Il Parlamento Ue ha approvato le modifiche alle multe del settore auto, che per mesi sono state lo spauracchi dell’automotive europea, già in crisi nera.
La misura, proposta dalla Commissione europea dopo un acceso dibattito con le aziende e diversi Paesi europei, concede ai produttori automobilistici maggiore flessibilità nel rispetto degli obiettivi di riduzione delle emissioni, permettendo loro di ritardare, abbattere o evitare del tutto le pesanti sanzioni che sarebbero scattate già quest’anno. Il risultato concreto dipenderà dalle emissioni delle auto messe sul mercato da ciascuna azienda fino al 2027. Nessuna apertura, invece, sulla scadenza del 2035, anno in cui le imprese europee non potranno più produrre auto a motore termico (benzina o diesel).
La modifica al regolamento sugli standard di Co2 per le autovetture e i furgoni nuovi è stato approvato con una larga maggioranza di 458 voti favorevoli, 101 contrari e 14 astensioni.
Un calcolo triennale invece che annuale
Il cuore della modifica consiste in un cambiamento sostanziale nel metodo di calcolo della conformità ai target ambientali. Anziché valutare il rispetto degli obiettivi su base annuale, i costruttori potranno ora essere giudicati sulla media delle loro prestazioni nell’intero triennio 2025-2027. Questo approccio introduce un principio di compensazione che consente alle case automobilistiche di bilanciare eventuali sforamenti nei primi anni con prestazioni migliori negli anni successivi. Compensazione che, allo stato attuale, resta difficile anche da qui a tre anni, perché l’elettrificazione del settore procede molto a rilento.
La decisione arriva al termine di un iter accelerato. Ieri, 7 maggio, il Consiglio dell’Unione europea aveva già approvato il mandato negoziale, con il solo voto contrario della Svezia e l’astensione del Belgio Il Parlamento, dal canto suo, aveva dato il via libera alla procedura d’urgenza la scorsa settimana, evitando i tradizionali passaggi che avrebbero potuto prolungare il dibattito per mesi. Ora manca solo l’approvazione formale finale del Consiglio, dopodiché la normativa entrerà in vigore.
Le sanzioni originarie: un peso insostenibile per l’industria
Le norme attualmente in vigore, parte del pacchetto “Fit for 55”, prevedono che a partire dal 2025 le emissioni medie di CO2 delle nuove auto immatricolate nell’Unione europea debbano essere ridotte del 15% rispetto ai livelli del 2021. In termini concreti, questo significa che le emissioni medie per veicolo non dovrebbero superare i 93,6 grammi di CO2 per chilometro.
Il mancato rispetto di questi limiti avrebbe comportato sanzioni estremamente pesanti: 95 euro per ogni grammo di CO2 eccedente il limite, moltiplicati per ogni auto venduta. Per un costruttore che vende un milione di veicoli, un solo grammo oltre la soglia si sarebbe tradotto in una multa di 95 milioni di euro. Le stime parlavano di sanzioni complessive tra i 12 e i 15 miliardi di euro per il solo 2025, come segnalava già a settembre scorso Luca de Meo. A più riprese, il presidente dell’Associazione europea dei costruttori di automobili (Acea) ha chiesto maggiore flessibilità a Bruxelles, così come hanno le aziende e diversi Paesi europei, Italia in primis.
Dopo tanti contrasti e proposte rispedite al mittente, a marzo Ursula von der Leyen aveva annunciato il passo avanti verso il settore dell’automotive: “È nostro dovere ascoltare le voci che chiedono più pragmatismo in questi tempi difficili“, ha dichiarato la presidente della Commissione europea anticipando la proposta di modifica. Una posizione condivisa anche dal vicepresidente con delega alla strategia industriale, Stéphane Séjourné: “Non penalizzeremo il settore che dovremmo aiutare”.
D’altra parte, von der Leyen ha sottolineato l’esigenza di non penalizzare “i first mover, coloro che hanno svolto con successo i loro compiti” per ridurre le emissioni globali dei propri veicoli. In pratica, si tratta di conciliare le esigenze ambientali con quelle produttive, senza penalizzare le aziende che hanno investito nella transizione energetica. La soluzione trovata da Bruxelles consiste in un disallineamento temporale: “Per affrontare il problema in modo equilibrato, proporrò questo mese un emendamento mirato al regolamento sugli standard Co2: invece del rispetto annuale, le aziende avranno tre anni. Gli obiettivi rimangono gli stessi, devono rispettarli“, ha chiosato la politica tedesca.
Le preoccupazioni del settore automobilistico e la concorrenza cinese
L’industria automobilistica europea sta attraversando una profonda crisi. La transizione verso l’elettrico e le nuove normative ambientali rappresentano una sfida significativa per i costruttori, molti dei quali stanno cercando di bilanciare gli investimenti tra motori a combustione, ibridi e veicoli completamente elettrici. Il rischio di multe miliardarie aveva sollevato forti preoccupazioni, soprattutto tra i produttori italiani e tedeschi, già alle prese con timori di perdita di competitività rispetto ai concorrenti extraeuropei, in particolare quelli cinesi, che stanno avanzando rapidamente nel settore delle auto elettriche a basso costo.
A inizio 2025, il rischio autogol è stato concreto: l’americana Tesla e la tedesca Bmw hanno presentato ricorso alla Corte di giustizia europea contro i dazi doganali imposti da Bruxelles sulle auto green del Dragone. Al loro fianco le cinesi Saic, Geely e Byd.
Secondo i dati della Commissione, la quota di mercato delle auto elettriche cinesi nell’Unione è passata dal meno del 2% nel 2020 a oltre il 14% nel secondo trimestre dell’anno scorso. L’obiettivo dichiarato dell’Ue è difendere l’industria automobilistica europea e i suoi 14 milioni di posti di lavoro dai sovvenzionamenti cinesi che falsano il mercato e la concorrenza. Ma l’esecutivo europeo e le aziende europee hanno idee diverse su come tutelare il settore dell’automotive europeo.
Il motivo è semplice: le principali case automobilistiche tedesche, tra cui Bmw, hanno una forte presenza in Cina, dove producono modelli destinati anche al mercato europeo. Lo stesso vale per l’americana Tesla che produce la berlina Model 3 nel suo stabilimento di Shanghai prima di esportarla in Europa.
Tra sostenibilità e competitività
La modifica approvata oggi rappresenta un tentativo di bilanciare le ambizioni climatiche dell’Unione europea con le esigenze di competitività dell’industria automobilistica. Come ha sottolineato von der Leyen: “Con l’iniziativa di oggi, garantiamo maggiore flessibilità a questo settore fondamentale e, nello stesso tempo, manteniamo la rotta verso i nostri obiettivi climatici. Insieme, vogliamo dimostrare che decarbonizzazione e competitività possono andare di pari passo“.
È importante notare che gli obiettivi finali rimangono invariati. Entro il 2030, la riduzione delle emissioni dovrà arrivare al 55% rispetto ai valori del 2021 (con emissioni medie per veicolo sotto i 49,5 g di CO2/km), per poi conseguire entro il 2035 l’obiettivo finale di zero emissioni nette.