Ue o Barbieland? Quando l’Europa rischia di diventare troppo bianca e boomer

Il rapporto European Sentiment Compass accende i riflettori su una crisi di rappresentanza e disaffezione tra giovani, minoranze etniche e cittadini dell'Est Europa
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Bandiera Europa Canva

L’Unione Europea sta affrontando una crisi di identità, evidenziata da un crescente sentimento di disaffezione tra i giovani, le persone non bianche e i cittadini dell’Europa dell’Est. Questa è la preoccupante conclusione del rapporto del 2024 del Consiglio Europeo delle Relazioni Estere (ECFR) e della Fondazione Europea della Cultura, che descrive una “deriva pericolosa verso una concezione etnica della europeità”. Mentre il sentimento pro-europeo rimane forte in molti stati membri, i dati raccolti nel documento, intitolato “Welcome to Barbieland: European Sentiment in the Year of Wars and Elections”, suggeriscono che l’UE rischia di diventare un progetto prevalentemente bianco, boomer e occidentale, escludendo gruppi chiave che dovrebbero essere invece i pilastri di un’Europa più inclusiva.

Un’Europa troppo bianca e ‘boomer’?

Secondo il rapporto, l’Unione Europea somiglia sempre di più a Barbieland, il regno immaginario del celebre film del 2023 diretto da Greta Gerwig, dove regna un’apparente perfezione che nasconde però profonde disuguaglianze e cecità rispetto alle sfide reali del mondo. Così come Barbie scopre che non tutte le donne la vedono come un modello di emancipazione, allo stesso modo molti cittadini europei si sentono estranei a un’Europa che sembra privilegiare una concezione etnica e generazionale della sua identità.

Uno dei punti centrali del rapporto è il tema della bianchezza dell’Europa. Le elezioni del Parlamento Europeo del 2024 hanno messo in evidenza la limitata rappresentanza delle persone non bianche e musulmane nelle liste dei candidati, soprattutto nei paesi occidentali e settentrionali dell’UE. Solo 20 deputati non bianchi sono stati eletti, meno del 3% del totale, in un continente dove il 10% della popolazione appartiene a minoranze etniche. Questo divario è particolarmente evidente in paesi come l’Italia, l’Austria e la Danimarca, dove le persone di origine non europea sono quasi del tutto assenti dalle liste elettorali, nonostante costituiscano una parte significativa della popolazione​.

Accanto a questa dinamica, emerge il problema di una leadership europea dominata dalle generazioni più anziane. I “boomer” — persone nate tra il 1946 e il 1964 — continuano a occupare gran parte dei ruoli chiave nelle istituzioni europee, mentre i giovani faticano a trovare uno spazio di partecipazione politica. Il rapporto sottolinea come questa distanza generazionale sia una delle ragioni per cui i giovani tendono a disaffezionarsi all’Unione, scegliendo sempre più spesso partiti populisti, di estrema destra o movimenti anti-establishment.

I tre principali “punti ciechi” che l’Unione deve affrontare (eccessiva bianchezza, predominanza di un’ideologia occidentale e divario generazionale tra boomer e giovani) sono stati messi in luce da due eventi cruciali del 2023: la guerra di Gaza e le elezioni del Parlamento Europeo. Il conflitto in Medio Oriente ha alimentato sentimenti di xenofobia e islamofobia in tutta Europa, mentre le elezioni hanno sottolineato la crescente disaffezione nei confronti di un progetto che sembra ignorare la diversità culturale e religiosa del continente.

La frattura tra Est e Ovest

Oltre alla questione razziale e generazionale, il rapporto evidenzia una crescente frattura tra l’Europa occidentale e quella orientale. I cittadini dell’Europa dell’Est, dove la partecipazione elettorale alle elezioni europee è stata bassa e l’euroscetticismo è in aumento, mostrano un senso di disillusione nei confronti del progetto europeo, nonostante la loro iniziale adesione entusiastica nel 2004. Se da un lato l’adesione all’UE ha portato benefici economici tangibili, dall’altro molti cittadini di queste nazioni sentono che i loro interessi non sono adeguatamente rappresentati a Bruxelles. In Slovacchia, Ungheria e altri paesi dell’Est, il sostegno ai partiti euroscettici è in costante crescita, e si teme che questa tendenza possa consolidarsi nei prossimi anni.

Questa disillusione, però, non deriva da un rifiuto netto dell’idea di Europa, ma piuttosto da un cambiamento nel modo in cui i Paesi dell’Est vedono il loro ruolo all’interno dell’UE. La crisi dei rifugiati del 2015 ha messo in luce una visione alternativa di europeità, basata non sulla multiculturalità, ma su una concezione etnica, che rifiuta l’immigrazione e difende le radici culturali tradizionali. Ciò ha portato a una riduzione del coinvolgimento politico da parte dei cittadini dell’Europa orientale, come dimostrato dalla bassa affluenza alle elezioni europee e dalla scarsa celebrazione del ventesimo anniversario dell’adesione.

Il ruolo dei giovani

Un altro tema cruciale riguarda il ruolo dei giovani nelle elezioni europee. Nonostante i giovani siano, in generale, più pro-europei e tolleranti sui temi sociali rispetto alle generazioni più anziane, molti di loro hanno scelto di non partecipare alle ultime elezioni. Quando hanno votato, spesso hanno preferito candidati non tradizionali, sostenendo partiti verdi, liberali o di estrema destra.

Particolarmente interessante è il fenomeno di alcune figure emergenti, come Fidias Panayiotou, un giovane youtuber cipriota che ha ottenuto il 20% dei voti nelle elezioni del 2024. La sua elezione, supportata da una forte campagna sui social media, testimonia l’interesse dei giovani per nuove forme di partecipazione politica che sfuggono ai modelli tradizionali​.

Il rischio di una deriva xenofoba

Uno degli allarmi lanciati dal rapporto riguarda il pericolo di una deriva xenofoba nell’UE. Nonostante la retorica ufficiale dell’Unione Europea si basi su principi di uguaglianza e inclusione, le politiche migratorie adottate negli ultimi anni sembrano allontanarsi da questi valori. L’adozione del nuovo patto su migrazione e asilo è stata vista da molti come un tentativo della leadership europea di neutralizzare l’avanzata dell’estrema destra, senza affrontare seriamente la questione dell’inclusione.

La normalizzazione di un discorso xenofobo, specialmente nell’Europa centrale e orientale, potrebbe consolidarsi anche a livello di Ue. Gli attacchi retorici contro l’immigrazione da parte di leader populisti come Viktor Orbán in Ungheria e Robert Fico in Slovacchia trovano sempre meno resistenza, non solo a livello nazionale, ma anche nell’arena politica europea.

Un’Europa in bilico tra visione civica ed etnica

Una delle raccomandazioni più importanti del rapporto riguarda, quindi, l’apertura di canali di partecipazione accessibili per tutti i cittadini europei, soprattutto quelli che attualmente si sentono esclusi. Tra questi, le persone non bianche, i musulmani e i giovani europei dell’Est sono considerati gruppi chiave che devono essere coinvolti nel processo decisionale europeo. Il rischio, quindi, è che l’Unione Europea possa scivolare verso una concezione “etnica” dell’identità europea, allontanandosi dalla visione “civica” su cui è stata fondata, alimentando ulteriormente il populismo e il sostegno ai partiti di estrema destra.

Questa “deriva etnica” è particolarmente evidente nell’Europa centrale e orientale, dove l’identità europea viene spesso definita in termini culturali ed etnici, anziché civici. I paesi dell’Est mostrano una crescente fiducia in se stessi rispetto al passato, rifiutando di conformarsi all’idea di un’Europa multiculturale e tollerante che, secondo loro, ha perso la propria identità​.

In definitiva, la sfida per l’Unione Europea è quella di restare fedele ai suoi valori fondanti, costruendo un progetto inclusivo che sia capace di coinvolgere tutte le componenti della società, evitando derive pericolose verso una visione limitata e chiusa della “europeità”.