Il messaggio è semplice e urgente: “La guerra a Gaza deve finire ora“. A sostenerlo è un significativo e ampio gruppo di ministri degli esteri, inclusi quelli di quasi tutti gli Stati membri dell’Unione europea, insieme alla Commissaria europea per la parità, la preparazione e la gestione delle crisi, Hadja Lahbib, che ha lanciato un “Appello internazionale per la Pace e l’aiuto a Gaza”.
L’appello per Gaza
I Paesi firmatari dell’appello sono Australia, Austria, Belgio, Canada, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Islanda, Irlanda, Italia, Grecia, Giappone, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Polonia, Portogallo, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito.
La dichiarazione congiunta evidenzia come la sofferenza dei civili a Gaza abbia raggiunto “nuove profondità”. I firmatari condannano duramente il modello di consegna degli aiuti del governo israeliano, descrivendolo come “pericoloso, che alimenta l’instabilità e priva i Gazawi della dignità umana”.
I firmatari esprimono ferma condanna per gli aiuti “a singhiozzo” e per l'”inumana uccisione di civili, inclusi bambini, che cercano di soddisfare i loro bisogni più basilari di acqua e cibo“. Con orrore, l’appello rivela che “oltre 800 palestinesi sono stati uccisi mentre cercavano aiuti”. Il “diniego del governo israeliano di assistenza umanitaria essenziale alla popolazione civile è inaccettabile”, e Israele è richiamato al rispetto dei suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario.
L’appello non tralascia la questione degli ostaggi, affermando che quelli “crudelmente tenuti prigionieri da Hamas dal 7 ottobre 2023 continuano a soffrire terribilmente”. I ministri condannano la loro continua detenzione e chiedono il loro “rilascio immediato e incondizionato”, sottolineando che “un cessate il fuoco negoziato offre la migliore speranza di riportarli a casa e porre fine all’agonia delle loro famiglie”. Viene inoltre chiesto al governo israeliano di “togliere immediatamente le restrizioni al flusso degli aiuti” e di “consentire urgentemente all’Onu e alle Ong umanitarie di svolgere il loro lavoro salvavita in modo sicuro ed efficace”.
Opposizione al piano di insediamento E1
Un punto cruciale della dichiarazione è la ferma opposizione a “qualsiasi passo verso cambiamenti territoriali o demografici nei territori palestinesi occupati”. In particolare, il piano di insediamento E1, annunciato dall’Amministrazione Civile israeliana, viene descritto come un’iniziativa che, se attuata, “dividerebbe uno stato palestinese in due, segnando una flagrante violazione del diritto internazionale e minando criticamente la soluzione a due stati”.
Il piano E1, annunciato da Israele, mira a collegare Gerusalemme Est con l’insediamento di Ma’ale Adumim. Questa mossa potrebbe dividere in due la Cisgiordania, ostacolando la nascita di uno Stato palestinese. Diversi Paesi lo considerano contrario al diritto internazionale e una minaccia alla pace. Prevede l’espansione di insediamenti e lo sfollamento forzato di comunità beduine.
L’appello segnala inoltre che la costruzione di insediamenti in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, è accelerata, mentre la violenza dei coloni contro i Palestinesi è aumentata, e che “questo deve fermarsi”. La proposta di trasferire la popolazione palestinese in una “città umanitaria” è considerata “completamente inaccettabile”, poiché lo spostamento forzato permanente costituisce una “violazione del diritto internazionale umanitario”.
In chiusura, i firmatari esortano tutte le parti e la comunità internazionale a unirsi in uno sforzo comune per porre fine a questo “terribile conflitto” attraverso un “cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente”, ribadendo che “ulteriore spargimento di sangue non serve a nulla“. Viene riaffermato il “completo sostegno agli sforzi di Stati Uniti, Qatar ed Egitto per raggiungere questo obiettivo”.
La dichiarazione si conclude con l’affermazione che i firmatari sono “pronti a intraprendere ulteriori azioni per sostenere un cessate il fuoco immediato e un percorso politico verso la sicurezza e la pace per Israeliani, Palestinesi e l’intera regione”. Questo appello congiunto, che vede una così massiccia partecipazione di figure politiche europee, sottolinea la profonda preoccupazione e la volontà dell’Ue e dei suoi Stati membri di agire per una risoluzione pacifica del conflitto a Gaza.