La crisi climatica è già realtà: 1 europeo su 8 è a rischio alluvioni o siccità

Decessi, feriti, malattie infettive e peggioramento della salute mentale: gli effetti sulle persone sono molteplici. E se i primi sono chiari e contabilizzabili, le ricadute sul benessere psicologico e l’aumento dei patogeni vengono spesso trascurate
6 mesi fa
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Emilia Romagna Alluvione
Alluvione in Emilia Romagna (Afp)

La crisi climatica è già qui, e il disastro ambientale dietro l’angolo, se non si farà nulla. Una relazione dell’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) conferma quanto gli scienziati ripetono da anni: i fenomeni estremi sono una realtà attuale, e impattano sulla salute delle persone e sull’economia. Occorre perciò agire senza perdere tempo. L’analisi dell’EEA, in particolare, si focalizza sugli effetti del cambiamento ambientale sul ciclo dell’acqua, da cui dipende l’esistenza stessa dell’uomo e della sua civiltà. Un dato su tutti è particolarmente allarmante: 1 europeo su 8 già oggi è a rischio alluvioni o siccità, due facce della stessa medaglia – poco onorevole – che è il cambiamento climatico.

L’Europa dunque sta già sperimentando le conseguenze che il riscaldamento globale porta con sé, sottolinea il report EEA, dal titolo “Rispondere agli impatti dei cambiamenti climatici sulla salute umana in Europa: focus su inondazioni, siccità e qualità dell’acqua”. Pubblicato la scorsa settimana nell’ambito delle attività dell’Osservatorio europeo del clima e della salute, il rapporto fa seguito alla valutazione europea del rischio climatico di inizio 2024.

Le conseguenze del cambiamento climatico sull’acqua

Ma quali sono queste conseguenze? La relazione cita, tra le altre, l’alterazione delle precipitazioni, l’erosione delle coste, l’aumento delle alluvioni, l’inquinamento, la siccità anche estrema, la scarsità di acqua, l’innalzamento del livello dei mari e delle temperature, la trasformazione o la perdita del bioma di laghi e mari.

I risultati di questi fenomeni fanno ormai parte della cronaca: per fare degli esempi, nel 2021 le inondazioni causate dalle piogge estreme in Belgio, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi hanno causato 230 morti e oltre 750 feriti. Nel 2023 le alluvioni hanno colpito Italia ed Europa centrale a maggio, Slovenia ad agosto e Bulgaria, Grecia e Turchia a settembre, mentre ad ottobre la Danimarca è stata colpita dalle peggiori mareggiate degli ultimi decenni. Nel totale, nel solo 2023, le inondazioni hanno colpito 1,6 milioni di persone.

Di contro, dal 2018 più della metà dell’Europa è stata colpita da condizioni di forte siccità, con ricadute pesanti sull’agricoltura e dunque anche sulla disponibilità e sul prezzo di frutta, verdura e acqua potabile.
Nel 2022 l’inquinamento del fiume Oder ha portato alla scomparsa dell’ecosistema, mentre sono sempre più frequenti gli incendi, favoriti dal clima secco e caldo.

Gli impatti del cambiamento climatico sulle persone sono vari: morti, feriti, focolai di malattie infettive e peggioramento della salute mentale. E se i primi sono chiari e si possono contabilizzare, le ricadute sul benessere psicologico e le conseguenze dell’aumento dei patogeni vengono spesso trascurate.

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Questo senza contare gli effetti sull’economia, su tutti sul settore agricolo. Si parla spesso infatti dei costi legati alla transizione verde ma non si sottolinea abbastanza quanto costa non fare la transizione verde, anche in termini strettamente economici. Eppure, secondo le stime della Commissione europea, i danni causati da alluvioni, siccità, ondate di calore, incendi boschivi e così via potrebbero ridurre il Pil europeo del 7% entro la fine del secolo.

In generale le prospettive non sono esaltanti, come sottolineato anche dalla Valutazione europea del rischio climatico, secondo cui i problemi ambientali aggraveranno le minacce per la società in futuro, con la salute come uno dei settori a rischio. Tanto più se si pensa che gli impatti non sono distribuiti uniformemente tra le regioni geografiche e le popolazioni, ma piuttosto vanno a colpire soprattutto i gruppi già svantaggiati o vulnerabili.

Ecco perché prevenire gli effetti del global warming è una priorità fondamentale per l’Unione europea, come evidenziato nella strategia di adattamento dell’Ue, nella normativa dell’Ue sul clima e nella comunicazione ‘Gestire i rischi climatici — proteggere le persone e la prosperità’.

Inondazioni, siccità e qualità dell’acqua

Andando più nel dettaglio della relazione dell’EEA, tre sono gli ambiti analizzati:

• inondazioni
• siccità e scarsità di acqua
• peggioramento della qualità dell’acqua

Inondazioni

Tra il 1980 e il 2022 sono stati registrati 5.582 decessi legati alle inondazioni in 32 Paesi europei. Oggi, un europeo su otto (circa 53 milioni di persone) vive in aree potenzialmente soggette a inondazioni fluviali, anche se spesso sono presenti delle difese contro le esondazioni. Si tratta di un aumento di 935mila unità in dieci anni, tra il 2011 e il 2021. Le percentuali più alte di persone a rischio si registrano nei Paesi Bassi (23,4%), Slovacchia (21,7%) e Austria (20,6%).

Ma non solo: in Europa un ospedale su nove si trova in aree potenzialmente soggette a inondazioni fluviali, così come quasi il 15% degli impianti industriali, percentuale che sale al 36% per gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Si stima che 650mila straripamenti fognari, dovuti a forti piogge, peggiorino la qualità dell’acqua.

Chi soffre e soffrirà di più sono ovviamente le persone più fragili: anziani, bambini, malati, persone a basso reddito, agricoltori e, aggiunge lo studio, le squadre di emergenza, che rischiano in prima persona.

Secondo il Joint Research Centre, se non si agisce per fronteggiare il global warming, in Europa eventi alluvionali più frequenti ed estremi potrebbero esporre fino a 484mila persone alle piene dei fiumi e fino a 2,2 milioni alle inondazioni costiere su base annua entro la fine del secolo. E si potrebbe arrivare anche a 340 decessi all’anno.

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Siccità e scarsità d’acqua

A causa della domanda di acqua e della siccità, le regioni europee sono sottoposte a uno stress idrico quasi permanente. Attualmente, si trova in questa situazione circa il 30% di chi vive nell’Europa meridionale, ma il problema non riguarda solo il Sud del continente.

Siccità e caldo favoriscono inoltre gli incendi, principalmente nell’Europa meridionale, ma anche in questo caso il problema ormai è molto più diffuso. Tra il 1980 e il 2022, 702 persone hanno perso la vita direttamente a causa di incendi boschivi nei 32 Paesi membri dell’AEA (27 Stati Ue più Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera e Turchia) e molte altre sono state colpite dal fumo delle fiamme, che ha implicazioni sulla salute nel breve e nel lungo periodo. Sia le siccità che gli incendi aumenteranno in futuro nella maggior parte dell’Europa, con la parte meridionale al centro dell’occhio del ciclone.

Qualità dell’acqua

La crescita della temperatura dell’aria e dell’acqua facilita la crescita degli agenti patogeni, aumentando il rischio di malattie trasmesse dall’acqua come leptospirosi, gastroenteriti acute, infezioni respiratorie. Anche le piogge estreme raddoppiano il rischio della presenza di concentrazioni di agenti patogeni dannosi nelle acque, a causa del deflusso contaminato e degli straripamenti combinati delle acque reflue.

Non solo: l’innalzamento del livello del mare provoca l’intrusione di acqua salina nelle falde acquifere sotterranee e superficiali, con effetti sulle colture.

Altrettanto dannosa la siccità, che provoca concentrazioni più elevate di inquinanti – che richiedono un costoso trattamento delle acque reflue – e favorisce il proliferare di cianobatteri nell’acqua, a scapito della sua qualità.

Cosa si può fare? Le proposte della relazione

Se la situazione non è rosea e lo scenario ‘business as usual’ regala un futuro a tinte fosche, la relazione dell’Agenzia non cede al pessimismo. Dedica invece ampio spazio alla verifica degli attuali sistemi di protezione europei – legislativi e non -, e a come agire per affrontare un problema che, se non gestito adeguatamente, potrà solo allargarsi ed esacerbarsi.

Intanto, spiega lo studio, il settore sanitario deve essere preparato a sfide nuove, come quelle legate all’impatto sulla salute mentale degli eventi estremi. Attualmente, i rischi derivanti da inondazioni, siccità e scarsa qualità dell’acqua sono infatti affrontati soprattutto dal punto di vista delle strategie di adattamento al clima, ma le politiche sanitarie dovrebbero invece riunire assieme clima e salute.

Poi occorre una programmazione strategica che passi da una corretta gestione delle risorse idriche – dall’approvvigionamento diversificato al trattamento delle acque reflue -, da una pianificazione territoriale che tenga in conto del clima, dalla progettazione di edifici resilienti e anche dalle assicurazioni. In quest’ultimo caso, garantire l’accessibilità a una protezione dai rischi può migliorare la salute mentale di chi potrebbe perdere tutto o quasi, come gli agricoltori o i gruppi a basso reddito.

Per l’EEA le politiche su clima, acqua e salute ci sono già ma devono essere attuate in modo più ampio e sistematico. Tutti i Paesi devono mettere in campo soluzioni efficaci, per questo la relazione presenta anche varie best practice da cui trarre ispirazione. I governi devono inoltre stanziare maggiori risorse e competenze per l’adattamento ai cambiamenti climatici, con particolare attenzione alla salute a livello locale.

Andrebbe poi sensibilizzata l’opinione pubblica sui rischi e sulle soluzioni, ad esempio per ridurre gli sprechi e la domanda di acqua. Senza dimenticare le azioni a medio e lungo termine tra cui i miglioramenti delle infrastrutture e le soluzioni basate sulla natura – come la fitodepurazione o i sistemi di drenaggio sostenibili – che però richiedono una pianificazione e degli investimenti sistematici.

In tutto ciò, la bussola degli interventi, sottolinea la relazione, deve essere l’equità. E dunque, l’approccio al contrasto ai cambiamenti climatici deve essere modulato da una parte secondo le diversità di vulnerabilità della popolazione, per età o per disuguaglianze sociali, e dall’altra secondo la variabilità geografica degli impatti ambientali.