Robert Fico ha incontrato Vladimir Putin al Cremlino. Durante il colloquio, avvenuto domenica 22 dicembre, il presidente slovacco ha espresso la sua preoccupazione dopo che Zelensky ha annunciato che non rinnoverà il contratto di transito del gas russo, che scade il 31 dicembre.
Tra pochi giorni, dunque, la Slovacchia potrebbe trovarsi con gravi problemi di approvvigionamento dato la sua grande dipendenza dal gas russo che, ancora per poco, arriverà in Europa transitando da Kiev. A rimetterci è l’Unione europea, che rischia di perdere compattezza nelle decisioni collegiali.
Robert Fico si è espresso già più volte contro le decisioni di Bruxelles, ma questa volta il suo attacco assume toni più diretti e un bersaglio preciso: Volodymyr Zelensky.
Il capo di Stato dell’Ucraina, che giovedì ha partecipato al Consiglio Ue per chiedere ancora una volta maggiore sostegno militare contro l’esercito russo, ha chiarito che il contratto di transito tra Gazprom e l’Ucraina, da cui Kiev ha ricavato entrate costanti, non sarà rinnovato per il 2025: “Non permetteremo loro di guadagnare altri miliardi sul nostro sangue. E tutti i Paesi del mondo che possono ottenere qualcosa a basso costo dalla Russia finiranno per dipendere da Mosca, che sia nel giro di un mese o di un anno”, ha detto il presidente ucraino scatenando la reazione di Fico.
Il tutto mentre Putin assume la posa serafica di chi attende l’esito di una tensione scaturita da lui e riversata su altri.
Fico contro Zelensky
La Slovacchia non ha uno sbocco sul mare ed è fortemente dipendente dal gas russo, esportato dall’azienda pubblica Gazprom attraverso l’Ucraina. “Se c’è qualcuno che impedirà il transito del gas verso la Repubblica Slovacca, se c’è qualcuno che causerà un aumento dei prezzi del gas nel territorio europeo, se c’è qualcuno che causerà un enorme danno economico all’Unione europea, quello è il presidente Zelensky”, ha tuonato Fico al termine di un vertice dei leader europei a Bruxelles. “Ha il diritto di essere nervoso. Non vorrei essere nei suoi panni perché il suo Paese è in difficoltà”, ha aggiunto, ribadendo però che la Slovacchia non permetterà mai all’Ucraina di entrare nella Nato.
Il presidente slovacco ha sottolineato che il suo Paese è “ben preparato” ad affrontare il 2025 perché lo stoccaggio del gas è abbondante rispetto alla domanda interna. Tuttavia, Fico ha ripetutamente messo in guardia sull’aumento dei prezzi all’ingrosso dopo la cessazione del transito: “Se il flusso di gas verrà interrotto, ciò metterà sotto pressione il mercato internazionale e, nel complesso, causerà enormi perdite economiche per l’Unione europea, che si faranno sentire in una fase successiva. Perché mai dovremmo pagare un prezzo simile, perché stiamo aiutando l’Ucraina?”.
Dato che le centrali elettriche slovacche e la rete industriale nazionale utilizzano il gas russo come fonte primaria di energia, Bratislava deve percorrere almeno una di queste due strade: cercare rifornimenti alternativi o stipulare accordi con Mosca per aggirare lo stop deciso da Zelensky.
Possibili strategie
Gli analisti temono un aumento dei costi energetici e possibili interruzioni nelle forniture. Zelensky ha precisato che il divieto si applicherà a qualsiasi flusso di gas “proveniente dalla Russia” per evitare il rischio che venga venduto in Europa dopo essere passato, ad esempio, dall’Azerbaigian. Come riportato dal think tank Bruegel, la Slovacchia e altri Paesi dell’Europa centrale senza sbocco sul mare potrebbero ovviare al veto di Zelensky con una pratica molto comune in tempi di tensione commerciale: Baku acquisterebbe gas russo, che poi, dopo alcuni trattamenti, venderebbe all’Europa etichettandolo come gas “azero”. In pratica, il gas russo continuerebbe ad entrare in Europa via Kiev sotto mentite spoglie, generando incassi per Gazprom e (quindi) per il Cremlino.
Ne è ben consapevole Zelensky che avvisa gli alleati europei: “Non vogliamo accettare un giochino per cui questo altro Paese riceverebbe gas dalla Russia e poi lo farebbe transitare dall’Ucraina. Ciò equivarrebbe a continuare a trarre profitto dalla guerra e a inviare denaro a Mosca”, ha spiegato.
Il presidente ucraino ha aperto lo spiraglio ad una possibile deroga per prolungare l’accordo di transito: i Paesi europei comprano gas dalla Russia, ma si impegnano a non pagarlo fino alla fine della guerra. Un’ipotesi remota che dovrebbe trovare l’ok anche del Cremlino.
Tensione tra la Slovacchia e l’Ue
L’incontro tra Fico e Putin è stata anche l’occasione per ribadire la vicinanza del governo slovacco a quello russo, come già avvenuto in passato. Bratislava si conferma un grattacapo per Bruxelles, che già deve fare i conti con l’Ungheria di Orbán, anch’essa fortemente dipendente dal gas russo e politicamente vicina al Cremlino.
Le mosse di Fico e dell’omologo magiaro si assomigliano molto. Anche il presidente slovacco, infatti, non ha avvisato Bruxelles del suo viaggio in Russia, così come fatto da Viktor Orbán nella sua famigerata “missione di pace”. Nel bilaterale di domenica, anche Fico avrebbe discusso con Putin la possibilità di una fine della guerra in Ucraina, oltre a lavorare per un miglioramento delle relazioni fra la Russia e la Slovacchia, che intende “rendere stabili”.
Come Orbán, anche Fico imputa a Kiev il mancato raggiungimento di un’intesa per i colloqui di pace, e ha interrotto gli aiuti all’Ucraina dall’inizio del nuovo mandato da premier, un anno fa. Allo stesso tempo, ha accettato l’invito di Putin alle cerimonie di maggio a Mosca per gli 80 anni della vittoria sul nazismo.
Dal canto suo, Putin (ovviamente) ha ribadito la propria disponibilità a continuare a vendere gas alla Slovacchia, pur riconoscendo che, con lo stop all’accordo di transito, sarà “quasi impossibile” farlo.
Quella di Fico è stata solo la terza visita di un leader di un Paese Ue in Russia dopo l’invasione dell’Ucraina: prima c’erano state quelle del cancelliere austriaco Karl Nehammer nell’aprile 2022 e del primo ministro ungherese Orbán a luglio del 2024.
Il ruolo dell’Unione Europea
Per mitigare l’impatto della crisi, l’Ue ha adottato una serie di strategie che puntano a diversificare le fonti di energia e ridurre la dipendenza dal gas russo. Il piano REPowerEU, lanciato nel 2022, rimane uno degli strumenti principali per rafforzare la sicurezza energetica e accelerare la transizione verso fonti rinnovabili. Tra le misure adottate:
- L’aumento delle importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) da Paesi come Stati Uniti, Azerbaijan e Qatar;
- Investimenti in tecnologie innovative, come idrogeno verde e biometano;
- Iniziative legislative per promuovere l’efficienza energetica e il risparmio.
Tre mesi fa, al margine della pubblicazione della Relazione sullo stato dell’Unione dell’energia 2024, la Commissaria per l’energia europea Kadri Simson ha elogiato i risultati raggiunti dall’Ue che non è più “in balia dei gasdotti di Putin”.
Nel rapporto si legge che nei primi sei mesi del 2024, metà della generazione di elettricità dell’Ue proveniva da fonti rinnovabili. La quota di gas russo nelle importazioni è scesa dal 45% nel 2021 al 18% nel giugno 2024, mentre sono aumentate le importazioni da altri Paesi come Norvegia e Stati Uniti.
Tra agosto 2022 e maggio 2024 la domanda di gas è stata ridotta di 138 miliardi di metri cubi. In questo modo, l’Ue ha raggiunto il 19 agosto 2024 il suo obiettivo di stoccaggio invernale del gas del 90% ben prima della scadenza del primo novembre.
Ciò ha consentito di mantenere stabili i prezzi dell’energia che rimangono significativamente al di sotto dei livelli massimi della crisi energetica del 2022. Le emissioni di gas serra sono diminuite del 32,5% dal 1990 al 2022, mentre l’economia è cresciuta di circa il 67% nello stesso periodo, segno che un’economia forte e una produzione sostenibile possono andare di pari passo.
Sul fronte delle rinnovabili, l’energia eolica ha superato il gas, diventando la seconda fonte di elettricità degli Stati membri, dopo il nucleare, e nella prima metà del 2024 le energie rinnovabili hanno generato il 50% dell’elettricità dell’Ue. Nel 2022 il consumo di energia primaria ha ripreso la sua tendenza al ribasso, con un calo del 4,1%. L’obbligo di stoccaggio al 90% entro l’inverno 2022 è stato rispettato dalla maggior parte dei Paesi membri, anche grazie a significativi investimenti nelle infrastrutture.
Nonostante gli sforzi europei, la diversificazione delle fonti energetiche non può essere realizzata in tempi brevi. La sospensione del contratto di transito ucraino e le sanzioni contro Gazprom si inserisce in un quadro già instabile, con alcuni Stati membri, tra cui Slovacchia e Ungheria, in disaccordo con la strategia comunitaria.
Rimangono delle incertezze sulle capacità a lungo termine, in particolare per quanto riguarda l’implementazione delle direttive sui consumi delle rinnovabili.
All’alba del nuovo anno, l’energia torna ad essere la grande arma a favore di Putin, la Spada di Damocle su un’Europa che non può più permettersi divisioni.