Il Lucca Comics è uno di quei (pochi) baluardi di cui ci possiamo ancora vantare a livello continentale. Si tratta della fiera dedicata al fumetto, all’animazione, ai giochi (di ruolo, da tavolo, di carte e videogame), al cosplaying e al mondo fantasy più seguita d’Europa. Oltre 230 mila i biglietti già staccati per il grande evento che inizia domani, mercoledì 30 ottobre, e finisce domenica 3 novembre.
Nonostante l’enorme successo internazionale, gli italiani nutrono ancora dei preconcetti nei confronti di questi fenomeni, considerati ancora di scarso rilievo: “Sembra una frase fatta, ma in Italia siamo indietro nell’accettare il fenomeno del fantasy e del cosplaying”, racconta a Eurofocus Antonella Arpa, in arte Himorta, la cosplayer più seguita d’Europa, molto attiva anche nel sociale.
Lucca Comics, come viene visto in Italia e nel resto d’Europa
Come vediamo il mondo del gaming, del cosplaying e del fantasy in Italia rispetto agli altri Paesi Ue?
“Ci sono delle differenze importanti e anche interessanti soprattutto nel mondo del cosplaying”, esordisce Antonella Arpa. “È un po’ triste dirlo, ma forse anche perché è un hobby dal grande impatto visivo e molto colorato, quasi carnevalesco, in Italia viene visto ancora come qualcosa di strano, soprattutto dalle vecchie generazioni.
Al contrario, nel resto d’Europa non solo viene visto come un fenomeno di grande intrattenimento, ma viene accolto con molta naturalezza, nessuno si sconvolge se vede per strada una ragazza vestita da Sailor Moon, per intenderci”.
A cosa credi che sia dovuta questa differenza?
“Credo che le reminiscenze storiche, sociali e religiose del nostro Paese, più ancorato alla tradizione, incidano molto. Nonostante il cosplay sia ormai un fenomeno pop, c’è ancora qualcuno che ti incrocia per strada e dice: ‘guarda quella come si veste!’, quasi scandalizzato dai nostri costumi”, dice Arpa che poi allarga il confronto: “Al contrario, nel resto d’Europa e del mondo, soprattutto in Giappone e in America, già da anni il cosplaying viene accolto con grande entusiasmo da tutti, anche dagli anziani”.
Stop Destroying videogames, oltre 150.000 firme in Ue
Un altro pilastro del Lucca Comics è il gaming, un settore che da decenni appassiona e fa sognare milioni di europei. Un tempo si acquistavano i cd, acronimo di compact disc. Oggi, di compatto non c’è nulla perché manca proprio il supporto fisico: quasi tutti i titoli sono digitalizzati e i giocatori scaricano un file che sostituisce il tradizionale cd. La dematerializzazione dei videogames, però, sta generando un fenomeno che preoccupa i videogiocatori: dopo un tot di anni, la casa produttrice smette di investire su quel titolo e cessa qualsiasi tipo di manutenzione tecnica. In pratica, molti titoli diventano inutilizzabili quando i server e i negozi online chiudono, nonostante gli utenti abbiano acquistato quel videogame a prezzo pieno.
Da qui nasce la petizione per salvare i videogame promossa dallo youtuber americano Ross Scott rivolta ai ‘cugini’ europei che possono salvare i videogame. La sua iniziativa “Stop Destroying Videogames” ha già raccolto 155.000 firme da giocatori dei 27 Paesi membri e si propone di raggiungere un milione di firme. A livello continentale, l’Iniziativa dei Cittadini europei è stata lanciata il 31 luglio scorso da Daniel Ondruska e Aleksej Vjalicin.
La petizione chiede ai decisori politici Ue di tutelare i diritti dei consumatori, per esempio obbligando le case produttrici a rilasciare patch che permettano la giocabilità offline o la disponibilità di server alternativi. Secondo te come si è arrivati a questo punto: si è data poca importanza ai videogiocatori o il progresso tecnologico è stato troppo veloce?
“Parto col dire che sono assolutamente d’accordo con questa iniziativa. – dice Arpa – I videogiochi rientrano sono dei beni digitali, e dobbiamo chiederci che fine facciano questi beni nel tempo. So che posso giocare ancora oggi ai miei giochi della Playstation 1 inserendovi il cd, ma non posso dire la stessa cosa per i videogame della Playstation 5 che sono dematerializzati”. Himorta evidenzia come la questione sia molto più ampia: “Ora parliamo di videogiochi, ma domani potrebbe ‘scadere’ un e-book, un abbonamento ad una piattaforma digitale per cui ho comunque pagato, e qualsiasi altro bene digitale”.
Quindi è colpa della tecnologia, che avanza a un ritmo troppo veloce?
“Da amante del progresso tecnologico non posso rispondere affermativamente. Credo che la tecnologia, se usata correttamente, sia di supporto all’essere umano, non lo sostituisce, né lo ostacola. Se ci pensiamo, non è neanche colpa della casa produttrice”, spiega Himorta secondo cui il gap sarà colmato nel prossimo futuro: “Le norme non sono ancora riuscite ad adattarsi al progresso tecnologico e quindi si creano delle zone grigie”, di vuoto normativo “come dimostra l’iniziativa ‘Stop destroying videogames’. Credo che, dopo le opportune riflessioni, le istituzioni troveranno il modo per tutelare i diritti dei videogiocatori”.
Il digital death manager
Il problema è molto più avvertito di quanto si pensi tanto che sta nascendo una nuova figura professionale: il digital death manager, ovvero “colui che gestirà la nostra eredità digitale. Garantire che anche i beni digitali che abbiamo acquistato non scadano ma restino nel nostro patrimonio è importante anche in chiave ereditaria”, spiega Arpa.
La sentenza della Corte Ue sui videogiochi
Il 17 ottobre scorso la Corte di Giustizia europea ha emanato una sentenza storica per il mondo dei videogame. Interpellata in occasione di un contenzioso tra Sony e la società Datel, la Cgue ha stabilito che modificare temporaneamente i dati di un videogioco non viola i diritti del produttore.
Nello specifico, la Corte ha spiegato che la direttiva sulla tutela giuridica dei programmi per elaboratore non consente al titolare di impedire (quindi lascia libera) la commercializzazione di un software che si limita a modificare temporaneamente il contenuto di alcune variabili inserite nella memoria RAM di una consolle.
Sony aveva citato in giudizio la società Datel perché offre prodotti che permettono agli utenti di accedere a opzioni di gioco non previste dalla casa giapponese. La Cgue ha respinto la richiesta di risarcimento di Sony perché il software Datel non interviene sul codice sorgente o sull’organizzazione interna dei giochi Sony, ma modifica solo alcune variabili temporanee nella memoria RAM della consolle durante l’esecuzione del videogioco.
Cosa ne pensi di questa vicenda giudiziaria? Credi che le modifiche temporanee ai titoli possano migliorare l’esperienza dei videogiocatori?
“Se le modifiche vengono fatte ad uso personale, sono d’accordo, altrimenti no. Anzi – aggiunge Antonella Arpa – secondo me bisognerebbe sensibilizzare sul fatto che il videogioco è una forma d’arte e come tale va rispettata. Come nei film, anche nei videogame c’è una sceneggiatura, ci sono le musiche, ci sono le animazioni.
Le modifiche ai videogiochi non vengono viste come un atto di pirateria, solo perché non c’è ancora quel tipo di sensibilità attorno sul mondo del gaming”, spiega Himorta.
“Anche una modifica piccola, insignificante e temporanea andrebbe comunque a danneggiare quella che è un’opera d’arte, frutto di creatività, studio e di tanto lavoro. Ma su questo abbiamo ancora tanta strada da fare”.