Il ritorno dell’acetamiprid: il caso francese che riapre il fronte pesticidi in Europa

Mentre in Francia esplode la protesta contro la Loi Duplomb, il caso acetamiprid diventa occasione per fare il punto sulla gestione dei pesticidi in Italia e nell’Ue
7 ore fa
5 minuti di lettura
Insetticida Pesticida Canva

Non è una sostanza vietata in Europa, ma la sua gestione nazionale ha acceso un incendio politico senza precedenti. L’acetamiprid, insetticida della famiglia dei neonicotinoidi, è diventato il simbolo della frattura tra mondo agricolo e società civile in Francia. Il governo Macron, con l’appoggio delle principali lobby agricole, ha sostenuto un disegno di legge – soprannominato Loi Duplomb – che ne consente il ritorno nei campi, dopo che nel 2022 il governo francese ne aveva sospeso l’impiego su larga scala a titolo precauzionale. La decisione ha sollevato un’ondata di protesta senza precedenti: una petizione contro la legge ha superato i due milioni di firme, rendendola la più partecipata della storia francese.

La Corte costituzionale è ora chiamata a esprimersi sulla legittimità del provvedimento. Non è un passaggio tecnico. Il processo ha catalizzato il malcontento crescente verso la gestione dei pesticidi e ha trasformato un atto legislativo in un caso politico nazionale. Le critiche non riguardano solo il contenuto della legge – che non si limita all’acetamiprid, ma prevede anche l’allentamento delle regole per l’ampliamento di allevamenti intensivi – ma anche il metodo: un iter parlamentare accelerato, senza dibattito pubblico, passato in sordina fino alla mobilitazione popolare.

Il presidente Emmanuel Macron si ritrova incastrato tra due blocchi inconciliabili: da un lato gli agricoltori, che denunciano normative troppo restrittive e un mercato sempre più sbilanciato; dall’altro i cittadini, soprattutto giovani e urbani, che chiedono scelte più radicali per la salute e la biodiversità. A questo si aggiunge la pressione politica interna: 26 deputati della sua maggioranza hanno votato contro la legge, segnalando crepe crescenti tra i centristi. E mentre l’estrema destra osserva e capitalizza lo scontro, Macron ha scelto il silenzio, in attesa della sentenza della Corte. Ma qualunque sia il verdetto, il caso è ormai un precedente.

Tossicità sotto osservazione

Il nodo centrale – al netto delle tensioni politiche – è la sicurezza dell’acetamiprid. Dal punto di vista regolatorio, la sostanza è autorizzata dall’Unione Europea, a differenza di altri tre neonicotinoidi (clothianidin, imidacloprid e thiamethoxam) vietati dal 2018 per il loro impatto sugli impollinatori. L’acetamiprid è considerato meno persistente nel suolo e meno pericoloso per le api, almeno secondo le valutazioni disponibili fino a pochi anni fa. Ma negli ultimi mesi il quadro scientifico è cambiato.

Nel 2024, l’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha pubblicato una nuova valutazione in cui raccomanda di abbassare in modo significativo la dose giornaliera ammissibile. Il motivo: gravi incertezze sugli effetti neurologici della sostanza, soprattutto nei feti e nei bambini. Pur senza richiedere il ritiro dal mercato, l’agenzia ha espresso preoccupazione per i potenziali rischi neurotossici. Studi su animali suggeriscono inoltre che l’acetamiprid possa alterare il sistema endocrino e provocare danni al dna, due meccanismi che potrebbero – in certe condizioni – favorire l’insorgenza di tumori.

L’Ordine dei Medici francese ha preso una posizione dura, scrivendo che “il dubbio non è ammissibile quando si parla di sostanze associate a disturbi neurologici, tumori pediatrici e malattie croniche.” La comunità scientifica resta prudente: non ci sono ancora prove epidemiologiche solide sull’uomo, ma il principio di precauzione – pilastro della normativa Ue – suggerisce che in presenza di incertezza grave debba prevalere la tutela della salute e dell’ambiente.

Negli Stati Uniti, l’Epa (l’Agenzia per la protezione dell’ambiente) ha classificato l’acetamiprid come “non probabilmente cancerogeno per l’uomo”, ma anche questo giudizio è oggetto di dibattito, e non tiene conto delle nuove evidenze europee. Il fatto che la Francia avesse scelto nel 2022 di vietare la sostanza prima dell’UE era stato accolto come un esempio di leadership ambientale. Oggi quella scelta viene ribaltata per ragioni economico-politiche, senza che le incertezze scientifiche siano diminuite. Ed è proprio questo paradosso che ha riacceso la protesta.

La gestione italiana

L’Italia adotta una gestione intermedia dell’acetamiprid rispetto ad altri Paesi europei, mantenendo la sostanza tra quelle autorizzate in linea con la normativa UE. L’insetticida è utilizzato in colture economicamente strategiche, come vite, agrumi, pomacee e orticole, all’interno di schemi tecnici controllati. Le autorizzazioni ministeriali e i disciplinari regionali – in particolare quelli della produzione integrata – definiscono dosi, epoche di intervento e numero massimo di applicazioni, con restrizioni più severe in alcune aree, come Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, dove si sperimentano strategie alternative alla chimica sistemica.

Sul piano del monitoraggio, l’Italia dispone di una delle reti più capillari d’Europa. Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, nel 2023 oltre il 60% delle acque superficiali analizzate conteneva residui di pesticidi. Il dato riflette da un lato la diffusione dell’uso agricolo, dall’altro l’efficacia del sistema di rilevamento. La criticità maggiore riguarda la presenza simultanea di più principi attivi nella stessa matrice ambientale – le cosiddette “miscele” – che complicano la valutazione del rischio per ecosistemi e salute umana. Nella maggior parte dei casi i valori restano entro i limiti di legge, ma l’incremento delle contaminazioni croniche solleva la necessità di rafforzare la prevenzione.

Il punto più debole resta la mancanza di una strategia nazionale aggiornata. Il Piano d’Azione Nazionale (Pan) per l’uso sostenibile dei fitosanitari, adottato nel 2014, avrebbe dovuto essere aggiornato dopo cinque anni, ma al 2025 il nuovo testo non è stato ancora approvato. La bozza circolata nel 2021, che includeva obiettivi ambiziosi come la riduzione progressiva dei pesticidi più pericolosi e il rafforzamento della difesa biologica, si è arenata tra opposizioni politiche e resistenze tecniche. La governance resta così sospesa: da un lato disciplinari regionali avanzati, dall’altro un vuoto strategico a livello centrale.

Un’ulteriore criticità riguarda il ricorso frequente alle deroghe temporanee, concesse per l’uso di sostanze vietate a livello europeo – come il tiametoxam – in caso di “emergenza fitosanitaria”. Seppure previste dal regolamento UE, queste autorizzazioni vengono criticate da ambientalisti e ricercatori, che chiedono criteri più restrittivi e maggiore trasparenza. L’uso sistematico di deroghe, comune anche in altri Paesi, rischia di svuotare il principio di precauzione e di diventare una scorciatoia strutturale anziché un’eccezione regolata.

Un’Europa divisa sull’uso dei pesticidi

La gestione dell’acetamiprid e più in generale dei pesticidi riflette un cortocircuito più ampio che coinvolge l’intera Unione Europea. Il quadro regolatorio è teoricamente robusto: il Regolamento 1107/2009 impone un’autorizzazione centralizzata delle sostanze attive e richiede un’applicazione rigorosa del principio di precauzione. Ma nella pratica, gli Stati membri hanno ampi margini di manovra e le decisioni politiche tendono spesso a scavalcare gli allarmi scientifici. L’acetamiprid, per esempio, è legale in Ue, ma il suo uso effettivo varia enormemente da un Paese all’altro.

La Francia, come detto, aveva vietato la sostanza, ma ora torna sui suoi passi. La Germania la consente, ma con vincoli molto rigidi e con una forte spinta verso la riduzione dell’uso di pesticidi. In Spagna, l’acetamiprid è usato estensivamente, soprattutto nelle colture intensive del Sud. Nei Paesi dell’Est, come Polonia e Romania, la sostanza è ancora largamente impiegata, e ogni proposta di restrizione è vista come una minaccia alla competitività agricola. L’Italia sta nel mezzo, senza vietare né limitare seriamente.

L’ambizione del Green Deal europeo, che puntava a dimezzare l’uso dei pesticidi entro il 2030, si è scontrata con la realtà. La proposta di regolamento Sur (Sustainable Use Regulation), che avrebbe reso obbligatori obiettivi di riduzione vincolanti per ogni Stato, è stata respinta dal Parlamento europeo nel 2023, con l’opposizione di numerosi governi e gruppi politici conservatori. Il tema è diventato un campo di battaglia politico, dove ogni avanzamento normativo viene frenato da resistenze corporative e calcoli elettorali.

Intanto cresce la pressione dal basso. Le petizioni pubbliche aumentano, le cause legali contro autorizzazioni nazionali si moltiplicano, e le Corti costituzionali iniziano a intervenire – come dimostra il caso francese.