La decisione della Banca Centrale Europea (Bce) di ridurre il tempo che i rappresentanti del personale possono dedicare alla difesa dei lavoratori ha acceso un dibattito sulle relazioni sindacali e il ruolo della rappresentanza nel contesto delle istituzioni europee.
Mentre la Bce, presieduta da Christine Lagarde, sostiene che le modifiche permetteranno ai delegati di restare più connessi al loro lavoro quotidiano, le organizzazioni sindacali vedono la misura come un attacco diretto ai diritti dei dipendenti.
Le reazioni dei sindacati
Secondo quanto riportato dal Financial Times, i sindacati ‘Epsu’ e ‘Verdi’ hanno espresso forte opposizione ai piani della Bce, definendoli un tentativo di limitare la rappresentanza dei lavoratori.
Jan Willem Goudriaan, segretario generale di Epsu, ha dichiarato che tali modifiche “renderebbero impossibile una difesa adeguata degli interessi dei dipendenti”. Frank Werneke, presidente di ‘Verdi’, ha aggiunto che la Bce dovrebbe abbandonare la proposta per garantire un vero dialogo sociale.
Implicazioni per il futuro
Il rapporto tra la Bce e i rappresentanti dei lavoratori è da tempo caratterizzato da tensioni e battaglie legali. Già negli scorsi giorni, la Banca centrale europea aveva promosso un nuovo piano: non più di otto anni nella stessa posizione lavorativa, per avere più stimoli e accrescere competenze. Il piano della Bce chiamato “3-5-8”. Ne scriveva il Financial Times riportando una nota diffusa dalla Banca Centrale Europea.
Il nome dell’iniziativa è legato alla carriera lavorativa che prevede che il personale spenda i primi 3 anni in una nuova posizione costruendo le proprie competenze, passando poi i successivi 5 anni a mettere in pratica quanto appreso per poi all’ottavo anno cambiare ruolo, magari in un’altra istituzione (ma con la possibilità di rientrare all’Eurotower).
“Questa policy non prevede di forzare qualcuno a cambiare lavoro e neanche a cambiare specializzazione ma trasmette la chiara aspettativa del datore di lavoro verso una mobilità negli incarichi”, ha commentato Eva Murciano, direttrice generale delle risorse umane della Bce. Inoltre, si leggeva nella nota, il piano mira ad affrontare un problema che si presenta a tutti gli impiegati nel mondo, ovvero il bisogno di accrescere competenze come Ai e data technologies che stravolgono la forma dei lavori in diversi settori.
Tuttavia, la responsabile delle risorse umane comprende la preoccupazione che questa nuova policy ha generato tra il personale che ha passato anni a specializzarsi in aree ben precise ma spera che questa idea “spinga ad un turnover dei dipendenti che è ad un livello basso del 1,8%”.
Nella nota si sottolinea come ci sarà una piattaforma interna, strutturata come LinkedIn, nella quale i dipendenti potranno postare il loro curriculum e registrare i loro interessi verso altri ruoli lavorativi. Il personale potrà lavorare fino a tre anni in un’altra istituzione finanziaria globale, sapendo di avere un ‘biglietto di ritorno’ per la Bce.
Se la Bce dovesse portare avanti le sue modifiche, potrebbero emergere nuove controversie e cause legali. Questo conflitto potrebbe anche influenzare la percezione dell’istituzione nel panorama europeo, con possibili ripercussioni sulla gestione delle politiche del lavoro nelle altre istituzioni comunitarie.
Resta da vedere se la pressione esercitata dai sindacati e dai dipendenti porterà la Bce a rivedere i suoi piani o se la banca centrale manterrà la sua posizione, definendo così un nuovo equilibrio tra governance interna e diritti dei lavoratori.