Trattato globale sulla plastica: l’asse Usa-petrostati ferma l’accordo a Ginevra

Undici giorni di negoziati senza intesa: Ue e 120 Paesi restano isolati dal blocco dei produttori
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Switzerland Un Plastic Pollution Treaty
(Afp)

Il vertice di Ginevra sul trattato globale contro l’inquinamento da plastica si è chiuso senza accordo, lasciando sul tavolo tutte le questioni cruciali. Undici giorni di negoziati non sono bastati a colmare la frattura tra due blocchi contrapposti. Da una parte, Arabia Saudita, Kuwait, Russia, Iran e ora anche gli Stati Uniti, che hanno scelto di sostenere apertamente i produttori di petrolio. Dall’altra, oltre 120 Paesi – dall’Unione europea al Canada, dal Regno Unito a numerosi Stati africani e latinoamericani – che chiedono limiti vincolanti alla produzione di plastica e divieti sugli additivi chimici più pericolosi.

L’ingresso di Washington nel campo dei “frenatori” ha cambiato la dinamica. Finora gli Stati Uniti avevano mantenuto una posizione intermedia, ma a Ginevra si sono schierati per un approccio esclusivamente volontario e incentrato sulla gestione dei rifiuti. Una scelta che, come ha sottolineato la ministra francese Agnès Pannier-Runacher, ha rafforzato la capacità di blocco dei petrostati. La conseguenza è stata uno stallo che conferma la fragilità di un processo negoziale fondato sull’unanimità: una minoranza compatta ha impedito di trasformare in testo vincolante la volontà espressa dalla maggioranza.

Il nodo del consenso e la strategia dei blocchi

Dietro lo scontro ci sono interessi industriali enormi. Con la transizione energetica che riduce progressivamente la domanda di combustibili fossili, la produzione di plastica rappresenta una valvola di sfogo cruciale per i governi produttori. Non a caso, a Ginevra erano presenti oltre 230 lobbisti dell’industria petrolchimica, a testimonianza di quanto il negoziato sia anche un terreno di confronto tra politiche climatiche e strategie industriali.

Per l’Unione europea e i Paesi della “High Ambition Coalition” il vertice non è un punto di arrivo, ma un passaggio. Bruxelles ha già chiarito che non accetterà un compromesso debole e che servirà esplorare strumenti alternativi se il processo Inc rimarrà bloccato. Si parla di aprire il dossier in altri contesti Onu o di procedere con accordi paralleli tra Stati disponibili a regole stringenti.

Il messaggio politico che arriva da Ginevra è netto: il consenso unanime, nelle attuali condizioni, rischia di trasformare i negoziati ambientali in una paralisi diplomatica permanente. La vera partita ora è capire se la maggioranza di Paesi favorevoli a un accordo ambizioso riuscirà a tradurre il proprio peso politico in risultati concreti.

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