Le case italiane consumano troppo e le bollette salgono: l’allarme Ue sulla transizione energetica

La Commissione europei ha presentato il Rapporto sullo stato dell’energia dell’Unione: il Bel Paese deve spingere sulla ristrutturazione degli immobili e sullo sviluppo delle rinnovabili, per non mancare gli obiettivi al 2030
2 mesi fa
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Edifici

Gli sforzi per l’efficienza energetica dovranno fare un ulteriore passo avanti per raggiungere l’obiettivo di riduzione del consumo energetico finale dell’11,7% entro il 2030″. Questa la conclusione e insieme l’invito che emergono dal Rapporto sullo stato dell’energia dell’Unione, realizzato ogni anno dalla Commissione e presentato mercoledì. L’Italia è particolarmente chiamata in causa da questo avvertimento: dalla relazione emerge infatti un ritardo sia nella transizione verso le rinnovabili sia nel miglioramento dell’efficienza energetica: le abitazioni consumano troppo.

Bollette pesanti per famiglie e imprese italiane

Il tutto si traduce in bollette pesanti per famiglie e imprese. Le prime non riescono a sostenere i costi e perdono potere d’acquisto, le seconde diventano meno competitive. Un quadro complesso e sfaccettato da affrontare, secondo il rapporto, velocizzando la ristrutturazione degli immobili, che ancora oggi consumano troppo e hanno prestazioni energetiche largamente insufficienti. Inoltre occorre spingere l’acceleratore sulle rinnovabili.

Quanto al primo punto, nella parte dedicata all’Italia il Rapporto sottolinea che tra il 2021 e il 2022 i consumi energetici finali degli edifici residenziali sono calati solo del 5%, e quelli di negozi e uffici addirittura sono aumentati del 2%. Un confronto impietoso con la media europea, pari rispettivamente al 19,6% e al 6,7%.

Il risultato, spiega il Rapporto è che “nel 2023, il 4,1% delle popolazione italiana ha avuto difficoltà a pagare le bollette e il 9,5% non ha potuto riscaldare adeguatamente la casa durante l’inverno”. Il problema è il sistema di condizionamento e riscaldamento delle abitazioni, che pesa per l’80% dei consumi, con solo il 21% di rinnovabili a coprirli: nel 2023, informa la relazione, sono state vendute in Italia circa 378mila pompe di calore, con un calo del 26% rispetto all’anno precedente.

Italia ancora dipendente dalle fonti fossili

Quanto al secondo punto, nel 2022 in Italia i combustibili fossili (carbone, petrolio, gas) continuano a fare la parte del leone, coprendo l’80% del mix energetico, molto sopra la media europea pari al 69%. Dunque, solo il 20% di tale mix viene da fonti rinnovabili, peraltro in progressivo calo dal ‘picco’ del 2020 (22%, 21% nel 2021).

La musica non cambia per il mix elettrico, con il 63,3% dei combustibili fossili a fronte di una media europea pari al 38,6%. Il restante 36,5% è dato dalle rinnovabili, contro il 39,4% dell’Ue. Il paradosso è che l’Italia è il secondo Paese dell’Unione quanto a produzione di pannelli fotovoltaici, come riporta la relazione.

Ma in Europa com’è la situazione?

Il Rapporto sullo stato dell’energia dell’Unione fa il punto sui progressi compiuti dall’Ue verso il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione dell’Energia, del piano REPowerEU e della transizione verso l’energia pulita. Sullo sfondo, la volontà di diventare il primo continente a impatto climatico neutro entro il 2050, le complicate sfide della politica energetica seguite soprattutto all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, e le criticità legate alla progressiva perdita di competitività da parte del blocco.

Per questi motivi, spiega la relazione, le azioni immediate dell’Unione si sono concentrate lungo due direzioni: il risparmio energetico e il miglioramento dell’efficienza come modo più pulito ed economico per affrontare la crisi energetica e diminuire la dipendenza dall’estero ma, avverte, “il ritmo deve essere ulteriormente accelerato” nelle cinque dimensioni prese in considerazione:

• decarbonizzazione
• efficienza energetica
• sicurezza energetica
• mercato energetico interno
• ricerca, innovazione e competitività

La politica energetica, sottolinea lo studio, è fondamentale per la competitività europea, la sicurezza e la decarbonizzazione, così come per il raggiungimento degli obiettivi di zero inquinamento, la protezione della biodiversità e l’economia circolare. L’energia rappresenta infatti circa il 75% delle emissioni di gas serra (GHG).

Vediamo dunque quali risultati ci sono stati.

In base all’analisi, negli ultimi anni il ritmo di installazione delle energie rinnovabili ha raggiunto livelli record, inoltre l’Ue ha ridotto la sua dipendenza dal gas fossile russo e ha diminuito i consumi.

Le emissioni di gas serra nel blocco sono diminuite del 32,55% rispetto al 1990, mentre l’economia è cresciuta di circa il 67% nello stesso periodo, dimostrando, sottolinea il Rapporto “una disconnessione tra crescita ed emissioni”. I prezzi dell’elettricità e del gas sono scesi rispetto ai picchi del 2022, ma sono rimasti elevati.

L’energia eolica ha superato la produzione di gas ed è diventata la seconda fonte di elettricità dell’Ue dopo il nucleare, segnando un record rispetto al 2022 (56 GW di nuova capacità solare installata nel 2023 rispetto ai 40 GW di due anni fa).

Per quanto riguarda i risparmi, tra agosto 2022 e maggio 2024 l’Ue ha ridotto del 18% la domanda di gas, risparmiando circa 138 miliardi di metri cubi (bcm). In seguito alle sanzioni imposte alla Russia, le importazioni di gas russo sono passate dal 45% del totale delle importazioni di gas dell’Ue nel 2021 al 18% fino ad agosto 2024.

La Norvegia e gli Stati Uniti sono diventati i principali fornitori di gas del blocco – rispettivamente per il gas da gasdotto e GNL – fornendo il 34% e il 18% delle importazioni di gas nella prima metà del 2024.

“La relazione di quest’anno mostra che non siamo più alla mercé dei gasdotti di Putin e che continuiamo a sostenere i nostri partner ucraini con l’avvicinarsi dell’inverno. La relazione sottolinea i progressi compiuti nell’ambito di questo mandato verso un settore energetico sicuro, competitivo e a prezzi accessibili nell’Ue”, ha commentato a tal proposito Kadri Simson, commissaria per l’Energia.

Rimangono comunque diverse problematiche da affrontare:

• la dipendenza dalle importazioni
• i rischi per la sicurezza
• i cambiamenti climatici e il degrado ambientale
• la crescente concorrenza dalla Cina
• l’alto costo dell’energia rispetto ad altri concorrenti industriali come gli Stati Uniti.
• La riduzione del potere d’acquisto dei cittadini, aggravata dalle elevate bollette.

I prossimi passi dell’Italia

L’Italia, dunque, deve accelerare. Il rapporto ricorda che i Paesi dell’Ue devono presentare, entro giugno 2025, un Piano nazionale sociale per il clima, con un programma che punti a realizzare una transizione ecologica ed energetica socialmente equa, affrontandone gli impatti sociali su imprese e persone.

Il PSC è propedeutico per accedere ai finanziamenti del Fondo sociale per il clima recentemente istituito, che nascerà nel 2026 con una dotazione di 86,7 miliardi di euro fino al 2032, 7,8 miliardi dei quali potrebbero spettare all’Italia (il 10,8% del contributo totale).

Il Rapporto ricorda infine l’obbligo per i Paesi membri di sottoporre alla Commissione, entro lo scorso 1 luglio, i Piani Nazionali Integrati Energia e Clima (PNIEC), invitando i ritardatari a farlo al più presto.

Il governo italiano ha presentato il proprio, confermando l’obiettivo già proposto nel 2023 di raggiungere i 131 GW di rinnovabili al 2030, secondo le previsioni derivanti per il 79,2% dal solare, il 28,1% dall’eolico, il 19,4% dall’idrico, il 3,2% dalle bioenergie e 1 Gigawatt da fonte geotermica. E per la prima volta c’è spazio per il nucleare: 8 GW al 2050 per coprire l’11% della richiesta nazionale, con una possibile proiezione verso il 22%. Il ministro Gilberto Pichetto Fratin: “Il PNIEC traccia la strada energetica e climatica del futuro con grande pragmatismo, superando approcci velleitari del passato”.

Oltre alle fonti rinnovabili, il PNIEC punta su:

• produzione di combustibili rinnovabili come il biometano e l’idrogeno
• utilizzo di biocarburanti per contribuire alla decarbonizzazione del parco auto esistente
• diffusione di auto elettriche
• riduzione della mobilità privata
• cattura e stoccaggio di CO2
• ristrutturazioni edilizie
• elettrificazione dei consumi finali

Il tempo stringe e c’è molto da fare, non solo in Italia. Maroš Šefčovič, vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo, le relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, ha dichiarato a proposito del Rapporto della Commissione: “Mentre continuiamo a vivere in tempi turbolenti e abbiamo sfide future, la relazione odierna mostra i progressi senza precedenti che abbiamo compiuto in questo mandato per rafforzare la nostra Unione dell’energia. Dovremmo attuare rapidamente il nuovo quadro politico e normativo per far fronte agli elevati prezzi dell’energia e accelerare lo sviluppo delle infrastrutture. Porteremo inoltre con noi gli insegnamenti tratti dall’eccessiva dipendenza da un fornitore e proseguiremo con l’estensione del nostro progetto di acquisto in comune a nuovi prodotti di base, in quanto garantire la competitività industriale sarà fondamentale per il futuro successo economico dell’Ue”.