“L’omofobia, la bifobia e la transfobia non hanno posto nell’Unione europea o in una qualsiasi altra parte del mondo”, a scriverlo in una dichiarazione ufficiale è l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Oggi, si celebra la Giornata internazionale contro l’omofobia: “Per far sì che nessuno sia lasciato indietro, dobbiamo concentrarci sulla lotta alle disuguaglianze e alle forme di discriminazione multiple e intersezionali. L’uguaglianza, la libertà e la giustizia devono valere per tutte le persone, indipendentemente dall’orientamento sessuale effettivo o percepito e dall’identità di genere”, ha proseguito Borrell.
“Abrogare le leggi discriminatorie”
L’Alto rappresentante ha sottolineato l’importanza di abrogare e condannare le leggi che criminalizzano atti sessuali “consensuali tra persone dello stesso sesso”. Le persone che si sentono parte della comunità Lgbtq+ continuano ad essere “oggetto di violenza, discriminazione e stigmatizzazione. In troppi luoghi sono escluse e sotto attacco per quello che sono e per chiamano. Queste leggi violano il diritto internazionale in materia di diritti umani, gli strumenti giuridici regionali e persino le costituzioni nazionali”.
In occasione della giornata contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia (IDAHO), così come ogni giorno, “invitiamo i governi di tutto il mondo ad abrogare la legislazione discriminatoria, ad agire per contrastare ed eliminare i reati generati dall’odio e l’incitamento all’odio, a prevenire tutte le forme di violenza contro le persone Lgbt e ad affrontare gli ostacoli e i pregiudizi strutturali e istituzionali che ancora limitano la partecipazione delle persone Lgbt ai processi decisionali e politici”, ha continuato Josep Borrell.
Una “tendenza al regresso”
Le parole dell’Alto rappresentante obbligano ad una riflessione generalizzata. Josep Borrell ha parlato di “battute d’arresto” e “tendenza al regresso” che rallentano la realizzazione di un futuro migliore per persone che non si identificano in dei canoni considerabili “normali” secondo parametri imposti e non naturali. Nonostante ciò, scrive Borrell, “constatiamo con soddisfazione che l’anno scorso altri due paesi hanno depenalizzato i comportamenti consensuali tra persone dello stesso sesso e che in diversi altri paesi sono stati registrati progressi in campo giudiziario per quanto riguarda i diritti umani delle persone LGBTI: tutto ciò contribuisce a conseguire chiarezza giuridica, certezza del diritto e parità di trattamento”.
E conclude: “L’UE continua a collaborare con i suoi partner su leggi e politiche inclusive. Collaboriamo a stretto contatto con la società civile e i difensori dei diritti umani delle persone Lgbt che troppo spesso continuano a subire intimidazioni, vessazioni e minacce; apprezziamo il loro lavoro e lo sosteniamo. Le politiche inclusive fanno la differenza. Non ci accontenteremo di immaginare un mondo in cui l’uguaglianza prosperi e ogni persona possa realizzare appieno il proprio potenziale e vivere liberamente, in piena parità: continueremo incessantemente a lavorare per costruirlo”.
Omosessualità, tra diritto e reato
Nella Rainbow Map di Ilga Europe, l’Italia scende al 36esimo posto su 48 rispetto all’integrazione dei diritti e al tasso di inclusività dimostrato nei confronti delle persone Lgbtqi, ultimo tra i fondatori della Ue e dietro all’Ungheria. In ancora poco più di 60 Paesi al mondo, l’omosessualità è ancora un reato.
Malta è rimasta in cima alla classifica negli ultimi nove anni. Con 83 punti, l’Islanda è balzata al secondo posto. Mentre sono tre i paesi in fondo alla classifica della Rainbow Map: Russia, Azerbaigian e Turchia. La Russia ha perso 7 punti e 3 posizioni a causa della legislazione federale che vieta il riconoscimento legale del genere e l’assistenza sanitaria specifica per i trans. La Polonia si trova ancora in fondo alla classifica Ue con il 18%, seguita da Romania (19%) e Bulgaria (23%).