Perché l’incontro tra Trump e Putin a Budapest è un problema per l’Unione europea

Il presidente Usa ha annunciato un nuovo incontro con il suo omologo russo, dopo quello di Ferragosto in Alaska, ma stavolta proprio nel territorio dell’Unione
14 ore fa
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Vladimir Putin e Donald Trump (Ipa/Fotogramma)

Trump e Putin insieme a Budapest, accolti con tutti gli onori dal premier ungherese Viktor Orbán, a parlare di Ucraina. Per Bruxelles ha i contorni di un incubo quello che sta prendendo forma in queste ore, dopo che il presidente Usa ha annunciato un nuovo incontro con il suo omologo russo – il primo è stato quello di Ferragosto in Alaska -, stavolta proprio nel territorio dell’Unione. Un vertice di cui ancora non si conosce la data e che non è scontato che si farà, ma che anche già come prospettiva evidenzia la posizione problematica in cui si trova il blocco europeo.

I due leader hanno deciso di rivedersi di persona durante un colloquio telefonico giovedì scorso, occasione nella quale tra l’altro Putin ha chiesto il pieno controllo del Donbass, compreso il Donetsk, come condizione per una tregua: una richiesta irricevibile per Kiev.

Ma perché il vertice ungherese sarebbe così imbarazzante per l’Unione europea?

Un’Unione europea marginalizzata

Innanzitutto, l’incontro a Budapest evidenzia la posizione di secondo piano che gioca, si fa per dire, l’Unione europea nell’intera questione ucraina, che pure la vede direttamente interessata. Trump e Putin hanno entrambi il proprio tornaconto per metterla da parte nelle discussioni, e così in effetti stanno facendo. Ed è emblematico che i due leader stavolta abbiano annunciato l’intenzione di incontrarsi proprio a Budapest, Paese dell’Ue e, per inciso, anche della Nato.

L’Ungheria è all’interno del blocco una sorta di ‘enfant terribile’: il governo usa costantemente il potere di veto per bloccare decisioni che riguardano la Russia (come la fine totale degli acquisti di gas da Mosca) e la guerra in Ucraina (sanzioni, sostegno economico). Di conseguenza è il Paese è ormai sempre più emarginato ed auto-emarginato, oltre a essere un osservato speciale a causa del deterioramento dello stato di diritto. Budapest è insomma una spina nel fianco per Bruxelles.

Balazs Orbán, direttore politico del premier ungherese (nessuna parentela), ha detto che “c’è il rischio reale che i leader europei non siano nemmeno invitati al tavolo dei negoziati“.

L’Unione ha cercato di ‘metterci una pezza’ dando un proprio endorsement al vertice. “Anche se gli incontri non avvengono sempre nel modo, nel formato e nell’ordine che vorremmo, siamo pronti ad accoglierli se sono utili per la pace”, ha affermato il portavoce della Commissione Olof Gill.

Ma la realtà è anche se l’Ue non fosse “pronta ad accoglierlo”, non avrebbe nessun peso per poter evitare l’incontro o dirigerlo in qualche modo. Il quadro in sostanza è quello per cui Bruxelles rischia di doversi adeguare a quanto verrà deciso da altri, con l’aggravante di doversi accollare in futuro il costo della difesa del proprio fianco est e dell’assetto che emergerà dalla fine del conflitto.

Budapest ha anche un valore simbolico: qui nel 1994 Kiev ha accettato di rinunciare alle sue armi nucleari sovietiche in cambio di assicurazioni sulla sua integrità territoriale da parte di Russia, Usa e Regno Unito. Assicurazioni che evidentemente non sono servite a molto.

Incontro Trump-Putin a Budapest: un’umiliazione per l’Ue

Il vertice è imbarazzante per l’Unione anche perché renderebbe palese come Orbán giochi sempre più in maniera slegata dal blocco (ricordiamo il suo personale tour dell’estate 2024 a Mosca e Pechino, quando l’Ue dovette affrettarsi a precisare che non agiva e parlava in suo nome) e di fatto aprirebbe (o allargherebbe) una frattura nel mezzo dell’Europa.

Il premier ungherese è ‘amico’ di Trump e pedina del piano Maga (Make America Great Again) di estendersi al Vecchio Continente (la sede dell’incontro sarebbe stata proposta da Trump, secondo Mosca) ed è filorusso. Inoltre, il fatto che Orbán funga da ‘megafono’ per le idee trumpiane attizza il fuoco dell’estremismo e del sovranismo nel Vecchio Continente. Lo slogan del semestre ungherese alla presidenza del Consiglio (da luglio a dicembre del 2024), d’altronde, era un inequivocabile ‘Make Europe Great Again’.

Venendo poi ad aspetti più spiccioli ma non marginali, su Putin pende un mandato della Corte Penale internazionale per crimini di guerra, che tuttavia Budapest non è obbligata ad eseguire perché mesi fa ha deciso di uscire direttamente dalla Cpi. Quanto invece alle sanzioni dell’Unione, la portavoce della Commissione Europea Anitta Hipper ha precisato che queste “riguardano i loro beni e non vietano al ministro degli Esteri Sergej Lavrov e a Vladimir Putin i viaggi o la libertà di movimento nello spazio europeo”.

Una differenza che in questo caso evita l’ulteriore imbarazzo di ritrovarsi con un Paese membro che viola le sanzioni, che peraltro il premier ungherese ha costantemente osteggiato. Rimangono però restrizioni sui voli controllati o noleggiati dalla Federazione o registrati in Russia, per le quali sarebbe difficile per Putin imbarcarsi su un volo russo verso la capitale magiara. Ma ci si aspetta che Orbán deroghi alle regole.

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Da sinistra, Vladimir Putin e Donald Trump al vertice di Ferragosto in Alaska (Ipa/Fotogramma)

Zelenskyy: “Pronto ad andare”

Non è chiaro se Zelenskyy sarà invitato per un vertice a tre. “Budapest non è la sede migliore per l’incontro”, ha dichiarato ai giornalisti, ma “se vengo invitato, allora, in un formato o nell’altro, sono pronto ad andare e ci troveremo d’accordo”. “Se può portare alla pace, allora non importa in quale Paese si svolgerà l’incontro”, ha aggiunto su X.

Zelenskyy è reduce da un secondo incontro alla Casa Bianca con Trump, tenutosi venerdì scorso, da dove sarebbe tornato scontento per non aver ottenuto la sperata promessa di avere dagli Usa i missili Tomahawk a lungo raggio con i quali potrebbe colpire la Russia in profondità.

Ma il premier ucraino, che giovedì prossimo dovrebbe partecipare a un incontro di alto livello in occasione del Consiglio europeo, ha anche evidenziato una lettura positiva della decisione di Trump e Putin di rivedersi: “Possiamo già vedere che Mosca si sta affrettando a riprendere il dialogo non appena ha sentito dei Tomahawk”.

Giovedì sarà anche l’occasione per lui per cercare un maggiore supporto da parte europea. I Ventisette dovranno discutere se usare gli asset russi congelati per fornire a Kiev un prestito di riparazione. Ma quello che serve all’Ucraina, attualmente, continuano a essere le armi, che solo Washington può darle.

Intanto Orbán oggi ha fatto sapere che salterà il vertice di giovedì, dove sarà lo slovacco Robert Fico, suo alleato, a rappresentarlo.

Marco Rubio a Mosca a preparare l’incontro

L’incontro è ancora da definire. Nei prossimi giorni il segretario di Stato Usa Marco Rubio sarà a Mosca per prepararlo, e sarà l’esito di questa missione a definire se si farà. Certo è che per Putin è un’altra occasione per guadagnare un palco internazionale, per giunta probabilmente con tutti gli onori, e difficilmente se la farà scappare. D’altro canto, tuttavia, dovrà stare attento a non far perdere definitivamente la pazienza a Trump, che aveva promesso di chiudere la guerra in Ucraina in 24 ore e che ancora non riesce a sbrogliare la matassa, cosa che come ripete lui stesso “non lo rende contento”.

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