Energia, “l’Italia ha fatto un piccolo miracolo ma paga ancora troppo”. Le proposte di Procaccini e il convegno promosso da Ecr

Esperti e istituzioni a confronto su prezzi energetici, strategie Ue e soluzioni. Intervista a Procaccini: “L’Italia paga più di tutti. L’Energy Release non è aiuto di Stato e va difeso da Bruxelles, i CfD possono aiutarci”
15 ore fa
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Nicola Procaccini
Nicola Procaccini

Nonostante la normalizzazione dei mercati energetici dopo la crisi del 2022, l’Italia continua a pagare l’energia più degli altri paesi europei. Per questo il gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (Ecr) ha organizzato un convegno presso la sala Pininfarina di Confindustria a Roma, in cui esperti e rappresentanti istituzionali hanno fatto il punto sul costo dell’energia in Italia e in Europa, provando a trovare soluzioni innovative a un problema che viene da (molto) lontano, e ha molte cause.

A introdurre i lavori è stata Lucia Leonessi, direttrice generale di Cisambiente, che ha richiamato la necessità di una strategia energetica “più integrata e sostenibile”, capace di guardare non solo ai prezzi ma anche alla competitività del sistema produttivo.

Al centro dell’incontro, il report tecnico curato dall’ingegner Mauro Porcelli, esperto del settore e analista energetico, che ha ricostruito in dettaglio l’andamento dei prezzi di gas ed elettricità dal 2022 a oggi. “Il prezzo medio del gas nel 2022 – ha ricordato Porcelli – era oltre cinque volte quello degli anni precedenti. A cascata, l’Italia ha registrato il prezzo medio dell’elettricità più alto dell’UE: 304 €/MWh, con picchi a 543 nel mese di agosto. Oggi i prezzi si sono dimezzati, ma restano del 40-50% più alti rispetto a paesi come la Spagna”.

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Il convegno “Il costo dell’energia in Italia e in Europa”

A margine della conferenza, l’Adnkronos ha parlato con Nicola Procaccini, eurodeputato e copresidente del gruppo Ecr: “la vera lezione della crisi è che l’Italia ha sofferto più di altri per il cosiddetto single point of failure: la dipendenza da un’unica fonte energetica e da un solo prezzo, quello del gas. Anche per questo, il costo dell’elettricità ha seguito dinamiche distorte, rendendo la nostra industria meno competitiva”.

Tra le misure più efficaci, Procaccini ha citato l’“energy release”: “Un modello intelligente: le imprese energivore ricevono energia a prezzo calmierato in cambio dell’impegno a costruire impianti da fonti rinnovabili, restituendo l’energia scontata nell’arco di vent’anni. Un sistema che favorisce produzione verde e abbassa i costi”. Una misura italiana che però, denuncia Procaccini, “oggi viene messa in discussione da Bruxelles, che paventa un aiuto di Stato, mentre altri Paesi come Germania e Francia hanno potuto nazionalizzare (vedi il caso Edf), sussidiare, spendere miliardi senza contestazioni. La stessa ‘eccezione iberica’ è stata concessa a Spagna e Portogallo e non ad altri”.

L’Italia in questi anni ha agito su più fronti: dal decreto bollette all’aumento della produzione energetica (anche grazie ai due rigassificatori di Piombino e Ravenna), fino all’impegno di Eni per sganciarci dal metano russo. Ma le criticità restano. “Abbiamo fatto un piccolo miracolo ma il problema – prosegue Procaccini – è che, sebbene i prezzi siano scesi dai picchi del 2022, l’Italia paga ancora energia più cara della media europea, e l’industria ne risente. Servono strumenti concreti”.

Tra le soluzioni proposte, l’eurodeputato segnala un disaccoppiamento di fatto del prezzo del gas da quello dell’elettricità, già sperimentato in forma parziale dall’eccezione iberica: “Il nuovo mercato elettrico europeo, con contratti a lungo termine e meccanismi come i contratti per differenza a due vie (i cosiddetti CfD), può offrire un vantaggio. Se il prezzo sale, il surplus va a beneficio delle bollette. Se scende, lo Stato sostiene il produttore. È una proposta strutturata, e va perseguita”.

In chiusura, Procaccini sottolinea una prospettiva positiva: “vediamo una riduzione del gap tra Italia ed Europa quando si parla di costo dell’energia. Non sarà immediato, ma andiamo in quella direzione”. In tutto questo si nota una certa convergenza tra Ecr e Ppe sui temi ambientali: “Serve meno ideologia e più realismo. L’elettrificazione dei sistemi, l’intelligenza artificiale, i data center: tutto va verso un aumento dei consumi, non una loro riduzione. Non possiamo affrontare il futuro chiedendo semplicemente di consumare meno, come nel fumoso piano Jorgensen”.

Tra gli altri interventi, anche quelli del professor Antonio Frangioni, direttore dell’Università di Pisa, e di Roberto Sommella, direttore di Milano Finanza, che hanno offerto un’analisi degli impatti sui mercati e delle prospettive di riforma a livello europeo.