Migranti picchiati alle frontiere, ma gli Stati Ue non indagano

La grave denuncia della Agenzia per i diritti fondamentali dell'Unione Europea (FRA): tra gli agenti prevale un "senso di impunità"
1 mese fa
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Rifugiato Alla Frontiera
Un rifugiato cammina oltre la recinzione della frontiera Ue_Canva

I Paesi europei chiudono un occhio, se non tutti e due, sulle gravi violenze perpetrate dalle autorità nazionali di frontiera nei confronti dei migranti.

La denuncia arriva da un recente rapporto dell’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione Europea (FRA) che ha portato alla luce una verità sconcertante: i Paesi Ue non fanno abbastanza per punire e indagare sulle “gravi, ricorrenti e diffuse” violazioni dei diritti umani contro migranti e richiedenti asilo ai confini dell’Unione.

Il rapporto dell’Agenzia Ue arriva negli stessi giorni in cui Amnesty International denuncia le detenzioni illegali e le condizioni disumane nell’hotspot di Samos, in Grecia, finanziato dall’Unione europea.

Non solo: anche quando vengono avviate indagini a livello nazionale, “spesso vengono archiviate in fase pre-processuale”, spiega il rapporto. Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT) ha inoltre rilevato che tali indagini spesso non soddisfano i requisiti di “indipendenza, completezza, trasparenza, tempestività e partecipazione delle vittime” stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Diversi casi di violenza testimoniano che l’Europa non sta riuscendo a gestire questo problema tanto grande, quanto sottaciuto.

Casi concreti e statistiche preoccupanti

La situazione è talmente grave che un numero crescente di vittime si sta rivolgendo alla Corte di Strasburgo. Negli ultimi anni, la Corte ha riscontrato cinque casi in cui le autorità nazionali in Grecia, Croazia e Ungheria non sono riuscite a indagare efficacemente su episodi di maltrattamento e perdita di vite umane durante la gestione delle frontiere. Attualmente, oltre trenta casi di presunti maltrattamenti alle frontiere esterne dell’UE sono pendenti dinanzi alla CEDU. Sono otto gli Stati membri coinvolti: Croazia, Cipro, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Lituania e Polonia.

Il rapporto cita casi particolarmente allarmanti. In Francia, un minore non accompagnato è stato trovato privo di sensi da volontari, con il cranio fratturato e il labbro gonfio, dopo essere stato fermato dalla polizia. Nonostante la segnalazione alla procura di Boulogne-sur-Mer, non è stata intrapresa alcuna azione legale.

Un altro caso riguarda due palestinesi fermati dalle autorità greche a Kos nel giugno 2022. Presumibilmente sottoposti ad abusi fisici e sessuali e abbandonati su una zattera di salvataggio in mare, sono stati salvati dalla guardia costiera turca. La denuncia ufficiale è ancora in sospeso presso la procura greca.

Questi casi evidenziano un “senso di impunità” prevalente nei procedimenti nazionali, che raramente portano a condanne. La direttrice della FRA, Sirpa Rautio, ha sottolineato la necessità di “indagini solide e indipendenti su tutti gli episodi di violazioni dei diritti”.

Carenze nelle indagini e responsabilità

Il rapporto della FRA evidenzia diverse carenze nelle indagini nazionali, tra cui sforzi insufficienti per localizzare e ascoltare vittime e testimoni, ostacoli al lavoro degli avvocati e barriere all’accesso a prove cruciali, come i filmati di sorveglianza. In generale, sembra che si dia “più peso” alle dichiarazioni degli ufficiali rispetto a quelle delle vittime e dei testimoni.

La responsabilità delle indagini ricade principalmente sugli Stati membri, ma l’Ue può intervenire attraverso il meccanismo di valutazione e monitoraggio di Schengen se i governi nazionali non indagano adeguatamente. È già successo alla Grecia, a cui il Consiglio europeo ha raccomandato di condurre indagini approfondite e rapide sulle gravi accuse di maltrattamenti segnalate.

“Ci sono troppe accuse di violazioni dei diritti umani ai confini dell’UE”, ha affermato la direttrice della FRA, Sirpa Rautio , evidenziando la necessità di “indagini solide e indipendenti su tutti gli episodi di violazioni dei diritti”. 

Anche Frontex, l’Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera, può condurre indagini, ma principalmente su incidenti che coinvolgono direttamente il suo personale. Tra il 2016 e il 2023, Frontex ha ricevuto 229 denunce, di cui solo 42 sono state ammissibili. Tuttavia, il personale di Frontex può anche fungere da sentinella, segnalando gravi incidenti di gestione delle frontiere: dal 2019 al 2023, ciò è accaduto 206 volte. L’anno scorso la maggior parte delle segnalazioni ha riguardato Grecia (23 incidenti segnalati) e Bulgaria (11).

Purtroppo, non finisce qui. Nonostante siano raccapriccianti, i dati sulle denunce sono parziali perché molti migranti hanno paura di ritorsioni. La FRA spiega che a Calais (Francia) solo un caso su dieci di violazione dei diritti viene segnalato alla polizia perché le vittime si trovano in una situazione di vulnerabilità, hanno paura di rappresaglie, non si fidano delle autorità o temono potenziali impatti negativi sul processo di asilo.

Il nuovo Patto sulle Migrazioni è davvero un passo avanti?

L’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione Europea spiega che il nuovo Patto europeo sulla migrazione e l’asilo potrebbe essere un’opportunità per affrontare questa situazione. All’interno del Patto, il regolamento sullo screening obbliga gli Stati membri a indagare sulle denunce di violazioni dei diritti fondamentali alle frontiere e ad adottare piani di attuazione nazionali per indagini rapide ed efficaci.

Tuttavia, il Patto ha delle gravi lacune soprattutto perché non applica alcun meccanismo di monitoraggio alle attività di sorveglianza delle frontiere, dove si verifica la maggior parte delle violazioni dei diritti umani contro i migranti. Una grave omissione se l’obiettivo è quello di proteggere i diritti umani dei migranti e dei richiedenti asilo.

Cosa si può fare

Visto il contesto normativo così deficitario, la FRA indica altre misure che si potrebbero attuare per tutelare concretamente questi esseri umani:

  • registrazione più capillare delle testimonianze;
  • migliore utilizzo dei filmati di sorveglianza;
  • migliore utilizzo dei dati GPS dei veicoli e del personale delle forze dell’ordine;
  • pubblicazione periodica di statistiche sulle indagini disciplinari e penali e sui loro esiti;
  • uso di targhette identificative o numeri identificativi per identificare i singoli ufficiali di pattuglia;
  • assegnazione dei casi a dipartimenti specializzati nell’ufficio del procuratore per garantire indagini imparziali;
  • pubblicazione di linee guida chiare per le indagini sugli abusi alle frontiere e la raccolta di prove.
  • predisposizione, da parte degli Stati membri, di organizzazioni o avvocati per garantire la effettiva partecipazione delle vittime ai procedimenti.

Queste misure dovrebbero integrare le azioni preventive delle autorità nazionali di frontiera che potrebbero includere anche una formazione sui diritti fondamentali.

Anche se, uscendo dalle raccomandazioni della FRA, non serve la formazione per capire che picchiare una persona, per di più indifesa, è un atto disumano, oltre che un reato.

Chi è la FRA?

L’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione Europea (FRA) è un organismo indipendente dell’Ue istituito nel 2007. Il suo compito principale è fornire consulenza e dati sulle questioni relative ai diritti fondamentali alle istituzioni dell’Ue e agli Stati membri. La FRA conduce ricerche, raccoglie dati e pubblica rapporti su vari aspetti dei diritti umani nell’Unione.

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