Il Vertice del “Reset”: così Londra guarda alla cooperazione con l’Ue

Difesa e sicurezza, commercio e mobilità giovanile: cosa c'è sul tavolo del vertice tra Ue e Uk a Londra il 19 maggio
11 ore fa
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Ursula von der Leyen e Keir Starmer (Alishia Abodunde/Ipa)
Ursula von der Leyen e Keir Starmer (Alishia Abodunde/Ipa)

Negli ultimi anni, la Brexit ha ridisegnato i rapporti tra il Regno Unito e l’Unione europea, segnando una rottura storica con ripercussioni politiche ed economiche su entrambe le sponde della Manica. Adesso, il governo britannico, guidato dal primo ministro Keir Starmer, cerca di riprendere un dialogo più stretto con Bruxelles, nel tentativo di stimolare l’economia nazionale e affrontare le nuove sfide geopolitiche.

Il vertice in programma a Londra, fissato per il 19 maggio, è già stato definito il “vertice del reset“, un’opportunità cruciale per il Regno Unito di rinegoziare accordi con l’Ue su vari fronti, tra cui difesa, commercio e politiche climatiche. Secondo Sandro Gozi, eurodeputato di Renew Europe, intervenendo in Plenaria a Strasburgo, il summit rappresenta un’occasione per ricostruire la fiducia reciproca e discutere temi chiave come la mobilità giovanile e l’intelligenza artificiale, che potrebbero favorire una cooperazione più strategica.

Rachel Reeves, ministra delle finanze del Regno Unito, ha espresso tutto il suo accordo in merito. Nonostante abbia intrapreso dialoghi con Stati Uniti e Cina, di recente ha lasciato intendere che quello alle porte dell’Uk – cioè con Bruxelles – è il dialogo che desidera di più. Intervenuta al programma Today di BBC Radio 4, la ministra ha affermato: “Capisco perché ci si concentri così tanto sui nostri rapporti commerciali con gli Stati Uniti, ma in realtà i nostri rapporti commerciali con l’Europa sono probabilmente ancora più importanti perché sono i nostri vicini e partner commerciali più prossimi”.

Affermazioni, queste, che potrebbero esporre Londra a tensioni con Washington, suo altro grande partner commerciale, e alimentare le critiche dei sostenitori della Brexit, che temono un ritorno mascherato nell’orbita europea. Ma anche per l’Unione europea ci sono pro e contro.

Economia stagnante e difficoltà post-Brexit

Dal voto del 2016 in cui il Regno Unito ha scelto di lasciare l’Ue, l’economia britannica ha incontrato serie difficoltà. La crescita è rimasta modesta e la complessità burocratica derivante dall’uscita dal mercato unico ha reso più costoso e difficile il commercio con l’Europa. Attualmente, l’economia britannica è solo del 3,4% più grande rispetto al periodo pre-pandemia, mentre gli Stati Uniti hanno registrato un incremento del 12,2% nello stesso arco di tempo.

La ministra Rachel Reeves è chiamata a risolvere una situazione finanziaria difficile oggi: il Paese rischia di entrare in un circolo vizioso caratterizzato da bassa crescita e alti costi di indebitamento, che potrebbero costringere il governo ad aumentare le tasse o a ridurre la spesa pubblica.

Un riavvicinamento con l’Ue potrebbe offrire una soluzione parziale, semplificando le barriere doganali e riducendo il costo del commercio con il continente. Tuttavia, una tale apertura deve essere gestita con estrema cautela per non compromettere gli interessi strategici britannici.

La strategia del governo inglese: accordi selettivi

Il governo Starmer è consapevole delle tensioni interne e internazionali, perciò sta cercando di adottare una strategia mirata: negoziare accordi su misura con l’Ue, mantenendo l’indipendenza decisionale senza tornare nel mercato unico.

Uno degli accordi più ambiti riguarda l’eliminazione dei controlli doganali su prodotti agricoli come carne e formaggi, che attualmente devono essere accompagnati da una lunga serie di moduli e certificazioni per essere venduti nel mercato europeo. Questo ha portato a costi aggiuntivi stimati in miliardi di sterline.

Per Bruxelles, semplificare le regole commerciali potrebbe essere vantaggioso per i produttori europei, riducendo gli ostacoli agli scambi. Tuttavia, l’Ue deve assicurarsi che il Regno Unito rispetti gli standard europei e non adotti regolamentazioni meno rigide che potrebbero sfavorire le imprese europee.

Allo stesso tempo, la questione della pesca è una delle più delicate: l’Ue vuole assicurarsi un accesso stabile alle acque britanniche, tema che ha generato forti frizioni nei negoziati post-Brexit. Secondo fonti europee riportate dal Telegraph, Bruxelles sta cercando di vincolare l’accordo commerciale con il Regno Unito alla concessione di diritti di pesca per un periodo di almeno due anni, una proposta che sta generando forte opposizione tra i pescatori britannici.

Lord Frost, che è stato il capo negoziatore durante la Brexit, ritiene che sia fondamentale che il Regno Unito non ceda poteri a Bruxelles. Fonti vicine alla Casa Bianca mettono inoltre in guardia Keir: “Deve scegliere tra l’Ue e gli Stati Uniti, e i dazi pendenti contro l’Ue non sono dazi che dovrebbe voler attrarre sul Regno Unito”, ha affermato una fonte vicina a Trump, secondo quanto scritto dal quotidiano inglese.

Difesa e sicurezza

Oltre al commercio, il vertice del reset metterà in discussione la cooperazione in materia di difesa tra Regno Unito e Ue. Londra vorrebbe accedere al nuovo fondo europeo da 150 miliardi di euro destinato alla spesa militare, ma probabilmente dovrà pagare per poter partecipare.

Questo elemento è visto da alcuni analisti come un passo verso una più ampia integrazione, mentre i sostenitori della Brexit temono che sia un modo per “invertire lentamente” l’uscita del Regno Unito dall’Europa. Per il governo britannico, però, partecipare ai programmi europei di difesa potrebbe essere strategicamente vantaggioso, soprattutto in un contesto globale instabile. Anche il presidente del Consiglio europeo António Costa e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen hanno sottolineato l’importanza di rafforzare la cooperazione su sicurezza e difesa.

Dal punto di vista europeo, infatti, coinvolgere il Regno Unito nei programmi di difesa è strategico per rafforzare la sicurezza collettiva. Tuttavia, Bruxelles vuole evitare che Londra abbia accesso ai fondi senza rispettare pienamente le regole comunitarie e contribuire adeguatamente al budget comunitario.

Il modello “Gcap”

In questa direzione, si muove il Global Combat Air Programme (Gcap), un progetto che vede la partnership di Regno Unito, Italia e Giappone e le rispettive maggiori industrie: Bae Systems (Regno Unito), Leonardo (Italia) e Mitsubishi Heavy Industries (Giappone). Lo scopo è collaborare a obiettivi militari e industriali comuni nella fornitura di una capacità aerea da combattimento di nuova generazione.

Il primo volo pilota è previsto nel 2027, dopodiché la produzione dovrebbe iniziare intorno al 2030 per permettere l’operatività completa di un prototipo del caccia di sesta generazione entro il 2035. Un impegno, questo, che dimostra la volontà di collaborare nella difesa comune, strizzando l’occhio al di fuori dei confini europei, ma che dimostra una spaccatura all’interno della stessa Unione.

Infatti, Francia, Germania e Spagna, dal canto loro, lavorano – seppur con più difficoltà – al concorrente italo-anglo-nipponico. Si chiama Scaf (Système de Combat Aérien du Futur) ed è il progetto, varato da Parigi per sostituire i caccia “Rafale”, la cui operatività è prevista tra il 2035/2040. Un progetto, però, ricco di insidie dovuto a tensioni tra i tre Paesi. Si discute su chi debba detenere la leadership, a chi spetti la proprietà intellettuale e la Francia minaccia continuamente l’uscita.

L’equilibrio tra ambizioni tecnologiche e sostenibilità politica del Gcap, invece, lo rendono già un progetto invidiato anche da Australia, Canada e Arabia Saudita. Una collaborazione tra le due alleanze renderebbe la difesa aerea europea più compatta e solida, ma pare non ci siano le basi al momento per configurarla.

Mobilità giovanile

Un altro tema chiave sarà la mobilità giovanile. Bruxelles vuole facilitare l’ingresso di giovani europei nel Regno Unito per lavorare e studiare. Meta preferita tra i giovani italiani in fuga dalle condizioni lavorative nel nostro Paese, Londra ha sempre accolto i “cervelli europei in fuga”, ma adesso potrebbe adottare un modello simile a quello in vigore con l’Australia, consentendo a migliaia di giovani europei di lavorare solo temporaneamente nel Paese.

Tuttavia, ripristinare un certo grado di libertà di movimento per i giovani europei è importante per rafforzare i legami culturali e professionali con il Regno Unito. Bruxelles dovrà garantire che i nuovi accordi offrano pari opportunità per i cittadini europei senza condizioni eccessivamente restrittive imposte da Londra.

Il rischio delle tensioni con gli Stati Uniti

Un aspetto che complica i negoziati tra Londra e Bruxelles è la reazione degli Stati Uniti. L’amministrazione Trump ha già manifestato ostilità verso le politiche europee sul clima e sul commercio, e un riavvicinamento troppo marcato tra il Regno Unito e l’Ue potrebbe scatenare misure di ritorsione economica da parte di Washington.

Un nodo critico riguarda le politiche di riduzione delle emissioni di carbonio: l’Ue applica tariffe sui prodotti importati da Paesi con standard meno rigidi, e Londra sta valutando se riallinearsi al mercato europeo del carbonio per evitare barriere aggiuntive sulle esportazioni.

Il vertice del reset è cruciale per il futuro economico e politico della Gran Bretagna. Keir Starmer spera di ottenere accordi che stimolino la crescita e semplifichino le relazioni commerciali, ma le sfide sono numerose: dalla necessità di trovare soluzioni economiche efficaci alla gestione delle tensioni con Washington e degli equilibri interni.

Se tutto procederà secondo i piani, il governo laburista potrebbe presentare risultati significativi dopo il summit e giocare una partita con Bruxelles che terminerebbe con un “Win-Win”: opportunità per tutti.

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