Il governo norvegese ha dichiarato massimo supporto all’Ucraina. Oslo donerà circa 7 miliardi di corone norvegesi (600 milioni di euro) in sistemi di difesa aerea. A confermarlo è stato il primo ministro del Paese Jonas Gahr Store: “Insieme alla Germania, stiamo ora garantendo che l’Ucraina riceva potenti sistemi di difesa aerea. Stiamo lavorando a stretto contatto per sostenere l’Ucraina nella sua lotta per difendere il Paese e proteggere la popolazione civile dagli attacchi aerei russi”.
I due Stati europei stanno finanziando due sistemi Patriot, comprensivi di missili. Inoltre, la Norvegia sta contribuendo all’acquisto di un radar per la difesa aerea dal produttore tedesco Hensoldt e sistemi di difesa aerea provenienti dall’agenzia spaziale norvegese Kongsberg. Il primo ministro norvegese, a conferma del suo impegno, è giunto in visita in Ucraina. In un post su X viene ritratto insieme al ministro degli Esteri di Kiev, Andrii Sybiha che ha definito la Norvegia “uno dei nostri alleati più stretti”. Per l’occasione Store incontrerà anche il presidente ucraino Zelensky.
Il tutto avviene mentre le trattative per una pace tra Kiev e Mosca sembrano subire rallentamenti, i Paesi europei dichiarano supporto assoluto, seppur con qualche riserva, e l’Ucraina celebra il giorno dell’indipendenza dall’Unione sovietica.
Today in the morning, together with @AndriyYermak, we met Prime Minister @jonasgahrstore at the Kyiv train station. Norway is one of our closest allies. Prime Minister’s visit for talks with President @ZelenskyyUa is a strong sign of solidarity and support for our people. pic.twitter.com/fZ31MtQ7OZ
— Andrii Sybiha 🇺🇦 (@andrii_sybiha) August 25, 2025
“Non abbiamo vinto, ma neanche perso”
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è stato chiaro: “L’Ucraina continuerà a lottare per la propria libertà finché i suoi appelli alla pace non saranno ascoltati. Abbiamo bisogno di una pace giusta, una pace in cui il nostro futuro sarà deciso solo da noi”, ha affermato il leader ucraino, aggiungendo che Kiev “non ha ancora vinto, ma non ha neanche perso”. Le parole sono state pronunciate in occasione delle celebrazioni per il Giorno dell’Indipendenza del Paese dall’Unione Sovietica che giunge al suo 34esimo anniversario.
Un appuntamento importante segnato anche da uno scambio reciproco di 146 prigionieri tra Russia e Ucraina. Zelensky ha affermato che tra i rimpatriati dalla Russia ci sono soldati, guardie di frontiera e civili, prigionieri dal 2022 e tra i quali configura il giornalista Dmytro Khilyuk, “rapito nella regione di Kiev” all’inizio della guerra.
È in quell’occasione che Zelensky ha ribadito i suoi ringraziamenti ai Paesi occidentali e all’Unione europea. In queste settimane, il vertice a Washington alla Casa Bianca con il presidente statunitense Donald Trump avrebbe dovuto segnare un punto di svolta. Si è trattato di uno degli incontri diplomatici più importanti degli ultimi decenni, ma le accuse reciproche di rallentare i lavori tra Ucraina e Russia rischiano di far crollare le speranze di una pace.
Gli aiuti europei (e non)
Se da un lato Norvegia e Germania hanno espresso massimo supporto all’Ucraina con il finanziamento della difesa aerea, insieme alla Francia, dall’altra parte c’è chi non intende spingersi oltre ciò che l’Unione europea non stia già facendo.
È il caso del primo ministro ungherese Viktor Orbán, esortato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump a togliere ogni ostacolo all’adesione dell’Ucraina al blocco dei 27, secondo quanto riferito da Bloomberg. L’Ungheria, che ha espresso la sua disponibilità a ospitare i negoziati tra Mosca e Kiev a Budapest, ha così risposto su Facebook: “L’adesione dell’Ucraina all’Unione europea non offre alcuna garanzia di sicurezza. Pertanto, collegare l’adesione alle garanzie di sicurezza è inutile e pericoloso”.
A far crescere la tensione tra la leadership ungherese e quella ucraina c’è anche l’oleodotto Druzhba. Dopo l’affaire “annessione” all’Ue che ha visto innalzare un muro da Budapest, Orbán ha denunciato un nuovo attacco ucraino, il terzo, all’oleodotto al confine tra Russia e Bielorussia. Il ministro degli esteri ungherese, Péter Szijjarto, ha invitato il presidente Zelensky a “smettere di minacciare l’Ungheria”. La risposta è stata immediata. “Non c’è bisogno di dire al presidente ucraino cosa fare”, ha risposto il ministro degli Esteri ucraino, Andriy Sybiga, come riporta Ukrainska Pravda. “Risponderò alla maniera ungherese”, ha affermato Sybiga su X: “Lui è il presidente dell’Ucraina, non dell’Ungheria. La sicurezza energetica dell’Ungheria è nelle vostre mani. Diversificate e rendetevi indipendenti dalla Russia, come il resto dell’Europa”, ha aggiunto.
Ma l’Ungheria non è la sola. Quando si parla di quale tipo di “garanzie di sicurezza” si debbano assumere per fornire stabilità all’Ucraina in vista di un bilaterale con Putin, la tensione cresce. Una delle ipotesi più respinte dagli esponenti politici europei riguarda l’invio di truppe militari europee sul suolo ucraino. Ultimo esempio di dibattito politico relativo a tale tema ha visto protagonista parte della maggioranza di governo italiana che si è scontrata, proprio in questi giorni, con il governo francese. A creare quello che è stato definito un “incidente diplomatico” – e che ha visto anche l’ambasciatrice italiana in Francia, Emanuela D’Alessandro, convocata da parte del governo parigino – sono state le parole del ministro dei Traporti e delle Infrastrutture italiano, Matteo Salvini: “Si attacchi al tram, vada lui in Ucraina. Si metta caschetto, giubbetto, fucile e vada”, ha dichiarato il leader della Lega riferendosi all’inquilino dell’Eliseo, Emmanuel Macron. E dopo la convocazione dell’ambasciatrice italiana, Macron è stato anche accusato di essere “permaloso”.
Tali fatti riflettono una frammentazione all’interno dell’Unione europea su come affrontare le prossime fasi della guerra e delle trattative di pace tra Ucraina e Russia. Cosa certa è l’accordo Nato raggiunto nel corso dell’ultimo vertice all’Aja, nei Paesi Bassi, tenutosi lo scorso giugno. Come previsto dall’intesa, entro il 2035 i 32 Paesi membri dell’Alleanza Atlantica si impegneranno ad aumentare nei rispettivi bilanci nazionali i capitoli di spesa dedicati al comparto militare e di sicurezza. Si stima gli interventi potrebbero superare i 300 miliardi di dollari annui e comprendere il pacchetto di aiuti a Kiev.
Ma senza passi avanti su come procedere nel garantire la sicurezza all’Ucraina, la pace resta ancora meta lontana.