La Commissione ritira la proposta di direttiva anti-greenwashing, vittoria di Popolari e radicali

Dopo il pressing di Popolari, Conservatori e Patrioti. Il Ppe: “Abbiamo bisogno di meno burocrazia e più competitività”. L'esecutivo europeo: le discussioni in corso stravolgevano la proposta 'Green Claims'
6 ore fa
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Presidente Commissione Ue Ursula Von Der Leyen
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen (Afp)

La convergenza ‘a geometrie variabili’ tra Popolari (Ppe), Conservatori (Ecr) e Patrioti (Pfe) ha mietuto una vittima illustre: la direttiva Green Claims’. Dopo le proteste degli eurogruppi, a pochi giorni dalla riunione finale del trilogo – il processo negoziale con Consiglio e Parlamento Ue – la Commissione ha deciso che ritirerà il provvedimento, come chiesto ieri da Ppe, Ecr e Pfe. Lo ha reso noto oggi Maciej Berestecki, portavoce dell’esecutivo europeo, durante il briefing giornaliero con la stampa, ricordando che la Commissione ha sia diritto di iniziativa legislativa, sia il potere di ritirare le sue proposte.

Dopo che la decisione dell’esecutivo ha sollevato dure proteste da parte di diversi eurodeputati, Berestecki ha spiegato in una dichiarazione scritta che negli ultimi mesi la Commissione ha partecipato in modo “costruttivo ai triloghi per trovare un compromesso equilibrato tra i colegislatori. Il nostro obiettivo è stato quello di raggiungere un accordo su una proposta legislativa che riducesse gli oneri amministrativi e la complessità per le imprese, in particolare per quelle più piccole”.

Le attuali discussioni sulla proposta, continua la nota, “sono in contrasto con il programma di semplificazione della Commissione, in particolare per quanto riguarda le microimprese. Circa 30 milioni di microimprese, il 96% di tutte le imprese, potrebbero essere coperte dalla proposta, se le microimprese fossero incluse”. Questo “distorcerebbe la proposta della Commissione, in modo da impedire il raggiungimento degli obiettivi perseguiti, cioè sostenere lo sviluppo dei mercati verdi, evitando nel contempo oneri eccessivi per le imprese più piccole”. Da qui, il ritiro della proposta legislativa sui Green Claims.

Cos’è la direttiva Green Claims

La direttiva, concepita nel contesto del Green Deal del 2019 e presentata ufficialmente dalla Commissione nel 2023, riguardava misure per contrastare il fenomeno del “greenwashing (la pratica, molto diffusa nel marketing e nella pubblicità, di spacciare per ecologico quello che ecologico in realtà non è)” e garantire maggiore trasparenza nelle comunicazioni ambientali delle aziende, regolamentando le dichiarazioni ecologiche sui prodotti e servizi e richiedendo che qualsiasi affermazione relativa all’impatto ambientale fosse supportata da prove scientifiche solide e verificabili. L’obiettivo era quello di proteggere i consumatori da informazioni fuorvianti e promuovere una concorrenza leale tra le imprese che si impegnano realmente per la sostenibilità.

Di recente la bozza della direttiva è stata criticata da europarlamentari del Partito popolare europeo (a cui è affiliata Forza Italia), del gruppo dei Conservatori e riformisti europei (che include Fratelli d’Italia) e quello dei Patrioti per l’Europa (che annovera la Lega). Ieri Stefano Cavedagna, eurodeputato di Fdi, ha rinnovato la richiesta alla Commissione di ritirare la bozza della direttiva e sottolineato che la spinta era avallata da una maggioranza di centrodestra al Parlamento europeo.

Il Ppe: “Abbiamo bisogno di meno burocrazia e più competitività”

La Commissione ha fatto bene a decidere di ritirare la proposta sulle ‘dichiarazioni ambientali’, hanno sostenuto le relatrici ombra del gruppo Ppe nel Parlamento Europeo per la direttiva, la ceca Danuše Nerudová e Arba Kokalari, eurodeputata svedese nata in Albania.

Meno burocrazia e più competitività“: questo chiedono i popolari, ha spiegato la politica ceca, aggiungendo che “la proposta è eccessivamente complessa e priva di una valutazione d’impatto specifica che dimostri che i suoi benefici superano gli oneri che imporrebbe alle imprese”. Il Ppe sostiene “pienamente l’obiettivo di contrastare il greenwashing”, ha continuato Nerudová, ma “abbiamo bisogno di una regolamentazione chiara, proporzionata e basata su dati concreti”.

Sulla stessa linea Kokalari, secondo cui la direttiva “comporterebbe maggiori formalità burocratiche per le aziende sostenibili, che sarebbero costrette a richiedere un’approvazione preventiva per poter dichiarare di essere sostenibili”.

L’eurodeputata svedese ha ricordato che “sia l’industria, sia le organizzazioni per l’etichettatura ecologica che quelle dei consumatori hanno criticato la proposta, che manca di una valutazione d’impatto e contraddice il principio fondamentale di una migliore regolamentazione”.

Anche per Letizia Moratti, europarlamentare di Forza Italia (appartenente al Ppe), il ritiro della proposta è “un successo per le imprese e per una sostenibilità pragmatica“. “Quello introdotto dalla direttiva soppressa sarebbe stato un sistema rigido e costoso, che avrebbe colpito in particolare le piccole e medie imprese, obbligandole a sottoporre ogni asserzione ambientale a una procedura preventiva di approvazione, onerosa e complessa “, ha affermato ancora Moratti, secondo cui la direttiva “non avrebbe apportato benefici significativi ai consumatori, soprattutto alla luce del recente via libera alla Direttiva contro il greenwashing, che già vieta affermazioni ambientali vaghe, ingannevoli o prive di riscontri verificabili”.

Fi: “Smontato un altro pezzo del Green Deal ideologico”

Fratelli d’Italia (Ecr) sottolinea l’aspetto più ‘politico’ della vicenda. In una nota i due eurodeputati Nicola Procaccini, copresidente del gruppo Ecr, e il capodelegazione di FdI a Bruxelles Carlo Fidanza hanno commentato: “Viene così smontato un altro pezzo del Green Deal ideologico firmato Frans Timmermans, confermando la necessità di norme ambientali equilibrate e realistiche: posizioni per cui ci battiamo fortemente dalla scorsa legislatura europea e che finalmente sembrano incontrare il buon senso della Commissione Ue e di altre forze politiche”.

Per gli eurodeputati di Fdi Pietro Fiocchi e Stefano Cavedagna, l’affossamento della proposta dimostra che “sulle questioni pratiche in Europa c’è un’intesa tra tutto il centrodestra con una posizione, quella di FdI, che è fondamentale per raggiungere questi obiettivi”.

“Vogliamo un’Europa dove vengano abbandonate scelte ideologiche, tra le quali le follie green, per guardare con concretezza alle esigenze delle imprese e dei cittadini. Stiamo cambiando l’Europa. La strada è lunga ma le prime risposte stanno arrivando”, hanno continuato in una nota. Stando a Fiocchi e Cavedagna la direttiva “avrebbe danneggiato le piccole e medie imprese e i consumatori, con un eccesso di burocrazia, senza avere chiarezza sui costi”.

I due si sono anche detti “molto soddisfatti” dell’annuncio dell’esecutivo Ue, avvenuto in seguito a “una iniziativa che ha visto noi Conservatori di Fratelli d’Italia, assieme al resto del centrodestra europeo, uniti per un obiettivo comune”: anche Partito popolare europeo e Patrioti si erano uniti alla richiesta.

Gozi (Re): “La Commissione si consegna al Ppe e alle destre”

Meno soddisfatto Sandro Gozi, eurodeputato di Renew Europe e relatore della direttiva Green Claims, per il quale il ritiro della proposta significa per la Commissione trasformarsi in “un esecutore politico delle linea del Ppe e dell’estrema destra europea”, venendo meno ai suoi doveri istituzionali. Una cosa “senza precedenti”.

Il Parlamento Europeo, ha affermato, “non ha mai chiesto lo stop ai negoziati sulla direttiva contro il greenwashing. Chi lo afferma diffonde fake news. I relatori sono pronti a concludere l’iter lunedì prossimo, come previsto. È inaccettabile che il Partito Popolare Europeo, in tandem con l’estrema destra, stia tentando di affossare una normativa fondamentale per proteggere i cittadini europei dalle truffe ambientali delle imprese”.

“Quando il Ppe si è reso conto di non poter fermare il negoziato – ha proseguito Gozi -, ha cercato di ottenere dalla Commissione quello che non poteva ottenere in Parlamento. Se davvero Ursula von der Leyen dovesse cedere a queste pressioni, ci troveremmo di fronte non solo a una gravissima violazione dell’indipendenza del collegio dei commissari, ma a una palese rinuncia ai doveri istituzionali della Commissione“.

“Mi aspetto che il commissario responsabile Jessika Roswall chiarisca immediatamente i motivi di questa scelta vergognosa. Il comportamento che stiamo vedendo è senza precedenti e mina la credibilità delle istituzioni europee”, ha concluso Gozi.

Convergenza tra Popolari e destre

Si ripete dunque una convergenza opportunistica tra popolari e gruppi radicali su argomenti specifici. In più di un’occasione Ppe, Ecr e Pfe, con anche i sovranisti, hanno votato insieme nell’Eurocamera, tanto che si è parlato di una ‘Maggioranza Venezuela’ che progressivamente potrebbe spostare a destra il Parlamento, affossando la ‘classica’ ‘Maggioranza von der Leyen (popolari, socialisti, verdi e liberali)’.

Una convergenza a intermittenza che ha trovato un altro terreno comune, quello della lotta alle politiche ambientali (che pure i Popolari hanno sostenuto), basti pensare alla legge contro la Deforestazione: in quell’occasione, lo scorso novembre, il Ppe ha presentato una serie di emendamenti, alcuni approvati in modo risicato, grazie ai voti delle destra e dell’estrema destra.