Pavel Durov, fondatore di Telegram arrestato a Parigi: perché e quali conseguenze?

Perché Pavel Durov è stato arrestato e cosa accadrà all’app se verrà confermata la custodia? Dilaga l’hashtag #FreePavel e la solidarietà espressa da Musk e Salvini
3 mesi fa
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Pavel Durov (IPASocialIT/Fotogramma)
Pavel Durov (IPASocialIT/Fotogramma)

Pavel Durov, il fondandore di Telegram, è stato arrestato in Francia. Il miliardario, di origine russa, è stato rintracciato dalle autorità francesi all’aeroporto Le Bourget, fuori Parigi, poco dopo essere atterrato su un jet privato nella tarda serata di sabato, e posto in custodia. Le accuse della magistratura francese? “Frode, traffico di droga, cyberbullismo, criminalità organizzata e promozione del terrorismo”.

Secondo le autorità d’oltralpe, il ceo di Telegram non avrebbe rispettato i principi di moderazione dei contenuti online e cooperazione con le forze dell’ordine. Questo avrebbe contribuito al dilagare online di attività criminali.

Intanto, la custodia per Durov è stata prolungata per un massimo di 96 ore: entro quattro giorni, quindi, i magistrati francesi dovranno convalidarla o disporre la libertà per il miliardario. L’ambasciata russa a Parigi oggi accusa le autorità francesi di “rifiutarsi di collaborare” con Mosca, mentre online dilaga l’hashtag #FreePavel, in simbolo di solidarietà. Le conseguenze della conferma dell’arresto potrebbero essere preoccupanti. Ma andiamo con ordine.

Chi è Pavel Durov

Pavel Valer’evič Durov è un imprenditore russo con pluri-cittadinanza. È noto per essere il fondatore del social network VKontakte (VK), poi venduto, e di Telegram, una tra le piattaforme di messaggistica più usate al mondo.

Durov, la cui fortuna è stata stimata da Forbes in 15,5 miliardi di dollari, ha lasciato la Russia nel 2014 per controversie con il governo. La Russia ha iniziato a limitare la piattaforma nel 2018 dopo che l’app si è rifiutata di ottemperare a un ordine delle autorità russe di concedere ai servizi di sicurezza dello Stato l’accesso ai messaggi criptati dei suoi utenti, soprattutto degli oppositori.

La piattaforma, però, è rimasta una tra le più usate dagli stessi funzionari ed esponenti politici vicini a Putin. Con 950 milioni di utenti attivi al mese, Telegram è diventata una delle principali fonti di informazioni (e disinformazione) sull’invasione russa dell’Ucraina. Tra i più assidui utenti, c’è anche il presidente Vlodymyr Zelensky.

Durov si è trasferito con Telegram a Dubai nel 2017 e, secondo i media francesi, ha anche ricevuto la cittadinanza degli Emirati Arabi Uniti. Mentre la cittadinanza francese, secondo quanto riportato da Reuters, è arrivata ad agosto 2021. Durov è anche cittadino di Saint Kitts e Nevis, una nazione con due isole nei Caraibi.

La reazione di Telegram

“Telegram rispetta le leggi dell’Ue, incluso il Digital Services Act: la sua attività di moderazione è conforme agli standard del settore e in continuo miglioramento.️ Il Ceo di Telegram, Pavel Durov, non ha nulla da nascondere e viaggia spesso in Europa – scrive su X la società di messaggistica -. È assurdo affermare che una piattaforma o il suo proprietario siano responsabili dell’abuso di tale piattaforma. Quasi un miliardo di utenti in tutto il mondo utilizza Telegram come mezzo di comunicazione e come fonte di informazioni vitali. Stiamo aspettando una rapida risoluzione di questa situazione”.

Il sistema di messaggistica, usato da milioni di utenti in tutto il mondo, è simile a Whatsapp. Le conversazioni, però, non lasciano traccia sui server e la crittografia promette di renderle inaccessibili. Una riservatezza che è costata cara al suo ideatore e che ha permesso, in qualche modo, il dilagare di attività illegali di ogni tipo, tra cui lo spaccio di sostanze stupefacenti, le truffe e la diffusione di campagne di disinformazione o di pornografia e pedopornografia.

Il legame con la Russia

La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha affermato che Mosca ha chiesto l’accesso consolare al caso, ma poiché Durov ha anche la cittadinanza francese “la Francia ritiene che questa sia la sua nazionalità principale”.

Il capo del Centro per la lotta alla disinformazione di Kiev, Andriy Kovalenko, ha parlato di un fallito incontro con il capo del Cremlino che avrebbe paragonato Telegram a Enigma, il dispositivo per cifrare e decifrare messaggi utilizzato dai nazisti e ‘bucato’ dagli 007 britannici nel corso della Seconda guerra mondiale: “È possibile che Durov abbia chiesto un incontro con Putin a Baku qualche giorno fa, ma gli è stato rifiutato. L’arresto può essere paragonato all’hackeraggio di Enigma da parte degli inglesi durante la Seconda guerra mondiale”, ha aggiunto.

La “solidarietà” di Elon Musk (e non solo)

“#FreePavel” è l’hashtag con il quale migliaia di utenti online, appresa la notizia, si sono schierati dalla parte del fondatore di Telegram. La libertà di espressione e di parola, secondo molti, con l’arresto di Pavel, è messa a rischio.

Dello stesso avviso è il patron di X, Elon Musk, che ha espresso solidarietà nei confronti del “collega”. Condividendo una serie di tweet, Musk ha criticato la Francia a suon di “Liberté. Liberté! Liberté?”, chiedendosi se non fosse stata limitata la libertà di parola. Libertà che ha rivendicato poi in un post con su scritto “Fight for Freedom” scagliandosi anche contro Mark Zukenberg: “Ha già ceduto alle pressioni della censura. Instagram ha un problema enorme di sfruttamento dei minori, ma nessun arresto per Zuck, che censura libertà di parola e dà ai governi accesso ai dati degli utenti”.

Non solo Musk. Anche il vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini si è espresso sul tema scrivendo sui social: “In Europa siamo ormai alla censura, alla puzza di regime. Viva la libertà, di pensiero e di parola. Chi sarà il prossimo ad essere imbavagliato? Il grande (e scomodo) Elon Musk?”.

Cosa succede a Telegram dopo l’arresto di Pavel Durov?

Dopo l’arresto del suo fondatore e ceo, la piattaforma Telegram potrebbe non essere più sicura. In queste ore, migliaia di utenti hanno abbandonato l’app credendo che poteri nazionali abbiano già le chiavi del sistema di messaggistica.

La crittografia end-to-end

La crittografia end-to-end, sulla quale si basa la sicurezza dell’app, potrebbe essere messa a rischio. Si tratta di un sistema informatico grazie al quale nessuno, comprese Google e terze parti, può leggere i messaggi durante il trasferimento da un dispositivo ad un altro.

Nei mesi scorsi, l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto, nota anche come Europol, ha diffuso una dichiarazione per chiedere la rimozione della crittografia end-to-end dalle app di messaggistica istantanea come WhatsApp e Messenger. Lo scopo è quello di garantire la sicurezza dei cittadini europei.

Il dibattito è aperto e la problematica resta: trovare il punto di equilibrio tra la sicurezza dei cittadini sotto cyberattacchi frequenti e la libertà di parola, sicura e garantita.