Auto elettriche, Northvolt crolla e trascina con sé i sogni green di Bruxelles

Il fallimento della gigafactory svedese espone le aziende e le istituzioni europee. La Commissione aveva finanziato la start up con 300 milioni di euro
16 ore fa
3 minuti di lettura
Northvolt Sito Ufficiale

Northvolt cade nel baratro e trascina ancora più giù il settore europeo delle auto elettriche. Il fallimento dell’azienda svedese, che doveva essere il fiore all’occhiello della produzione europea di batterie elettriche, colpisce direttamente Volkswagen e la Commissione Ue, che hanno investito nella gigafactory.

La casa automobilistica tedesca, maggiore azionista dell’azienda, è stata costretta a svalutare la sua partecipazione in un periodo già molto critico, come confermano la chiusura di tre stabilimenti in Europa. Nelle ultime ore, Volkswagen ha confermato anche la chiusura di un quarto stabilimento, in Cina.

Ma il crollo della startup svedese non riguarda solo le aziende. La Commissione europea ha investito quasi 300 milioni di euro in Northvolt con l’intento di aumentare l’autosufficienza dei Ventisette nella produzione di batterie elettriche. Un obiettivo che assomiglia sempre più a un sogno.

Il fallimento di Northvolt e l’esposizione dell’Ue

Attraverso il Fondo europeo per gli investimenti strategici, che fa riferimento alla Bei, Bruxelles aveva elargito alla società svedese un prestito da 298 milioni di euro.

Insistendo sull’Agenda 2030, il finanziamento faceva parte del piano che avrebbe dovuto portare l’Europa a produrre 790 GWh di batterie entro il 2030, quantità sufficiente per l’assemblaggio di 15 milioni di veicoli elettrici e per garantire l’autonomia dell’Unione all’estero. Il settore è ancora cruciale per la transizione energetica, ma in Ue la vendita di auto elettriche si è arenata. Le conseguenze sul settore sono state devastanti e secondo Luca de Meo, Ceo di Renault e presidente di Acea, potranno essere ancora più gravi nel 2025, quando dovrebbero entrare in vigore i nuovi limiti europei di emissione.

Finora le multe sarebbero scattate sopra la soglia media di 116 gr/km di CO2 (95 se con la vecchia omologazione NEDC), ma quasi tutte le aziende sono riuscite ad evitarle un tra la vendita di auto elettriche e ibride plug-in e l’acquisto di crediti di carbonio.

Dal 2025, però, il limite scende del 19% a 94 gr/km, una soglia per cui, con i numeri attuali, non c’è compensazione che tenga. Per rispettare le norme, i costruttori dovrebbero ridurre la loro produzione di “oltre 2,5 milioni di veicoli” ha spiegato de Meo. Secondo il presidente di Acea, “l’industria Ue rischia multe per 15 miliardi di euro” senza una revisione delle norme chiesta a gran voce dall’Italia e da altri Paesi membri.

Per ora il piano dell’Ue prosegue con la costruzione di diverse “gigafactory”, come quella che Stellantis dovrebbe avviare a Saragozza, in Spagna. Nonostante la crisi delle industrie e i cupi scenari all’orizzonte, l’avanzamento dei progetti sarebbe in linea con le previsioni di Bruxelles. Attualmente l’Ue ha in cantiere 30 progetti con una capacità prevista di 167 GWh. Il crollo di Northvolt, però, rischia di pesare come una zavorra sui piani europei già messi a repentaglio dalla crisi del mercato interno e dalla concorrenza di Pechino. Per alcuni analisti, la scelta di apporre dei dazi sulle auto elettriche cinesi (fino al 45,3% sommando il 10% di dazio standard) rischia di essere un clamoroso autogol per Bruxelles, per la sua economia, e per i suoi obiettivi di transizione ecologica.

Northvolt, breve storia di un sogno fallito

La storia di Northvolt inizia nel 2015, quando due ex dirigenti di Tesla, Peter Carlsson e Paolo Cerruti decidono di fondare Northvolt e farla diventare la gigafactory più importante dell’Ue. L’altro obiettivo era in comune con Bruxelles: rendere l’Unione europea il punto di riferimento della produzione di batterie verdi.

La partenza è decisamente incoraggiante: l’azienda svedese raccoglie oltre 13 miliardi di dollari da giganti come Volkswagen, Goldman Sachs e Bmw. Northvolt convince Bruxelles e anche la Commissione europea decide di finanziare la società con 300 milioni di euro.

Fino a un anno fa Northvolt era tra le principali start up europee, con una valutazione di circa 12 miliardi di dollari nel 2022. Nel 2023 la società aveva tentato la strada, poi abbandonata, di quotarsi in borsa. Secondo indiscrezioni, l’azienda avrebbe voluto raccogliere 20 miliardi di dollari con la Ipo (Initial public offering). Poi il crollo, iniziato già l’anno scorso quando l’azienda svedese ha registrato una perdita di 1,2 miliardi di euro principalmente per il calo dei prezzi imposto dai produttori asiatici di veicoli elettrici.

A giugno 2024 Bmw cancella un ordine da 2 miliardi di euro per ritardi e problemi tecnici. Il tutto mentre la domanda di veicoli elettrici rallenta in tutto il mondo e soprattutto in Europa. Il taglio del 20% del personale è solo un’avvisaglia: con 30 milioni di dollari in cassa (sufficienti per sopravvivere una sola settimana), il 21 novembre scorso Northvolt presenta una richiesta di Chapter 11, la legge statunitense sulle ristrutturazioni aziendali. Secondo Bloomberg, la società ha debiti per 5,84 miliardi di euro. L’indomani, il 22 novembre, il Ceo Peter Carlsson si dimette e avverte: “L’Unione Europea rischia di rimanere indietro sui progetti verdi se non riusciamo a risolvere questa crisi“.

Il rischio è che l’Ue, più che indietro, finisca ai margini della produzione di batterie elettriche. E che il sogno diventi un incubo portando i conti delle istituzioni e delle aziende europee a un punto di non ritorno.