La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha emesso una sentenza storica che stabilisce che gli Stati membri devono riconoscere le modifiche legali all’identità di genere ottenute in altri Paesi dell’Unione.
Si tratta di una sentenza storica che ricorda quanta strada ci sia ancora da fare per molti diritti per l’uniformità tra i Paesi membri.
Questa decisione, che riguarda un cittadino rumeno, Arian Mirzarafie-Ahi, rappresenta un passo significativo per i diritti delle persone transgender in tutta Europa. Ma andiamo con ordine.
Il caso di Arian Mirzarafie-Ahi
Nel caso specifico, la Corte ha dichiarato che il rifiuto di uno Stato membro (la Romania) di riconoscere un cambiamento di nome e di genere legalmente acquisito in un altro Paese (il Regno Unito pre-Brexit) è in contrasto con il diritto dell’Unione. La Corte ha affermato che tale rifiuto ostacola il diritto alla libera circolazione e residenza, creando gravi difficoltà nella vita quotidiana delle persone interessate.
Mirzarafie-Ahi, un uomo transgender con doppia nazionalità rumena e britannica, aveva ottenuto il riconoscimento legale della sua identità di genere nel 2020 nel Regno Unito. Il 32enne, è nato nella città di Cluj-Napoca in Romania, dove è stato registrato alla nascita come femmina. Si è trasferito con i suoi genitori in Gran Bretagna nel 2008, dove è diventato cittadino naturalizzato e ha cambiato legalmente identità. Mirzarafie-Ahi ha adottato un nuovo nome nel 2017 e ha ottenuto un certificato che riconosce la sua identità di genere maschile ormai quattro anni fa. Tuttavia, le autorità rumene si erano rifiutate di aggiornare il suo certificato di nascita, negandogli un nuovo documento di identità conforme alla sua identità di genere.
La Corte ha sottolineato che costringere Mirzarafie-Ahi a intraprendere un nuovo procedimento in Romania per il riconoscimento della sua identità di genere sarebbe stato “ingiustificato”, poiché rischiava di portare a esiti diversi da quelli già ottenuti nel Regno Unito. E quindi il cambio di genere deve considerarsi valido in tutti i Paesi membri.
Reazioni alla sentenza
L’associazione Accept, che difende i diritti delle persone Lgbtq+ in Romania, ha accolto con favore la decisione, definendola una “grande vittoria per le persone trans“. È la prima volta che la Corte dell’Ue si pronuncia su un caso di questo tipo, e il suo impatto, secondo l’associazione, si farà sentire in tutto il blocco europeo.
Mirzarafie-Ahi ha descritto la sentenza ai media come “sorprendente” e spera di poter tornare in Romania con documenti di identità aggiornati. Il suo team legale prevede che questa decisione possa facilitare il riconoscimento della identità di genere per altre persone transgender che affrontano situazioni simili.
Divergenze nelle leggi sull’identità di genere in Europa
In Europa, le leggi sull’identità di genere variano significativamente. In Belgio e Spagna, è consentita l’autodichiarazione per il cambiamento di genere, mentre la Germania richiede una diagnosi di disforia di genere per avviare un procedimento legale. In Francia, il cambiamento di genere necessita di un intervento chirurgico, ma è possibile modificare il nome senza tale requisito. L’Italia prevede un percorso di diagnosi e trattamento per il riconoscimento legale.
Nel Regno Unito, le persone possono ottenere un “Gender Recognition Certificate” attraverso autocertificazione, ma devono dimostrare di aver vissuto nel genere desiderato per almeno due anni. Nei Paesi Bassi, l’autocertificazione è accettata senza necessità di intervento medico. Tuttavia, Ungheria e Bulgaria non consentono cambiamenti legali di genere, mentre in Polonia il processo è complesso e soggetto a controversie politiche e legali. In Romania, dove è iniziato il percorso che ha condotto alla sentenza, il processo è considerato complesso e difficile, con precedenti che mostrano violazioni dei diritti delle persone transgender. Queste differenze riflettono una varietà di approcci culturali e politici ai diritti delle persone e delle istituzioni tra i vari Paesi membri dell’Ue.
Questa sentenza potrebbe rappresentare una svolta per le persone transgender in tutta Europa, fornendo loro strumenti legali per far valere i propri diritti e facilitare la loro libertà di movimento. Tuttavia, l’implementazione della decisione da parte degli Stati membri rimane una sfida, come dimostrato da casi precedenti.
La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha chiarito che le questioni di identità di genere non sono solo questioni nazionali, ma devono rispettare i principi fondamentali di libertà di circolazione e residenza all’interno dell’Unione. La sentenza rappresenta un importante passo avanti nella lotta per i diritti delle persone transgender, aprendo la strada a maggiori tutele in tutta Europa.