche in vista della scadenza dei contratti di leasing e delle percepite vicinanze politiche di Elon Musk. Mentre Tesla aveva beneficiato in passato di un’offerta limitata di veicoli elettrici, ora il mercato europeo conta oltre 125 modelli Bev di origine cinese che ne offrono oltre 30, rispetto agli 11 del 2022. In particolare, Byd ha mostrato una crescita impressionante, avvicinandosi a sole 13 mila unità da Tesla nel secondo trimestre 2025, con l’obiettivo di eguagliarla o superarla entro la fine dell’anno grazie al lancio di nuovi modelli come Dolphin Surf e Byd Seal.

Panoramica sui dazi imposti dall’Unione europea alla Cina

La Commissione europea ha istituito dazi compensativi definitivi sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina per un periodo di cinque anni, a seguito di un’inchiesta antisovvenzioni. L’inchiesta ha rivelato che la catena del valore dei veicoli elettrici a batteria in Cina beneficia di sovvenzioni sleali, creando una minaccia di pregiudizio economico per i produttori Ue di veicoli elettrici.

La Commissione sta monitorando l’efficacia delle misure per assicurarsi che non siano eluse. L’inchiesta era stata annunciata da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, il 13 settembre 2023, basandosi su crescenti prove di un rapido aumento delle esportazioni a basso prezzo di veicoli elettrici dalla Cina verso l’Ue. Nonostante l’imposizione dei dazi, l’Ue e la Cina continuano a cercare soluzioni alternative compatibili con l’Organizzazione mondiale del Commercio (Wto), e la Commissione rimane aperta alla negoziazione di impegni sui prezzi con i singoli esportatori.

Le elettriche europee: il monito di Mario Draghi sulla concorrenza cinese

Ad esprimersi sul tema, proprio nelle ultime ore, è stato l’ex premier italiano e ex presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, ospite a Bruxelles, in compagnia della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, a un anno dal suo ultimo rapporto sulla competitività dell’Ue.

“In alcuni settori, come quello automobilistico, gli obiettivi (di decarbonizzazione, ndr) si basano su ipotesi che non sono più valide”, ha spiegato Mario Draghi nel corso della conferenza. “La scadenza del 2035 per le emissioni zero allo scarico era pensata per innescare un circolo virtuoso: obiettivi chiari avrebbero stimolato gli investimenti nelle infrastrutture di ricarica, ampliato il mercato interno, spronato l’innovazione in Europa e reso i modelli elettrici più economici. Si prevedeva che le industrie adiacenti (batterie, semiconduttori) si sarebbero sviluppate in parallelo, sostenute da politiche industriali mirate. Ma ciò non è avvenuto”, ha rivelato l’ex Bce.

“L’innovazione europea è rimasta indietro – ha constatato Draghi -, i modelli restano costosi e la politica delle catene di fornitura è frammentata. Il parco auto europeo di 250 milioni di veicoli sta invecchiando e le emissioni di Co2 sono calate appena negli ultimi anni. In questo contesto, attenersi rigidamente all’obiettivo del 2035 potrebbe rivelarsi irrealizzabile e rischia di consegnare quote di mercato ad altri, soprattutto alla Cina”, per l’appunto.