Raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 è una delle sfide più ambiziose mai poste all’industria europea. Il settore del trasporto stradale pesante – responsabile di una quota significativa delle emissioni – è ora al centro di una trasformazione radicale. Con i nuovi target fissati dal Regolamento UE 2024/1610 – che impongono tagli progressivi delle emissioni fino al -90% entro il 2040 – la pressione sulle imprese del settore è altissima. Ma la domanda è: siamo davvero pronti?
A sostenerne la complessità è Luigi Ambrosio, Vicepresidente nazionale di Anita e referente per Innovazione tecnologica, Digitalizzazione e Ambiente, che in una puntata di Eurofocus ha definito gli obiettivi europei “notevolmente ambiziosi”, sottolineando che “l’abbattimento delle emissioni fino ad arrivare a zero nei tempi imposti dall’Europa è veramente difficile”.
Fondata in Confindustria nel 1944, Anita è la prima associazione italiana nata per rappresentare le imprese dell’autotrasporto merci e della logistica. Oggi aggrega oltre 1.700 aziende, responsabili di oltre il 50% del traffico merci in Italia e all’estero, con circa 100mila addetti.
Il nodo tecnologico: elettrico sì, ma non basta
“La tecnologia full electric – ha spiegato Ambrosio – in questo momento è inapplicabile per il trasporto pesante su lunga distanza: carenza infrastrutturale, costi elevati, bassa autonomia e tempi di ricarica lunghi ne limitano l’adozione”. Oggi, circa il 97% dei veicoli pesanti immatricolati in Italia è ancora a motore diesel. Una realtà che contrasta con le ambizioni regolamentari europee.
Le associazioni del settore sottolineano come l’approccio europeo – fortemente sbilanciato su veicoli a zero emissioni (elettrico e idrogeno) – sia poco inclusivo rispetto ad altre soluzioni tecnologiche già disponibili, come i biocarburanti avanzati, il bioGNL, i carburanti sintetici e i recycled carbon fuels. Questi carburanti, noti come Carbon Neutral Fuels, possono abbattere le emissioni di CO₂ lungo l’intero ciclo di vita fino al 100%, in alcuni casi persino superandolo.
Una transizione graduale e realistica
“Serve una pluralità di tecnologie”, ha ribadito Ambrosio. “Oltre all’elettrico e all’idrogeno, è fondamentale puntare su carburanti alternativi come il biodiesel e il bioLNG. Solo così si potrà procedere a una lenta e graduale decarbonizzazione del settore”.
Il principio della neutralità tecnologica è anche al centro della posizione delle associazioni di categoria: non si può affidare l’intera transizione ambientale del trasporto pesante a una sola soluzione. Soprattutto considerando che il parco circolante italiano ha un’età media di 19 anni e che oltre il 30% dei mezzi è ancora ante Euro V.
Il ruolo delle istituzioni e le sfide globali
Nel confronto con Stati Uniti e Cina, l’Europa si trova in una posizione intermedia. “Negli USA – osserva Ambrosio – si garantisce un costo dell’energia più basso e si privilegia un mix tecnologico; la Cina invece sussidia pesantemente l’elettrico. L’Europa ha recentemente mostrato apertura verso un approccio più soft, ma resta un contesto competitivo difficile”.
Le associazioni di settore propongono alcune misure concrete per sostenere la transizione, tra cui:
- l’introduzione di un Carbon Correction Factor nel calcolo delle emissioni per valorizzare i carburanti alternativi;
- il rafforzamento del Fondo Investimenti Autotrasporto, con una dotazione di almeno 700 milioni in tre anni;
- incentivi per l’acquisto di carburanti alternativi e veicoli a minore impatto;
- il reinvestimento dei proventi del sistema ETS2 (Emission Trading System) nella filiera del trasporto stradale.
Conclusione
Il futuro del trasporto pesante europeo dipende dalla capacità di combinare visione ambientale e pragmatismo industriale. La pluralità tecnologica non è solo una strategia, ma una necessità per garantire la sostenibilità della transizione e la competitività delle imprese italiane ed europee. Come sottolinea Ambrosio: “I tempi sono stretti, ma con il giusto mix di tecnologie e investimenti mirati, la sfida si può affrontare. Serve realismo, non ideologia”.