L’Unione europea va verso un nuovo rinvio del divieto sulle importazioni legate alla deforestazione, dopo le richieste in tal senso avanzate da più parti – dagli Usa al Sud America, ma anche da alcuni Stati membri. Si tratterebbe del secondo rinvio, dopo quello già deciso lo scorso dicembre, quando la Commissione aveva prorogato l’attuazione della normativa di 12 mesi (che scadono a fine 2025).
La commissaria Ue all’Ambiente Jessika Roswall ha confermato che l’esecutivo europeo sta valutando la questione, arrivando al Consiglio Ue Agrifish in programma ieri e oggi. Roswall ha negato che gli Stati Uniti c’entrino in qualche modo, e ha spiegato che il problema risiederebbe nel sistema informatico necessario al funzionamento della normativa: “Nonostante i nostri sforzi di semplificazione, siamo preoccupati per la quantità di dati da inserire”.
Ma le rimostranze, in sintesi, si concentrano sugli oneri economici e burocratici previsti dalla legge, giudicati così “sproporzionati” dai suoi critici da rendere impossibile rispettarla. In ogni caso, per ottenere il rinvio, si ipotizza di uno o due anni, sarà necessario l’accordo della maggioranza degli Stati membri e del Parlamento europeo.
Cosa prevede la legge sulla deforestazione
Il Regolamento Ue 2023/1115 sulla deforestazione (European Union Deforestation Regulation, Euder), che ha l’obiettivo di sfavorire le pratiche di deforestazione in Europa e nel Mondo, è stato proposto nel 2021 nella cornice del Green Deal. Dopo un ‘alleggerimento’ delle misure, attutato in risposta alle pressioni degli agricoltori e ai timori per la competitività del blocco, la normativa è stata approvata ed è entrata in vigore il 29 giugno 2023. Come detto, grazie al rinvio dello scorso dicembre, la sua applicazione è stata però posticipata a fine 2025 (e di ulteriori sei mesi, al 30 giugno 2026, per gli operatori che al 31 dicembre 2020 erano costituiti come microimprese o piccole imprese – con l’eccezione per i prodotti presenti nell’allegato del Regolamento Ue n. 995/2010 Eutr, che Euder sostituisce).
L’Euder chiede che una serie di merci-chiave, provenienti sia dall’interno che dall’esterno dell’Ue, siano ‘deforestazione-free’. In pratica, le imprese del blocco dovranno certificare che il loro prodotto, comprese le filiere di approvvigionamento, non deriva da terreni che siano stati soggetti a deforestazione o degrado forestale, comprese le foreste primarie, dopo il 31 dicembre 2020.
Di fatto le aziende interessate dovranno condurre una rigorosa due diligence se esportano o immettono sul mercato europeo olio di palma, bovini, soia, caffè, cacao, legname e gomma, o derivati come carne di manzo, mobili o cioccolato.
Non solo: le aziende dovranno inoltre verificare che tali prodotti siano conformi alla legislazione vigente nel Paesi di produzione anche in materia di diritti umani.
La condanna degli Usa
Molte Nazioni hanno condannato la legge, a partire dal Sud America e dall’area indo-pacifica. Anche l’Indonesia, che ha appena stipulato un accordo commerciale con l’Unione europea, ha criticato le misure, e l’India ha proposto la questione durante i colloqui per un partenariato con i Ventisette, attualmente in corso.
I Paesi in via di sviluppo sostanzialmente sostengono che la legge sulla deforestazione non possa essere rispettata dai piccoli agricoltori (parliamo di milioni di piccole attività), che non hanno le risorse necessarie e che di conseguenze rimarrebbero esclusi dai commerci con l’Europa.
Ma anche gli Usa hanno condannato la normativa. E non è un caso che nel controverso e criticato accordo commerciale con l’Ue, quest’ultima abbia promesso di “lavorare per rispondere alle preoccupazioni dei produttori ed esportatori statunitensi”, peraltro riconoscendo che “la produzione delle materie prime in questione all’interno del territorio degli Stati Uniti rappresenta un rischio trascurabile per la deforestazione globale“.
La contestazione in casa: le richieste di Polonia e Italia
Ma lo scontento viene anche dall’interno del blocco: Varsavia ad esempio a inizio settembre ha chiesto un rinvio di due anni, perché “il modello attuale impone oneri sproporzionati, soprattutto in Paesi come la Polonia, dove il rischio di deforestazione è trascurabile”, afferma un documento del governo.
Anche l’Italia ha proposto modifiche, idealmente attraverso il prossimo pacchetto Environmental Omnibus. Confagricoltura e FederlegnoArredo ieri a Bruxelles, durante un incontro organizzato nella sede dell’Europarlamento, hanno chiesto di ridurre ulteriormente gli oneri per le pmi, di concentrare gli obblighi di due diligence sui primi operatori, di potenziare il sistema informativo e di garantire una classificazione del rischio Paesi più aderente alla realtà. Anche Varsavia e Washington, tra gli altri, spingono per una categoria “rischio zero” di deforestazione.
Per gli operatori costi dai 175 milioni di euro ai 2,6 miliardi
Secondo una stima dalla Commissione europea, i costi annuali di conformità all’Eudr per gli operatori andranno dai 175 milioni di euro ai 2,6 miliardi. In base alle proiezioni realizzate dalle cooperative forestali su piccola scala, i costi una tantum per la conformità al nuovo Regolamento ammonteranno a circa il 20% del loro fatturato, mentre i costi operativi annuali supereranno il 5%. Percentuali che rischiano di estromettere dal mercato la maggior parte delle piccole realtà.
Per Confagricoltura e Federlegnoarredo le nuove regole, così come previste, rischiano di creare incertezza nell’intera filiera e concreti rischi per la competitività e la sostenibilità economica delle pmi, che rappresentano la maggioranza delle attività agroforestali italiane ed europee.
“Non semplificare significa rendere impossibile rispettare le regole previste”, ha detto Claudio Feltrin, presidente di Federlegnoarredo, aggiungendo: “Con l’attuale testo di Regolamento rischiamo invece una perdita di competitività, soprattutto rispetto ai mercati extra-Ue che agiscono in assenza totale di regole, che potrebbe avere come conseguenza anche una delocalizzazione delle attività produttive proprio verso questi Paesi”.
L’obiettivo da raggiungere è la riduzione del 35% degli oneri amministrativi per le piccole medie imprese, come indicato anche nella bussola per la competitività europea, approvata dalla Commissione lo scorso gennaio facendo proprie le raccomandazioni contenute nel Rapporto Draghi.