Bruxelles vara il Clean Industrial Deal: più flessibilità sugli aiuti di Stato

La Commissione europea punta a semplificare l’accesso agli aiuti per tecnologie pulite, decarbonizzazione e produzione industriale strategica
5 ore fa
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Pale eoliche per energia rinnovabile
Pale eoliche per energia rinnovabile

La Commissione europea introduce una nuova disciplina sugli aiuti di Stato rivolta a sostenere l’industria pulita. Con l’adozione del Clean Industrial Deal State Aid Framework, in vigore fino al 31 dicembre 2030, si punta a facilitare la transizione industriale dell’Unione europea verso la decarbonizzazione, semplificando le regole per gli aiuti pubblici in settori strategici come l’energia rinnovabile, le tecnologie a basse emissioni, la produzione industriale di tecnologie pulite e la gestione del rischio negli investimenti privati.

Secondo Teresa Ribera, vicepresidente esecutiva per una Transizione pulita, giusta e competitiva, il nuovo quadro rappresenta “uno strumento per rafforzare la competitività industriale europea, sostenere l’ambizione climatica e garantire sistemi energetici più stabili ed equi”, riconoscendo il ruolo strategico dello Stato negli investimenti per il futuro.

Il nuovo quadro normativo prende il posto del Temporary Crisis and Transition Framework, adottato nel 2022 per fronteggiare le conseguenze economiche della guerra in Ucraina. Ma a differenza del regime precedente, emergenziale e limitato nel tempo, il Clean Industrial Deal State Aid Framework è costruito per offrire stabilità e strumenti permanenti agli Stati membri che vogliono sostenere l’industria nella transizione verde.

Cosa cambia

La disciplina introduce una procedura semplificata per autorizzare rapidamente aiuti pubblici destinati alla diffusione di fonti energetiche rinnovabili e combustibili a basse emissioni di carbonio. Solare, eolico, biometano e idrogeno low-carbon rientrano tra le tecnologie agevolabili, con regole standardizzate che consentono agli Stati membri di attivare regimi di aiuto senza lunghi iter autorizzativi.

La novità è operativa: la Commissione europea consente l’utilizzo di modelli predefiniti per approvare programmi di sostegno alle rinnovabili. Questo consente un’implementazione più rapida dei progetti, riducendo i tempi di valutazione e rendendo prevedibili gli interventi pubblici.

Un’attenzione specifica è rivolta ai combustibili a basse emissioni, in particolare l’idrogeno, considerato essenziale nei settori industriali dove la decarbonizzazione tramite elettrificazione non è ancora economicamente o tecnicamente possibile. L’aiuto pubblico si giustifica solo se il progetto ha un impatto diretto sulla riduzione delle emissioni e sull’efficienza energetica.

Il nuovo quadro prevede anche strumenti per supportare la flessibilità del sistema elettrico in presenza di fonti intermittenti, come il solare e l’eolico. Gli Stati membri potranno incentivare la capacità di riserva tramite compensazioni ai produttori che mantengono impianti pronti all’attivazione in caso di necessità. I progetti coerenti con i nuovi “modelli-obiettivo” europei potranno essere approvati con procedura accelerata, mentre gli altri saranno valutati con la disciplina ordinaria sugli aiuti di Stato in materia di clima, ambiente ed energia.

L’approccio è tecnico con approvazioni rapide per le tecnologie standardizzate e valutazione più approfondita per progetti fuori schema. L’obiettivo non è solo velocizzare, ma garantire che il sostegno pubblico sia giustificato, proporzionato e coerente con il mercato interno.

Prezzi dell’energia per l’industria energivora

All’interno del Clean Industrial Deal State Aid Framework, la Commissione europea introduce la possibilità per gli Stati membri di intervenire sul costo dell’energia elettrica per le imprese con alto consumo energetico, attive in settori esposti alla concorrenza internazionale. Queste imprese, spesso localizzate in comparti industriali strategici, si trovano a fronteggiare costi energetici superiori rispetto a quelli di concorrenti localizzati in Paesi extraeuropei con regolamentazioni ambientali meno stringenti.

Il nuovo schema permette di riconoscere una riduzione temporanea dei costi dell’elettricità, ma condizionata a impegni vincolanti di decarbonizzazione. In altre parole, le imprese che beneficiano di aiuti dovranno destinare parte delle risorse a investimenti per ridurre l’impatto climatico dei propri processi produttivi.

Il sostegno non è automatico: gli Stati membri dovranno dimostrare che il settore è a rischio di delocalizzazione e che le imprese beneficiarie hanno un’effettiva esposizione commerciale internazionale. Gli aiuti saranno graduati in funzione del grado di intensità energetica e potranno essere rimodulati in base ai cambiamenti nei prezzi dell’energia. Gli aiuti non servono a mantenere la competitività a prescindere, ma a garantire che la transizione climatica non provochi effetti collaterali sulle catene di produzione essenziali. L’intervento pubblico diventa così un meccanismo di compensazione temporaneo, legato a risultati concreti di riduzione delle emissioni.

Incentivi alla produzione di tecnologie pulite

Il Clean Industrial Deal State Aid Framework apre anche alla possibilità di finanziare direttamente la costruzione o l’ampliamento di impianti industriali dedicati alla produzione di tecnologie pulite. In particolare, sono ammissibili investimenti in pannelli fotovoltaici, batterie, elettrolizzatori, pompe di calore e altri dispositivi rilevanti per la decarbonizzazione, così come attività legate alla trasformazione delle materie prime critiche.

I progetti potranno essere sostenuti attraverso regimi di aiuto generali, oppure tramite misure individuali in caso di rischio di delocalizzazione. Quest’ultimo punto è centrale: la Commissione europea riconosce che, senza interventi mirati, molti investimenti potrebbero essere attratti da Paesi extraeuropei che offrono incentivi più favorevoli, come gli Stati Uniti attraverso l’Inflation Reduction Act.

Oltre alla produzione, il nuovo quadro autorizza anche incentivi fiscali per stimolare la domanda di tecnologie pulite. Gli Stati membri potranno, ad esempio, introdurre ammortamenti accelerati sugli investimenti, consentendo alle imprese di recuperare più rapidamente i costi sostenuti per l’acquisto di impianti a basso impatto climatico.

Il sostegno potrà essere più elevato nelle regioni meno sviluppate, secondo le carte europee degli aiuti a finalità regionale. Questo strumento consente di evitare squilibri territoriali e di orientare nuovi investimenti industriali anche in aree finora escluse dalle grandi filiere produttive.

Garanzie pubbliche per progetti industriali strategici

Il Clean Industrial Deal State Aid Framework include un capitolo dedicato alla riduzione del rischio per gli investimenti privati in tecnologie pulite, infrastrutture energetiche e progetti legati all’economia circolare. La Commissione europea riconosce che molte iniziative restano bloccate a causa dell’alto rischio percepito da parte degli investitori, soprattutto in fase iniziale.

Per questo motivo, gli Stati membri potranno partecipare direttamente al finanziamento dei progetti, attraverso strumenti come capitale pubblico, prestiti agevolati e garanzie statali. Tali strumenti potranno essere veicolati tramite fondi pubblici o società veicolo, che agiscono come intermediari per la gestione di portafogli di progetti ammissibili.

I settori interessati includono l’elettrificazione industriale, la produzione e distribuzione di idrogeno, la cattura e lo stoccaggio del carbonio, le reti elettriche intelligenti e la riconversione degli impianti ad alta intensità di emissioni. Anche progetti infrastrutturali per il riciclo e il riuso di materiali rientrano nel perimetro di ammissibilità.

Il principio guida resta quello della proporzionalità: il sostegno pubblico deve essere necessario, mirato e non superiore a quanto indispensabile per attivare l’investimento. La Commissione europea richiede inoltre trasparenza sui criteri di selezione, sulla natura del rischio coperto e sulla struttura dei ritorni economici.

Questa componente del quadro rappresenta una leva importante per mobilitare risorse private in settori ad alto impatto strategico, ma ancora sottocapitalizzati. L’intervento dello Stato non sostituisce il mercato, ma agisce come fattore abilitante, abbattendo barriere iniziali e accelerando l’avvio di progetti compatibili con gli obiettivi climatici.